CON UN COMMENTO DI MONIA NEGUSINI, GEODETA DELL’INAF

L’importanza dei radiotelescopi nella geodesia

Una nuova ricerca ha dimostrato che la rete globale di radiotelescopi attualmente esistente potrebbe essere l’anello mancante per integrare le misurazioni satellitari, in grado di catturare il movimento della superficie terrestre in diversi continenti, così da offrire una visione su scala globale e una nuova comprensione dei processi coinvolti. I dettagli su Geophysical Research Letters

     25/11/2019

Parte della Terra vista dallo spazio. Crediti: Curtin University

Una nuova ricerca, pubblicata su Geophysical Research Letters, ha dimostrato che le immagini satellitari, in grado di catturare il movimento della superficie terrestre in diversi continenti a seguito di forze geologiche e antropiche, possono essere integrate usando i radiotelescopi, per offrire una visione su scala globale e una nuova comprensione dei processi coinvolti.

Amy Parker, la ricercatrice alla guida dello studio, della School of Earth and Planetary Sciences di Curtin, ha affermato che la rete globale di radiotelescopi si è rivelata essere fondamentale per integrare le misurazioni satellitari dei movimenti del suolo su scala globale. «L’altezza della superficie terrestre viene costantemente modificata da forze geologiche come i terremoti e dagli effetti delle attività umane, come quelle minerarie o di estrazione di acque sotterranee», ha affermato Parker.

«Un numero crescente di scienziati sta misurando questi cambiamenti utilizzando la copertura globale delle immagini dai satelliti radar; tuttavia, in precedenza, non è stato possibile collegare insieme i movimenti del terreno rilevati in diversi continenti perché misurati in relazione a punti arbitrari, non coerenti a livello globale. Questa è la prima volta che abbiamo pensato a come integrare queste misurazioni su scala globale e i potenziali benefici di questo approccio, in termini di comprensione dei processi che modellano la crosta del nostro pianeta, sono significativi».

Parker ha affermato che lo studio, condotto in collaborazione con ricercatori dell’Università della Tasmania e della Chalmers University of Technology in Svezia, ha dimostrato che la rete globale già esistente di radiotelescopi potrebbe essere l’anello mancante per integrare queste misurazioni satellitari su scala mondiale.

Media Inaf ha chiesto un parere a Monia Negusini, ricercatrice all’Istituto di radioastronomia dell’Inaf di Bologna. «Questo articolo dimostra che i radiotelescopi che partecipano alle rete Vlbi (Very Long Baseline Interferometry) possono dare un riferimento a scala globale per unificare le misure radar da satellite, sempre più importanti nello studio dei movimenti superficiali della Terra a scala intercontinentale», spiega Negusini. «Per esempio, le mappe ad alta risoluzione dello spostamento del terreno derivate dalla tecnica InSar (Interferometric Synthetic Aperture Radar) misurano i cambiamenti nel tempo della superficie relativi ad un punto arbitrario. Per un salto di qualità sarebbe importante inquadrare le misure satellitari in un sistema di riferimento globale e consistente, che può essere fornito dalla rete di radiotelescopi Vlbi. Non sarebbe necessario creare nuove e costose infrastrutture, ma con piccole modifiche ai telescopi già esistenti si potrebbero tracciare direttamente i satelliti per inserirli nel sistema di riferimento globale. È un primo passo per integrare le misure radar da satellite su scala globale, nell’ottica di comprendere meglio i processi geodinamici che interessano la crosta terrestre, compreso il loro contributo all’aumento del livello del mare su scala globale».

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