
L’esperienza di C’è spazio per tutti era stata particolarmente complicata per Ortolani, come ha raccontato durante l’incontro che ha concluso la serie di conferenze collaterali alla mostra Walking on the Moon presso l’Università Bicocca di Milano. Non solo la raccolta di informazioni, ma soprattutto l’impegno nel gestirle e metterle su carta ha fortemente influenzato la sua vita personale, tenendolo paradossalmente – trattandosi di un’attività svolta perlopiù fra le mura domestiche – lontano dalla famiglia. E parte di questa esperienza personale, che lo aveva spinto all’inizio a rifiutare la nuova collaborazione, sembra essere confluita all’interno della storia personale di Fortunato, l’astronauta coprotagonista insieme a Rat-Man del volume, le cui fattezze sono prese in prestito da Luca Parmitano.
Fortunato, infatti, che ha da poco scoperto di essere stato escluso dalla missione che avrebbe dovuto riportare l’uomo sulla Luna, è ossessionato dalla sua missione spaziale. E questa ossessione lo tiene lontano dalla figlia e, in parte, anche dal vero senso dell’esplorazione spaziale. In qualche modo è proprio questa ricerca che attraversa l’intero volume di Ortolani, sia negli inserti storico-scientifici, che narrano della corsa allo spazio tra Stati Uniti d’America e Unione Sovietica, sia nel ritorno sulla Luna di Fortunato e Mr. Musk.
Quest’ultimo è il personaggio interpretato da Rat-Man, che da parodia di supereroe diventa, in un certo senso, attore in quello che può essere considerato il secondo blockbuster spaziale di Ortolani. La presenza del personaggio con la maschera da topo dà al tempo stesso continuità narrativa con C’è spazio per tutti, anche grazie a un riferimento esplicito a quel primo volume, ma anche rottura con quel lavoro, visto che in questa occasione Rat-Man veste i panni di un ricco magnate impegnato a tornare sulla Luna, così come il suo epigono nella vita reale, Elon Musk, è impegnato a portare l’uomo su Marte. Ovviamente il ruolo che interpreta non snatura il personaggio, ingenuo, ma anche idiota, e soprattutto mai domo, sempre pronto a intraprendere nuove sfide.
Luna 2069, dunque, viaggia sul filo della parodia: quella nei confronti di Musk, quella nei confronti della società moderna, così concentrata su se stessa e sulle interazioni social, piuttosto che sociali, ma anche quella nei confronti della scienza, che viene comunque vista con rispetto, ma sempre scherzandoci su. D’altra parte Ortolani conta, nel suo passato, anche serie come Le meraviglie della natura e Le meraviglie della tecnica, dove ha spesso dato la sua visione ironica e divertente degli argomenti scientifici, mescolandoli anche con la satira politica, presente, sebbene un po’ sottotraccia, anche in questo Luna 2069. D’altra parte in un paio di scene ci sono espliciti riferimenti all’attuale situazione difficile della ricerca nel reperimento dei fondi, mentre lo stesso senso di fallimento di Fortunato, vittima di una folle meritocrazia politicizzata, è specchio della situazione di molti precari che gravitano e hanno gravitato intorno alle istituzioni di ricerca italiane.

Non è l’unica chicca presente nel volume (altre, più scientifiche, le potrete scoprire su Edu Inaf), ma dà indubbiamente la misura di quanto Ortolani non abbia risparmiato, neanche in questa occasione, il suo spirito critico nei confronti dell’atteggiamento superficiale che molti adottano per approcciarsi al mondo, in particolare quello dell’informazione.
In conclusione, per ricchezza di spunti e intensità narrativa, Luna 2069 è indubbiamente uno dei lavori migliori di Ortolani, confermando per l’ennesima volta come sia ancora uno dei punti di riferimento più alti nel panorama fumettistico italiano.
Guarda su MediaInaf Tv l’intervista a Leo Ortolani:







