FRA GLI AUTORI, ANTONINO MARASCO DELL’INAF DI ARCETRI

La misteriosa origine delle galassie ultra-diffuse

L’analisi della curva di rotazione delle galassie ultra-diffuse suggerisce la presenza di una frazione molto elevata di materia ordinaria rispetto a quella oscura, che sembra quasi essere del tutto assente nelle regioni interne di questo tipo di galassie. I risultati in uno studio pubblicato su ApJ

     29/10/2019

Confronto tra la galassia a spirale di Andromeda assieme a due delle sue galassie nane satelliti (a sinistra) e una galassia nana ultra diffusa (a destra). Le immagini sono sulla stessa scala. La galassia ha dimensioni paragonabili ad Andromeda, ma una brillanza centinaia di volte inferiore. Crediti: EarthSky

I risultati di uno studio sulla dinamica di un campione di sei galassie ultra-diffuse (Udg) nell’universo locale, pubblicati il mese scorso su The Astrophysical Journal, mostrano una frazione molto elevata di materia ordinaria rispetto a quella oscura.

Le Udg (dall’inglese ultra-diffuse galaxies) sono una classe speciale di galassie nane caratterizzate da masse stellari circa 100 volte inferiori a quella della Via Lattea, ma dimensioni paragonabili ad essa. Questo peculiare rapporto tra massa e dimensioni le rende molto difficili da osservare, poiché la loro già intrinsecamente debole luce è appunto “diffusa” in uno spazio molto ampio. È possibile trovare le Udg sia in ambienti più densi, come negli ammassi di galassie, sia nelle zone più isolate dell’universo.

Il team di ricerca che ha guidato lo studio è composto da venti ricercatori guidati da Pavel Mancera Piña (dottorando di ricerca all’Università di Groningen, Paesi Bassi) e include quattro astronomi italiani tra i quali Antonino Marasco, attualmente assegnista di ricerca all’Inaf – Osservatorio astrofisico di Arcetri. Le osservazioni sono state fatte con i radio-interferometri di Westerbork (Paesi Bassi) e il Very Large Array (New Mexico, Usa).  L’analisi di questi dati radio-interferometrici – condotta tracciando il moto dell’idrogeno atomico (HI), osservato tramite la riga di emissione a 21 cm – ha mostrato come l’HI di queste galassie sia distribuito in un disco molto esteso (15-30 kpc di diametro) che ruota a velocità comprese tra i 20 e i 40 km/s.

Antonino Marasco, Inaf –  Osservatotio astrofisico di Arcetri. Crediti: A. Marasco

«Un tale risultato fa sobbalzare dalla sedia il tipico astrofisico extra-galattico: le Udg ruotano troppo lentamente per la loro massa (che tra stelle e gas arriva a circa un miliardo di masse solari) o, alternativamente, sono troppo massicce per la loro velocità di rotazione» dice Marasco a Media Inaf. «Un secondo sobbalzo dalla sedia arriva poi dallo studio dettagliato delle curve di rotazione di questi oggetti: scopriamo che la materia oscura sarebbe quasi del tutto assente nelle regioni del disco galattico, in quanto la materia visibile costituita da stelle e HI è sufficiente a spiegare le velocità di rotazione osservate».

In gergo astronomico, le Udg sono anomalie nella cosiddetta relazione di Tully-Fisher, una legge empirica universale che collega la massa “visibile” (ossia quella costituita da stelle e gas freddo, non “oscura”) di una galassia con la sua velocità di rotazione: con un massa circa 100 volte più grande rispetto a quella di nane con simili velocità, le Udg sembrano essere state estremamente efficienti nell’accumulare e trattenere gas e stelle al proprio interno, al contrario delle galassie nane.

A causa della bassa accelerazione di gravità causata dalla loro massa ridotta, l’energia prodotta dalle esplosioni di supernove è sufficiente a riscaldare e espellere buona parte del gas freddo, inibendo così episodi di formazione stellare successivi (si parla in questo caso di “feedback da supernova”). Come risultato si ottiene una galassia completamente dominata dalla materia oscura, poiché buona parte del gas è stato allontanato da uno o più episodi di feedback.

Le UDGs sembrano invece tracciare un trend diametralmente opposto: non solo sono riuscite a trattenere enormi quantità di gas e stelle (per la loro massa), ma la materia oscura è quasi del tutto assente al loro interno.

Negli ultimi anni, grazie al continuo miglioramento della sensibilità di telescopi ottici e infrarossi, questo tipo di oggetti molto deboli è sempre più studiato dalla comunità astrofisica. Gli studi sulle Udg sono ancora agli inizi, ma questi risultati impongono una revisione sostanziale della nostra comprensione della formazione galattica su queste scale.

Per saperne di più:

  • Leggi su The Astrophysical Journal Letters l’articolo “Off the Baryonic Tully─Fisher Relation: A Population of Baryon-dominated Ultra-diffuse Galaxies”, di Pavel E. Mancera Piña, Filippo Fraternali, Elizabeth A. K. Adams, Antonino Marasco, Tom Oosterloo, Kyle A. Oman, Lukas Leisman, Enrico M. di Teodoro, Lorenzo Posti, Michael Battipaglia, John M. Cannon, Lexi Gault, Martha P. Haynes, Steven Janowiecki, Elizabeth McAllan, Hannah J. Pagel, Kameron Reiter, Katherine L. Rhode, John J. Salzer e Nicholas J. Smith.