SCOPERTO A DICEMBRE NEI PRESSI DI GELA

Antico calendario solare in Sicilia

Si tratta di un monumento realizzato dall’uomo modificando un lastrone di arenaria e orientando lo scavo del foro in modo che il Sole sorga al suo centro all’alba del solstizio d’inverno. La conferma da un sopralluogo effettuato lunedì 27 marzo

     29/03/2017

La roccia forata scoperta a dicembre 2016 presso Gela, oggetto del sopralluogo descritto nell’articolo

In Sicilia sono stati scoperti negli ultimi anni alcuni straordinari monumenti: grandi lastroni naturali di roccia forati al centro da un largo buco circolare, palesemente artificiale.

Il primo in ordine di scoperta si trova sul Monte Arcivocalotto, nell’alta Valle del Belice, in un sito archeologico noto per la presenza di frammenti ceramici datati dal Eneolitico all’Età del Bronzo. L’asse del foro è esattamente orientato verso l’alba del solstizio d’inverno. Per qualche giorno intorno a quella data, da un’ampia area della zona a nord-ovest del monumento è visibile l’impressionante spettacolo del Sole che sorge esattamente al centro del foro.

Una seconda roccia forata è situata a circa 8 km da Monte Arcivocalotto, sulla sommità di una collina, significativamente chiamata Cozzo Perciata (“La collina Forata”). Questo secondo lastrone naturale è quasi completamente crollato alcuni decenni fa, forse a causa di un fulmine. Tuttavia, esso era molto simile a quello di Monte Arcivocalotto, come dimostrato da una foto scattata fortuitamente alla fine degli anni ’60 o ai primi degli anni ’70 del XX secolo. L’asse del suo foro. Ancora riscontrabile sul terreno, punta esattamente nella direzione del sorgere del Sole sull’orizzonte geografico locale al solstizio d’estate. Questa seconda roccia forata è chiamata localmente “La pietra dove sorge il sole”: in più, fino a prima del suo crollo, la nascita del Sole all’interno del foro era il segnale tradizionale di inizio della mietitura, come testimoniato da anziani contadini del luogo. Anche intorno a questa seconda roccia si trovano frammenti di ceramica dell’Eneolitico e dell’Età del Bronzo.

Il nostro gruppo di lavoro ha studiato questi due monumenti a partire dal 2010, arrivando alla conclusione che la probabilità che questi allineamenti astronomici siano stati effettivamente cercati dai costruttori è superiore a 5 sigma. Ma l’esistenza di questo secondo monumento dice molto di più. Il fatto che in questo territorio si riscontrino due monumenti analoghi e verosimilmente coevi (rocce artificialmente forate) con allineamenti solstiziali in azimut ed altezza differenti e complementari (solstizio d’inverno e d’estate) dice che qui, presumibilmente tra l’Eneolitico e la prima Età del Bronzo, si è sviluppata una civiltà che aveva un calendario solare e che ha elaborato una tecnologia, semplice ma molto efficace, per materializzarlo.

A dicembre del 2016, un terzo monumento (vedi foto in alto), abbastanza simile a quelli descritti e orientato al punto ortivo del Sole al solstizio d’inverno, è stato segnalato nei pressi di Gela. Ovviamente, questa scoperta ha un’importanza notevole perché indica ulteriormente che l’uso di tali “calendari di pietra” realizzati per evidenziare le date dei solstizi a scopo cronologico e cultuale era diffusa su un area molto più vasta della Valle del Belice e permetterebbe di avanzare motivate ipotesi sulla civiltà che li ha costruiti.

Allo scopo di verificare questa scoperta, è stato organizzato un sopralluogo interdisciplinare, cui hanno preso parte gli scriventi (*), i membri del Gruppo archeologico di Gela Giuseppe La Spina, Michele Curto, Mario Bracciaventi ed Enzo Madonia, che per primi hanno  segnalato l’ultimo monumento in ordine di scoperta, e il presidente regionale dell’Ordine dei geologi della Sicilia, Giuseppe Collura. Quest’ultimo ha escluso che il foro possa essere un effetto della naturale attività erosiva.

Alba del solstizio d’inverno al megalite di Gela. Crediti: G. La Spine, 2016

Abbiamo effettivamente riscontrato che anche in questo caso si tratta di un monumento realizzato dall’uomo modificando un lastrone di arenaria e orientando lo scavo del foro in modo che il Sole sorga al suo centro all’alba del solstizio d’inverno. Inoltre, è stato verificato che su una collinetta antistante è da individuarsi un probabile punto di osservazione privilegiato, segnalato presumibilmente in antico con l’allineamento di tre piccoli massi.

Dal punto di vista archeologico, l’area è interessata da una frequentazione umana almeno a partire dalla fine dell’Eneolitico e per tutto il Bronzo Antico, come testimoniato dalla presenza di molte tombe a grotticella e da materiale ceramico datante, tipico della cultura di Castelluccio. La struttura di Gela, come le altre già note, si presenta come un lastrone naturale dal profilo triangolare con il foro passante al centro, un taglio a V rovesciata che segnala il suo centro ed una sorta di gradone sul lato NW, presumibilmente ricavato per permettere ad un osservatore di stare a fianco del foro. Dal lato sud-est, è presente davanti al foro uno “pseudo menir”, attualmente abbattuto, alto circa 4,5 metri. Ipotizzandolo in posizione verticale avrebbe lambito con la sua punta la parte inferiore del foro, evidenziando la linea di mira. A distanze regolari di 1,5 metri sono presenti sulla superficie di tale megalite due profonde incisioni certamente artificiale che interessano circa metà del perimetro, presumibilmente ricavate per collocare e stringere funi utili al posizionamento.

In conclusione, possiamo ragionevolmente affermare che ci troviamo di fronte a monumenti che hanno le stesse caratteristiche e le stesse funzioni e possiamo altresì iniziare ad avanzare l’ipotesi di una rete di “calendari di pietra” che in una larga parte della Sicilia scandivano il corso del tempo tramite la posizione del Sole. Dando a questo antico popolo, ipoteticamente da identificarsi con la cultura Castellucciana, un calendario per le sue scadenze pratiche e religiose.


(*) Articolo scritto da Vito Francesco Polcaro (Inaf Iaps Roma e Ache), Alberto Scuderi (vicepresidente nazionale dei Gruppi archeologici d’Italia) e Ferdinando Maurici (direttore del Museo regionale di Terrasini)

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