KHATYRKA STUPISCE CON IL “CRISTALLO PROIBITO”

Quasicristalli, due generazioni in una meteorite

Gli elementi sono gli stessi: alluminio, rame e ferro. Ma il rapporto fra questi ultimi varia, così come la loro età. E cresce nel frattempo l’interesse della comunità astronomica. Media Inaf ha intervistato Luca Bindi, dell’Università di Firenze, fra gli autori del nuovo studio pubblicato su Scientific Reports

     11/05/2017

Dettaglio a raggi X del grano 162A del campione della meteorite Khatyrka. Fonte: Scientific Reports

Quelli naturali sono rarissimi, qui sulla Terra, visto che i pochi conosciuti hanno tutti origine extraterrestre. Ma di quei pochi state pur certi che a lui non ne sfugge uno. “Loro”, i rarissimi in natura, sono i quasicristalli, solidi dalla struttura ordinata ma non periodica – a differenza di quanto avviene nei normali cristalli. Mentre “lui” è Luca Bindi, lo scienziato dell’Università di Firenze che ha scoperto il primo esemplare naturale di queste formazioni “proibite”, poi il secondo, e da poco anche il terzo.

Scoperte che gli sono valse, oltre a numerosi articoli sulle più importanti riviste scientifiche, anche il Premio nazionale del Presidente della Repubblica per le Scienze fisiche, matematiche e naturali, assegnato dall’Accademia nazionale dei Lincei e consegnato due mesi fa, lo scorso marzo, a Bindi dallo stesso capo dello Stato Sergio Mattarella. Ma evidentemente non gli è bastato: sono appena usciti su Scientific Reports i risultati delle analisi di un campione di condrite carbonacea di Khatyrka (dal nome del luogo del ritrovamento), contenente quasicristalli, e fra le firme degli autori non poteva mancare quella di Bindi.

Partiamo dallo studio appena pubblicato su Scientific Reports, l’ultimo di una ormai lunga serie di articoli scientifici sui quasicristalli che Media Inaf ha seguito sin dall’inizio. Bindi, qual è questa volta la novità?

«La novità forte è che dimostriamo che sono esistite due generazioni di quasicristalli nella meteorite Khatyrka. La prima, probabilmente vecchia come il nostro pianeta (circa 4.57 miliardi di anni), e una seconda formatasi circa 500-600 milioni di anni fa in uno violento scontro tra asteroidi nello spazio. Le due generazioni di quasicristalli presentano la stessa simmetria icosaedrica ma composizioni chimiche diverse».

Luca Bindi. Crediti: Università di Firenze

Diverse in che senso?

«La prima generazione ha la composizione della icosahedrite, Al63Cu24Fe13, mentre la seconda mostra una composizione a diverso rapporto Cu/Fe, essendo Al61Cu32Fe7, che potrebbe rappresentare il terzo quasicristallo naturale conosciuto. Lo studio inoltre mostra inequivocabilmente – tramite un dettagliato studio geochimico delle reazioni di ossido-riduzione avvenute nel campione e un altrettanto dettagliato studio petrografico che mostra chi si è formato prima e chi dopo – che la lega metallica e la parte meteoritica sono entrati in contatto nello spazio esterno».

Dunque la presenza in natura di quasicristalli si conferma un’esclusiva delle rocce venute dallo spazio. Come mai? Cosa c’è là fuori che qui sulla Terra manca?

«Per adesso abbiamo soltanto quasicristalli extraterrestri. È vero. Questo perché una delle caratteristiche dei quasicristalli è avere alluminio tra i suoi componenti. L’alluminio nello stato metallico (quello che si rinviene nei quasicristalli) è “proibito” sulla Terra per via della atmosfera fortemente ossidante del nostro pianeta. Se infatti esistesse l’alluminio metallico, prima di solidificare si legherebbe immediatamente all’ossigeno a formare minerali ossigenati (ossidi e idrossidi di alluminio). Quindi, o sulla Terra esiste un quasicristallo che non ha alluminio, o altrimenti le possibilità che si possa formare sono ridotte al minimo. C’è anche da dire però che recentemente si stanno trovando fasi quasicristalline anche contenenti ossigeno, e questo ovviamente apre enormi campi di indagine. Chissà, magari la Terra potrebbe esserne piena!».

Questa sua scoperta dei quasicristalli naturali, vista la loro origine spaziale, sta suscitando qualche interesse anche negli astronomi?

«C’è molto interesse, sì, anche da parte della comunità astronomica. Il prossimo lavoro su cui stiamo lavorando adesso è molto astronomico. In collaborazione con ricercatori dell’Eth abbiamo infatti misurato gli isotopi (cosmochimici) di gas nobili quali elio e neon e, tramite studi di riflettanza dei nostri campioni comparati a quelli di vari asteroidi, abbiamo forse individuato l’asteroide genitore della meteorite Khatyrka, quella appunto che contiene tutti e tre i quasicristalli conosciuti fino ad oggi. Nonostante siano già passati quasi 10 anni dalla scoperta del primo quasicristallo, c’è veramente ancora tanto da fare. E tutto è così emozionante e entusiasmante…»


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