IL TRANSITO SEGUITO DALL’OSSERVATORIO DEL TEIDE

Al di là delle nubi, a guardare Mercurio

Cosa significa osservare il transito di un pianeta – quello di Mercurio, in questo caso – con gli occhi di un’astronoma? Lo abbiamo chiesto a Valeria Mangano, ricercatrice all’Inaf Iaps di Roma: lunedì scorso era al telescopio solare Themis, sull’isola di Tenerife, alle Canarie, per raccogliere dati spettroscopici durante il fenomeno

     14/11/2019

Valeria Mangano, ricercatrice all’Inaf Iaps di Roma, e sullo sfondo il telescopio solare Themis

Lunedì 11 novembre scorso, a seguire il transito di Mercurio dalle Isole Canarie, oltre agli astronomi del Tng – il Telescopio nazionale Galileo, sull’isola di La Palma, dalla quale abbiamo trasmesso la diretta webcast del fenomeno – c’era anche un’altra astronoma dell’Istituto nazionale di astrofisica: Valeria Mangano, ricercatrice all’Inaf Iaps di Roma. Valeria non si trovava però a La Palma, bensì all’Osservatorio del Teide, il vulcano dell’isola di Tenerife, dove sorge un altro grande telescopio, un tempo anch’esso in parte italiano ma oggi interamente francese: il Themis. Al suo ritorno, ci siamo fatti raccontare com’è stati assistere al transito da lassù.

Che tipo di telescopio è? E come mai ha scelto proprio quello, per assistere al transito?

«Il Themis – il cui nome è l’acronimo di “Télescope Héliographique pour l’Etude du Magnétisme et des Instabilités Solaires” – è un telescopio solare a tubo raffreddato a elio, con uno specchio primario da 90 cm e una focale di 15.04 metri. Lo frequento dal 2007, quando insieme a Francois Leblanc del Latmos-Ipsl di Parigi abbiamo tentato una serie di osservazioni di Mercurio. In quanto telescopio solare, il Themis non teme l’osservazione di oggetti vicini al Sole, anzi. In virtù della sua tipologia costruttiva – è vero telescopio, non una “torre”, quindi con un tubo chiuso, il che riduce moltissimo la luce diffusa – ha dimostrato di poter osservare Mercurio per tutto il giorno (il che in estate significa arrivare anche a 14 ore continuative) e con ottimi risultati. La campagna osservativa con i colleghi francesi è durata otto anni, e si interrotta solo a fine 2014, quando hanno dovuto chiudere il Themis per dotarlo di ottica adattiva. Sebbene quest’ultima non sia ancora in funzione, quest’anno il telescopio ha ripreso le attività. Già il mese scorso ero dunque tornata a osservare, per due settimane. E lunedì non mi sono lasciata sfuggire l’opportunità di tornarci in occasione del transito: il prossimo sarà nel 2032, dunque questo appuntamento non potevo proprio perderlo!».

Come mai tanti telescopi – solari e non, compreso il Tng dell’Inaf – sono stati costruiti proprio alle Canarie?

«Perché la loro posizione è strategica: sono territorio europeo (spagnolo, per la precisione) ma sorgono nell’Oceano Atlantico, in una zona dal clima mite, dove la percentuale di notti limpide e astronomicamente fruibili è altissima. Inoltre entrambi i siti – l’Osservatorio del Teide a Tenerife e quello di Roque de los Muchachos a La Palma – si trovano sulle pendici di vulcani, ad altitudini al di sopra dello strato di inversione atmosferico su cui si posizionano la maggior parte delle nubi. Questo fa si che il cielo delle Canarie sia protetto dalle sottostanti luci delle città e, al tempo stesso, quasi sempre limpido e con bassi livelli di umidità».

E la giornata di lunedì lo conferma: mentre in Italia quasi tutte le osservazioni pubbliche in programma sono saltate a causa del maltempo, dalla Canarie ci avete inviato immagini del transito stupende…

«Già, e a differenza di quanto visto nello streaming dal Tng, con Themis abbiamo seguito Mercurio durante quasi tutto il transito: ci siamo dovuti fermare solo quando Mercurio è sceso al di sotto dei 6° di altezza. In particolare, abbiamo osservato il disco di Mercurio effettuando degli scan con Mtr, uno spettrografo a fenditura che, con delle pose di 50 ms, ha scansionato da nord a sud l’intero disco del pianeta nelle due “righe D” del sodio, quelle a 5890 e 5895 ångström».

