HUBBLE HA DICHIARATO LMC VINCITRICE

Braccio di ferro ai confini della Via Lattea

Alla periferia della nostra galassia è in atto un braccio di ferro cosmico tra due galassie nane: la Grande Nube di Magellano e la Piccola Nube di Magellano. Solo il Telescopio Spaziale Hubble, dalla sua posizione privilegiata e grazie alla vista UV, è riuscito a scoprire chi è il vincitore. I risultati si trovano su The Astrophysical Journal.

     24/03/2018

Alla periferia della nostra galassia è in atto un braccio di ferro cosmico tra due galassie nane: la Grande Nube di Magellano e la Piccola Nube di Magellano, entrambe orbitanti attorno alla nostra Via Lattea. Le due galassie ruotano anche l’una attorno all’altra, strattonandosi a vicenda, e una delle due è riuscita a strappare un’enorme nube di gas alla sua compagna.

Chiamato Braccio Avanzato, è il vasto campo frastagliato di nubi di idrogeno che collegano la Via Lattea alle Nubi di Magellano. È grande quanto la metà della nostra galassia e si pensa abbia circa uno o due miliardi di anni. Il suo nome deriva dal fatto che sta conducendo il movimento delle Nubi di Magellano. L’enorme concentrazione di gas presente nell’arco viene divorata dalla Via Lattea e va ad alimentare la nascita di nuove stelle nella nostra galassia. Ma a quale galassia apparteneva il gas che si sta mangiando la Via Lattea? O, in altre parole, nel braccio di ferro tra le due galassie nane, chi sta vincendo?

Hubble misura il contenuto del Braccio Avanzato della Corrente Magellanica. Crediti: D. Nidever et al., NRAO/AUI/NSF and A. Mellinger, Leiden-Argentine-Bonn (LAB) Survey, Parkes Observatory, Westerbork Observatory, Arecibo Observatory, and A. Feild.

Dopo un dibattito durato anni, grazie all’Hubble Space Telescope, gli scienziati hanno finalmente trovato la risposta a questo mistero. «Inizialmente la domanda che ci siamo posti è stata: il gas che vediamo proviene dalla Grande Nube di Magellano o dalla Piccola Nube di Magellano? A prima vista, sembrerebbe che l’arco porti alla grande nube di Magellano», ha spiegato Andrew Fox dello Space Telescope Science Institute di Baltimora, nel Maryland. «La risposta però l’abbiamo trovata in modo diverso, ossia rispondendo a un’altra domanda: di cosa è fatto il Braccio Avanzato? La sua composizione è quella della Grande Nube di Magellano o della Piccola Nube di Magellano?».

La ricerca di Fox è il seguito di un lavoro pubblicato nel 2013, dedicato alla Corrente Magellanica, il cui gas si è visto provenire da entrambe le galassie nane. Ora Fox si domanda l’origine della sua controparte: il Braccio Avanzato. A differenza del Corrente Magellanica, questo “braccio” sbrindellato e lacerato ha già raggiunto la Via Lattea e sta sopravvivendo al passaggio attraverso il disco galattico. Rappresenta il classico esempio di accrescimento di gas da parte di una galassia, in tempo reale. Questo processo è molto difficile da vedere nelle galassie al di fuori della Via Lattea, perché sono troppo distanti e troppo deboli. «Poiché queste due galassie sono nel nostro cortile, ci ritroviamo ad avere un posto in prima fila per seguire l’azione», ha detto il collaboratore Kat Barger della Texas Christian University.

Fox e il suo team hanno usato la vista ultravioletta di Hubble per analizzare il gas nel Braccio Avanzato da un punto di vista chimico. Hanno osservato la luce di sette quasar, i nuclei luminosi di galassie attive che risiedono a miliardi di anni luce oltre questa nube di gas. Usando il Cosmic Origins Spectrograph di Hubble, gli scienziati hanno misurato come la luce dei quasar viene filtrata dalle nubi presenti del braccio. In particolare, hanno cercato l’assorbimento della luce ultravioletta da parte dell’ossigeno e dello zolfo presenti nella nube, che rappresentano due buoni indicatori di quanti elementi più pesanti si trovano nel gas. Il team ha poi confrontato le misure di Hubble con le misure dell’idrogeno fatte dal National Science Foundation’s Robert C. Byrd Green Bank Telescope presso l’Osservatorio Green Bank in West Virginia, così come quelle di altri radiotelescopi. «Con la combinazione delle osservazioni di Hubble e del Green Bank Telescope, possiamo misurare la composizione e la velocità del gas per determinare quale galassia nana è la responsabile», ha spiegato Barger. Dopo molte analisi, il team ha finalmente trovato le “impronte digitali” che gli hanno permesso di capire l’origine del gas del braccio avanzato. «Abbiamo scoperto che il gas corrisponde alla piccola nube di Magellano», ha detto Fox. «Questo indica che la grande nube di Magellano sta vincendo il braccio di ferro, perché è riuscita a estrarre così tanto gas dalla sua vicina più piccola».

Questa scoperta è stata possibile solo grazie alla capacità di Hubble di riuscire a compiere osservazioni nell’ultravioletto, cosa impraticabile da Terra a causa dell’effetto filtrante della nostra atmosfera. Hubble è l’unico in grado di farlo», ha spiegato Fox. «Tutte le righe spettrali di interesse, tra cui l’ossigeno e lo zolfo, sono nell’ultravioletto. Quindi uno strumento che lavora nell’ottico e nell’infrarosso, non puoi vederle».

Il gas dal Braccio Avanzato ora sta attraversando il disco della nostra galassia. Mentre la attraversa, interagisce con il gas della Via Lattea, frammentandosi. Questo caso rappresenta un’opportunità di studio unica e importante per capire come il gas entra nelle galassie e alimenta la formazione di nuove stelle. Per capire l’afflusso di gas in altre galassie, gli astronomi usano simulazioni ma in questo caso il gas viene catturato mentre attraversa il disco della Via Lattea. Potrebbe succedere che, in futuro, pianeti e sistemi solari nella nostra galassia nasceranno dal materiale che una volta faceva parte della Piccola Nube di Magellano. Fox e il suo team sperano ora di riuscire a tracciare le dimensioni del Braccio Avanzato, ancora sconosciute.

Per saperne di più:

  • Leggi su The Astrophysical Journal l’articolo “Chemical Abundances in the Leading Arm of the Magellanic Stream” di Andrew J. Fox, Kathleen A. Barger, Bart P. Wakker, Philipp Richter, Jacqueline Antwi-Danso, Dana I. Casetti-Dinescu, J. Christopher Howk, Nicolas Lehner, Elena D’Onghia, Paul A. Crowther, and Felix J. Lockman