STIMATA L’ETÀ DELLA SUPERFICIE DELL’ASTEROIDE: 8,9 MILIONI DI ANNI

Ryugu e il suo cratere artificiale fatto di sabbia

Il team alla guida della sonda giapponese Hayabusa2 ha portato alla luce nuovi dettagli – pubblicati oggi su Science – sull’asteroide, in orbita tra la Terra e Marte, tramite l’osservazione del cratere artificiale creato da un proiettile sparato dalla sonda. Questo cratere è nato in un regime dominato dalla gravità, particolare che ci dice molto sul materiale che si trova sulla superficie di Ryugu: qualcosa di simile alla sabbia

     19/03/2020

L’ombra della sonda Hayabusa2 si staglia sulla superficie dell´asteroide Ryugu

Castelli di sabbia su Ryugu? Perché no, se potessimo passare qualche giorno di vacanza sull’asteroide in orbita tra la Terra e Marte. A quanto pare, il materiale superficiale che ricopre l’oggetto ha una consistenza “sabbiosa”. Lo ha scoperto il gruppo di ricercatori che lavora con la sonda Hayabusa2 (in giapponese, falco pellegrino) della Japan Aerospace Exploration Agency (Jaxa), che sta affrontando il suo viaggio di ritorno verso la Terra – arrivo previsto dicembre 2020 – per portare indietro i campioni raccolti durante la missione. Gli scienziati del team continuano alacremente l’analisi dei dati inviati in questi ultimi mesi. Proprio oggi, infatti, è stato pubblicato sulla rivista Science un articolo in cui vengono riportate informazioni nuove sull’età (quasi 9 milioni di anni) e sulla composizione superficiale dell’asteroide 162173 Ryugu, grazie allo studio del cratere artificiale creato lo scorso aprile dall’impatto di un proiettile di rame di 2 chili (lo Small Carry-on Impactor) lanciato dalla sonda.

Lo studio di questo asteroide, tramite appunto l’osservazione del cratere artificiale di 10 metri di diametro, sarà utile in futuro per determinare caratteristiche ed età di altri oggetti simili a Ryugu.

La particolarità di questo cratere è che si è formato in un regime dominato dalla gravità, come spiegano in termini tecnici gli esperti, e questo dato ci dice molto sul materiale che si trova in superficie. Cosa vuole dire? Lo abbiamo domandato, tra le altre cose, a una delle autrici dell’articolo, l’italiana Stefania Soldini, ingegnere già per la Jaxa ora in forza all’Università di Liverpool. Soldini è esperta di astrodinamica e meccanica celeste ed è responsabile del disegno delle traiettorie e della dinamica attorno ai corpi piccoli come Ryugu per l’Hayabusa2 Joint Science Team. A lei abbiamo chiesto chiarimenti sul paper di Masahiko Arakawa (Università di Kobe) e colleghi.

Stefania Soldini, ricercatrice italiana che lavora per la missione Hayabusa2

Cosa avete scoperto sulla superficie dell’asteroide Ryugu?

«Secondo il nostro studio sull’analisi del cratere artificiale abbiamo scoperto che le forze di coesione tra i boulders (rocce) su Ryugu sono inferiori a quelle previste dagli studi precedenti. Queste osservazioni, cioè il fatto che il cratere abbia una forma asimmetrica semicircolare dal diametro di circa 10 metri e che il materiale espulso dal cratere si sia accumulato sul suo bordo, ci hanno fatto dedurre che solo un materiale con proprietà simile alla “sabbia” possa avere una forza di coesione ridotta a profondità superficiale inferiori ai 10 metri. Abbiamo concluso quindi che il cratere artificiale si sia formato su una superficie senza coesione e che di conseguenza la superficie di Ryugu sia composta da un materiale privo di coesione, appunto tipo sabbia».

Cosa vuol dire che la crescita del cratere si è formato in un regime dominato dalla forza di gravità?

«La crescita del cratere viene solitamente arrestata dalla forza di coesione superficiale o dalla forza di attrito sotto la superficie, che è generata dalla pressione di sovraccarico causata dalla gravità della superficie. Il cratere cresce mediante lo scavo della superficie quando lo stress da impatto, che si propaga attraverso la superficie, supera la forza di coesione o la forza di attrito della superficie. Il materiale espulso dal cratere e osservato nelle immagini sembra essere caduto sul bordo del cratere seguendo una traiettoria balistica. Di solito è previsto un distacco dell’intero materiale dalla superficie durante la formazione del cratere nel regime dominato dalla forza (di coesione superficiale, ndr). Questo fatto non accade nel regime dominato dalla gravità. E siccome, appunto, non è stato osservato alcun distacco del materiale espulso durante la formazione del cratere artificiale, si può concludere che il cratere si sia formato nel regime dominato dalla gravità».

Siete riusciti a stimare anche l’età di questo antico oggetto.

«I nostri risultati influenzano l’interpretazione della cronologia della superficie di Ryugu. Sulla base dei modelli di frequenza di collisione per la fascia principale degli asteroidi abbiamo stimato che l’età della superficie è di 158 milioni di anni per terreni asciutti con coesione e 8,9 milioni di anni per superficie senza coesione. Siccome abbiamo dimostrato che il materiale superficiale di Ryugu è privo di coesione, in quanto il cratere si è formato nel regime di gravità, possiamo affermare che l’età della superficie di Ryugu è di 8,9 milioni di anni».

Il futuro della missione?

«Hayabusa2 ritornerà vicino alla Terra per consegnare la preziosa capsula del campione alla fine del 2020. Si stima che la sonda abbia ancora 30 chili di carburante, che può essere utilizzato per estendere la missione e per continuare la sua esplorazione del nostro Sistema solare. Un potenziale candidato è l’asteroide 2001 WR1 per un sorvolo il 27 giugno 2023. Un’altra opzione è un sorvolo di Venere nel 2024, per organizzare un incontro con un asteroide nel 2029. Questo consentirebbe ad Hayabusa2 di condurre osservazioni a infrarossi del pianeta Venere con telecamere simili a quelli della passata missione giapponese Akatsuki per il confronto dei risultati».

E il futuro dell’esplorazione giapponese dello spazio?

«L’agenzia Jaxa in collaborazione con il Centre national d’études spatiales (Cnes) sta già programmando la sua prossima missione per il campionamento di Phobos, luna di Marte, con una nuova missione da record che prende il nome di Martian Moons eXploration,  MMX.

Per saperne di più:

Guarda il video dell’impatto (crediti: Jaxa, Kobe University, Chiba Institute of Technology, Kochi University, University of
Occupational and Environmental Health):