FUSIONE SIMULTANEA DI TRE GALASSIE

Il triangolo dei super buchi neri

Benché sia un fenomeno estremamente raro, la fusione di tre buchi neri supermassicci rappresenta un “salto evolutivo” rispetto a quella di una semplice coppia, perché la spinta aggiuntiva fornita dal terzo elemento potrebbe essere fondamentale per unire definitivamente i primi due. Una nuova ricerca ha ora individuato, con un metodo collaborativo, la migliore evidenza di una tripletta di tali mostri galattici

     26/09/2019

Osservazioni in ottico e (nel riquadro in basso) in raggi X del sistema Sdss J0849+1114. Crediti: Nasa/Cxc/George Mason Univ./R. Pfeifle et al.; Sdss & Nasa/Stsci

Un nuovo studio internazionale in via di pubblicazione su The Astrophysical Journal mostra quanto sia importante la collaborazione, tanto nella ricerca scientifica quanto… nella formazione dei buchi neri di taglia extra-large. In sintesi, lo studio descrive l’individuazione di un sistema triplo di buchi neri supermassicci, contrassegnato dalla sigla Sdss J0849+1114, appartenenti ad altrettante galassie sul punto di scontrarsi e fondersi tra loro.

Gli scienziati ritengono che il processo di coalescenza di tre buchi neri supermassicci, benché estremamente raro, abbia dinamiche e conseguenze diverse rispetto a quello di una semplice coppia. Secondo le teorie correnti, il terzo buco nero funzionerebbe un po’ da catalizzatore per la fusione degli altri due, velocizzando notevolmente tale processo.

Questa potrebbe essere la soluzione a un enigma teorico chiamato “problema dell’ultimo parsec” (che potrà essere risolto con l’osservazione di particolari onde gravitazionali, come abbiamo scritto recentemente), secondo cui due buchi neri supermassicci possono avvicinarsi a pochi anni luce l’uno dall’altro (circa un parsec, appunto), ma poi rimarrebbero in stallo per un periodo indefinito perché per fondersi avrebbero bisogno di un’ulteriore spinta gravitazionale verso l’interno, a causa dell’energia in eccesso che sprigionano nel loro orbitare. L’influenza di un terzo buco nero, come nel sistema Sdss J0849+1114, potrebbe finalmente riunirli.

L’altro aspetto interessante è come sia stato ottenuto questa sorta di ritratto di “famiglia allargata”. Il sistema, che si trova a un miliardo di anni luce di distanza, è stato inizialmente fotografato dal telescopio Sdss, Sloan Digital Sky Survey, che perlustra ampie fasce di cielo in luce visibile dal Nuovo Messico, Usa. Con l’aiuto dei volontari (citizen scientists) che partecipano a un progetto chiamato Galaxy Zoo, è stato poi etichettato come un sistema di galassie in collisione.

Nel riquadro centrale l’immagine tratta dall’archivio dello Hubble Space Telescope del sistema triplo Sdss J0849+1114; in basso immagine ottica dello Sdss e in alto quella in raggi X di Chandra con evidenziati in rosso i punti dove si trovano i buchi neri. Crediti: Nasa/Cxc/George Mason Univ./R. Pfeifle et al.; Sdss & Nasa/Stsci

I dati d’archivio della missione Wide-field Infrared Survey Explorer (Wise) hanno quindi rivelato che il sistema brillava intensamente nella luce infrarossa durante una specifica fase della fusione tra galassie, quando si prevede che più di uno dei buchi neri si stiano alimentando rapidamente di materiale nelle loro vicinanze.

Per dare seguito a questi indizi, gli autori e le autrici del nuovo studio hanno programmato osservazioni dallo spazio con gli osservatori per raggi X Chandra e Nustar, e da terra con Lbt, il Large Binocular Telescope, localizzato in Arizona (Usa).

Le osservazioni di Chandra hanno rivelato sorgenti di raggi X – segno distintivo del materiale consumato dai buchi neri – nei centri luminosi di ciascuna galassia coinvolta nella fusione, esattamente dove gli scienziati si aspettano che risiedano i buchi neri supermassicci.

I satelliti Chandra e Nustar hanno anche trovato prove di grandi quantità di gas e polvere intorno a uno dei buchi neri, fenomeno tipico di un sistema di buchi neri che si fondono. Infine, i dati in luce visibile provenienti da Sdss e Lbt hanno mostrato le caratteristiche firme spettrali del materiale ingurgitato dai tre buchi neri supermassicci.

Ryan W. Pfeifle, dal profilo Twitter

Uno dei motivi per cui è difficile trovare una tripletta di buchi neri supermassicci è che questi sono suscettibili di essere avvolti in una nube di gas e polvere che blocca gran parte della loro luce. Le immagini a infrarossi ottenute da Wise, gli spettri infrarossi di Lbt e le immagini a raggi X di Chandra aggirano questo problema, perché la radiazione infrarossa e X perfora le nubi di gas molto più facilmente della luce ottica.

«Attraverso l’uso di questi importanti osservatori, abbiamo definito una nuova modalità per identificare triplette di buchi neri supermassicci, e ogni telescopio ci dà un indizio diverso su ciò che sta succedendo in questi sistemi», commenta Ryan Pfeifle della George Mason University, primo autore del nuovo studio. «Speriamo di poter estendere il nostro lavoro per trovare altri sistemi tripli utilizzando la stessa tecnica».

Per saperne di più:

  • Leggi l’anteprima dello studio in pubblicazione su The Astrophysical JournalA Triple AGN in a Mid-Infrared Selected Late Stage Galaxy Merger”, di Ryan W. Pfeifle, Shobita Satyapal, Christina Manzano-King, Jenna Cann, Remington O. Sexton, Barry Rothberg, Gabriela Canalizo, Claudio Ricci, Laura Blecha, Sara L. Ellison, Mario Gliozzi, Nathan J. Secrest, Anca Constantin e Jenna B. Harvey