Crediti: Themis/Cnrs

C’è un valore scientifico nei dati acquisiti durante il transito, rispetto a quelli soliti?

«Nelle nostre osservazioni di routine di Mercurio osserviamo la sua esosfera (la debole atmosfera del pianeta) proprio in queste due righe del sodio per studiarne la morfologia e la dinamica, e per comprendere le complesse interazioni con il mezzo interplanetario circostante e, soprattutto, con il Sole così vicino, in termini di radiazione, vento solare, campo magnetico, eccetera. Mercurio ci mostra ogni volta una fase diversa, e questo permette – raccogliendo osservazioni in configurazioni orbitali e in condizioni di fase solare differenti – di allargare la nostra comprensione dei processi responsabili della sua esistenza e mantenimento nel tempo, nonostante essa sia una esosfera transiente, non gravitazionalmente legata al pianeta. Nell’osservazione durante un transito, invece, si può osservare Mercurio in una configurazione assolutamente unica: e cioè, quando esso ci mostra entrambi i terminatori (ma ovviamente nessuna parte della superficie è illuminata). In queste condizioni, ad analisi dei dati compiuta, potremo ottenere un profilo di densità dell’esosfera nel terminatore ‘alba’ e in quello ‘tramonto’, così come ai due poli, ottenendo delle informazioni importanti sulle asimmetrie che talvolta si sono viste o ipotizzate in base alle osservazioni di routine. In questo caso, poi, agli spettri nelle righe del sodio abbiamo affiancato anche osservazioni a grande campo nel visibile, per seguire Mercurio durante il transito sul disco solare. E sono quelli che ci hanno permesso di scattare la bella fotografia qui a fianco».

Insomma, non avete avuto tempo d’annoiarvi. Anche se sei ore possono essere lunghe, trascorse a guardare un puntino che si muove…

«Be’, per fortuna le ore sono state “solo” cinque o poco più, per noi. Certo, confesso che dopo un po’ somigliava a tante altre osservazioni fatte negli anni scorsi, a parte per quella striscia nera – presente nello spettro – del disco “buio” di Mercurio, dove invece di solito si vedeva una striscia bianca del continuo solare riflesso dalla superficie del pianeta. Però vedere, all’inizio dell’evento, questo piccolo puntino nero apparire improvvisamente sul bordo, sopra la granulazione in continua ebollizione del Sole, è stata una vera emozione. Nel 2016 avevamo tentato un’osservazione simile dalla torre solare tedesca Gregor – vicina al Themis, all’epoca ancora chiuso – e io avevo potuto seguire solo in remoto, ma il tempo era stato assai poco clemente (accade anche lì, a volte) e purtroppo non eravamo riusciti a ottenere nulla. Ora naturalmente comincia la fase di analisi dati. Essendo una configurazione totalmente diversa dal solito, dovremo costruire proprio da zero le pipelines di riduzione, e ci vorrà un po’… ma sicuramente ne sarà valsa la pena».

Prossimo viaggio astronomico in calendario?

«Ancora nulla, purtroppo. Le richieste di tempo per il 2020 si faranno a gennaio. Ma naturalmente l’appuntamento sarà ancora con il Themis: con l’ottica adattiva finalmente funzionante, e buona parte dell’ottica rinnovata, promette di regalarci osservazioni ancora più dettagliate dell’esosfera di Mercurio. Tra l’altro, le osservazioni di questi anni sono state di ausilio scientifico allo studio e realizzazione di Serena, una suite di quattro sensori di ioni e particelle neutre a bordo della missione BepiColombo, partita lo scorso 20 ottobre 2018 da Kourou, alla volta di Mercurio. Da ottobre 2021, in occasione del primo di sei flyby della missione attorno al pianeta, abbiamo in programma di organizzare campagne coordinate di osservazione da Terra. Con Themis, si spera, e anche con tutti gli altri telescopi e le torri solari che sarà possibile utilizzare a questo scopo».


Guarda il video dell‘evento realizzato dall’Inaf Iaps di Roma: