CONFERMA L’IPOTESI DI UN “DISCO SPESSO“ VECCHIO

L’età della Via Lattea svelata dall’asterosismologia

Dieci miliardi di anni. Questa l’età media delle stelle contenute nel disco spesso della nostra galassia. Il risultato, pubblicato su Mnras, è stato ottenuto utilizzando i dati del telescopio spaziale Kepler della Nasa. Fra gli autori c’è anche una ricercatrice dell’Inaf di Padova, Valentina D'Orazi

     09/12/2019

Illustarzione artistica che mostra il disco spesso (thick disk) e il disco sottile ( thin disk) della nostra galassia, la Via Lattea. Crediti immagine: NASA/JPL Caltech/R.Hurt/SSC

Fosse il tema di un libro divulgativo, il titolo potrebbe essere qualcosa come Con l’asterosismologia si può.  Il motivo è semplice: da quando si è iniziato a utilizzarla, la mole di informazioni che questa tecnica ha permesso di ottenere è davvero corposa. L’asterosismologia – un potente strumento che studia le oscillazioni stellari – non solo ha permesso agli scienziati di determinare con accuratezza massa e raggio di numerose stelle, ma ha anche consentito di calcolarne indirettamente le proprietà rotazionali e l’età.

E a proposito di età delle stelle: la nostra galassia, la Via Lattea, come molte altre galassie a spirale, è costituita da due strutture a forma di disco (vedi immagine di apertura) contenenti ciascuna stelle di età diversa. Stelle perlopiù giovani, contenute nel cosiddetto “disco sottile”, o thin disk, e stelle  più vecchie – il 20 per cento delle stelle totali della Via Lattea – contenute invece all’interno del “disco spesso”, o thick disc. Stelle, queste ultime, la cui età esatta astronomi e astrofisici hanno a lungo cercato di stimare, trovando, tuttavia, valori sempre discordanti rispetto a quelli ottenuti con i modelli matematici previsionali.

Anche in questo caso l’asterosimologia è venuta in aiuto degli scienziati. Una risposta alla domanda sull’età delle stelle del disco spesso arriva, infatti, da uno studio condotto da un team di ricercatori guidati dall’Arc Centre of Excellence for All Sky Astrophysics in Three Dimensions (Astro-3D). Studio nel quale, utilizzando i dati asterosismologici ottenuti durante la missione K2 dal telescopio spaziale Kepler della Nasa, e nuove analisi spettroscopiche sulla metallicità della popolazione stellare ottenute dalla survey Galah (Galactic Archeology with Hermes), questo valore è risulato essere pari a circa 10 miliardi di anni: sarebbe questa l’età di formazione del disco spesso. Un risultato, dicono gli autori, questa volta in accordo con i modelli previsionali.

«Ciò chiarisce finalmente un mistero. I dati precedenti sulla distribuzione dell’età delle stelle nel disco», dice il primo autore dello studio, Sanjib Sharma, «non erano in accordo con i modelli costruiti per descriverlo, ma nessuno sapeva dove si trovasse l’errore – se nei dati o nei modelli. Ora siamo abbastanza sicuri di avere la risposta».

E la risposta è arrivata, appunto, grazie all’asterosismologia. «Le oscillazioni stellari generano onde sonore all’interno delle stelle che le fanno risuonare o vibrare», spiega Dennis Stello, co-autore dello studio. «Le frequenze prodotte ci offrono informazioni sulle proprietà interne delle stelle, compresa la loro età. È un po’ come riuscire a capire che un violino è uno Stradivari ascoltando il suono che produce».

Una datazione che consente ai ricercatori di guardare indietro nel tempo e risalire all’epoca in cui si è formata la Via Lattea – una vera e propria indagine di archeologia galattica.

Ma cosa si è arrivati a ottenere il valore di 10 miliardi di anni? «In questo studio abbiamo utilizzato i dati della missione successiva a Kepler, ossia K2, e in particolare quelli del programma K2Gap (K2 Galactic Arcahelogy Program)», spiega a Media Inaf Valentina D’Orazi, ricercatrice all’Inaf  di Padova, fra i coautori dell’articolo pubblicato sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. «Inoltre, abbiamo deciso di investigare la possibilità di inaccuratezze nella metallicità delle stelle, ossia nella loro composizione chimica, già nota in letteratura, quale causa del disaccordo tra distribuzioni di massa osservata e predetta. A tale scopo abbiamo potuto sfruttare un campione molto grande di metallicità spettroscopiche ricavate nel contesto della survey australiana Galah: queste nuove metallicità hanno consentito di ricavare un buon accordo tra i dati asterosismologici e le predizioni dei modelli teorici. La revisione della metallicità delle stelle del disco spesso, implementata poi in un approccio di forward modelling, ha permesso di ricavare un’età di circa 9.2-10 miliardi di anni».

«Tale risultato», continua la ricercatrice, «conferma l’idea di un disco spesso vecchio, che si è formato nella fase iniziale di vita della nostra galassia, in accordo con metodologie indipendenti. Il nostro lavoro evidenzia l’enorme importanza di avere a disposizione survey spettroscopiche con un grande numero di stelle: la survey Galah studia un milione di stelle e ne deriva l’abbondanza di circa 30 elementi, e progetti futuri come Weave (nell’emisfero nord) o 4Most consentiranno di allargare ulteriormente i campioni di stelle da studiare».

«Questi risultati forniscono una verifica indiretta del potere analitico dell’asterosismologia per stimare le età delle stelle», aggiunge Dennis Stello. «Ulteriori dati della missione K2 ancora da analizzare, combinati con le nuove informazioni raccolte dal Transiting Exoplanet Survey Satellite (Tess) della Nasa, daranno luogo a stime accurate per l’età di ancora più stelle del disco, e questo ci aiuterà a svelare la storia della formazione della Via Lattea».

Per saperne di più:

  • Leggi su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society l’articolo “The K2-HERMES Survey: age and metallicity of the thick disc”, di Sanjib Sharma, Dennis Stello, Joss Bland-Hawthorn, Michael R Hayden, Joel C Zinn, Thomas Kallinger, Marc Hon, Martin Asplund, Sven Buder, Gayandhi M De Silva, Valentina D’Orazi, Ken Freeman, Janez Kos, Geraint F Lewis, Jane Lin, Karin Lind, Sarah Martell, Jeffrey D Simpson, Rob A Wittenmyer, Daniel B Zucker, Tomaz Zwitter, Timothy R Bedding, Boquan Chen, Klemen Cotar, James Esdaile, Jonathan Horner, Daniel Huber, Prajwal R Kafle, Shourya Khanna, Tanda Li, Yuan-Sen Ting, David M Nataf, Thomas Nordlander, Mohd Hafiz Mohd Saadon, Gregor Traven, Duncan Wright e Rosemary F G Wyse