NON È SOLO UNA QUESTIONE DI GRAVITÀ

Dai “gatti di polvere” ai pianeti

Gli scienziati della Rutgers University potrebbero aver capito il modo in cui le particelle di polvere si uniscono per portare alla formazione dei pianeti. La chiave del processo di aggregazione sembrerebbe essere la polarizzazione elettrica, e lo studio potrebbe avere importanti ricadute nei processi industriali. Tutti i dettagli su Nature Physics

     10/12/2019

Particelle di vetro che si scontrano in condizioni di microgravità. Crediti: Gerhard Wurm, Tobias Steinpilz, Jens Teiser and Felix Jungmann.

Secondo uno studio della Rutgers University, gli scienziati potrebbero aver capito in che modo le particelle di polvere si uniscono per formare i pianeti. Inoltre, un’importante ricaduta tecnologica di tale studio è quella di consentire il miglioramento di alcuni processi industriali.

Nelle nostre case, l’adesione al contatto può fare in modo che particelle molto sottili formino i cosiddetti “gatti di polvere” – agglomerati che rotolano sui pavimenti al minimo soffio d’aria. In modo analogo, nello spazio esterno questo processo fisico – l’adesione, appunto – fa aderire tra loro le particelle di polvere. Tuttavia, le particelle di grandi dimensioni possono aggregarsi a causa della gravità, un processo essenziale nella formazione di asteroidi e pianeti. Ma tra questi due estremi – l’adesione e la gravità – il modo in cui crescono gli aggregati nello spazio è rimasto un mistero, almeno fino ad ora.

Lo studio in oggetto, pubblicato sulla rivista Nature Physics, ha scoperto che le particelle in condizioni di microgravità – simili alle condizioni che si ritiene esistano nello spazio interplanetario – sviluppano spontaneamente forti cariche elettriche e si uniscono, formando grandi aggregati. Sorprendentemente, sebbene le cariche simili si respingano, si formano comunque aggregati simili, apparentemente perché le cariche sono così forti che si polarizzano a vicenda e quindi si comportano come magneti.

Processi analoghi sembrano essere al lavoro anche sulla Terra, dove i reattori a letto fluidizzato producono di tutto, dalla plastica ai prodotti farmaceutici. Durante questo processo, l’aria che soffia spinge verso l’alto le particelle fini e quando le particelle si aggregano a causa dell’elettricità statica, possono attaccarsi alle pareti dei vasi del reattore, causando arresti e scarsa qualità del prodotto.

«Potremmo aver superato un ostacolo fondamentale nella comprensione della formazione dei pianeti», dice il coautore dello studio Troy Shinbrot, professore del Dipartimento di ingegneria biomedica presso la School of Engineering della Rutgers University-New Brunswick. «Inoltre, sono stati identificati meccanismi per la generazione di aggregati nei processi industriali che, ci auguriamo, possano essere controllati in lavori futuri. Entrambi i risultati dipendono dalla nuova comprensione che la polarizzazione elettrica gioca un ruolo fondamentale nell’aggregazione».

Lo studio, condotto da ricercatori dell’università di Duisburg-Essen in Germania, apre nuove strade per controllare l’aggregazione di particelle fini nei processi industriali. Secondo Shinbrot, sembra che l’introduzione di additivi che conducono l’elettricità possa avere più successo per i processi industriali rispetto ai tradizionali approcci di controllo elettrostatico. I ricercatori vogliono studiare gli effetti delle proprietà dei materiali sull’adesione e l’aggregazione, e sviluppare nuovi approcci per generare e immagazzinare elettricità.

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