INTERVISTA ALL’EDITOR DI NATURE ASTRONOMY

Parlare di scienza ai tempi della post-verità

La comunicazione scientifica sta vivendo una delle sue epoche più buie, in termini di fiducia da parte del pubblico, sempre più affamato di informazioni. Tra post-verità, notizie false, e annunci sensazionali, la ricerca sta cercando di trovare nuovi equilibri, e l’astronomia non resta a guardare

     03/02/2017

Viviamo nell’epoca della post-verità, ovvero della tendenza a essere influenzati dalle nostre convinzioni personali, e a ignorare i fatti oggettivi. Non a caso, gli esperti dell’Oxford Dictionary hanno eletto “post-verità” parola dell’anno per il 2016, e al tema della disinformazione online è stato dedicato il numero di Le Scienze in edicola a febbraio dello scorso anno.

In un contesto sociale dove l’informazione viene consumata seguendo il proprio bisogno di conferme, diventa essenziale che chi veicola una notizia, specialmente in ambito scientifico, si attenga a regole scrupolose di verifica e adotti un linguaggio il più possibile accurato. A sottolineare questa necessità è anche la rivista Nature Astronomy, che nel suo ultimo numero dedica il proprio editoriale e ben due commenti (qui e qui) all’importanza di adottare, all’interno della comunità astronomica, un linguaggio uniforme e non ambiguo.

La pietra dello scandalo, in questo caso, sono gli articoli che si occupano della scoperta di nuovi esopianeti. L’argomento si presta a innumerevoli incomprensioni e mistificazioni, da un lato perché coinvolge la ricerca di vita extraterrestre, innescando quindi la corsa all’annuncio del pianeta “gemello della Terra”, dall’altro perché si tratta di una scienza giovane, e nonostante il numero di esopianeti abbia superato le 3.000 unità, siamo ancora lontani dall’aver compreso come si formino ed evolvano i sistemi planetari.

Come viene sottolineato nell’editoriale: «Entrambi i commenti mettono in guardia contro i pericoli di una comunicazione imprecisa tra il mondo scientifico e il pubblico. Vi è il rischio di raggiungere la saturazione da notizie sensazionali (un nuovo pianeta ancora più simile alla Terra, un’altra scoperta di acqua su Marte…), che potrebbe generare un senso di stanchezza nel pubblico e, a lungo termine, danneggiare la credibilità la nostra comunità».

Luca Maltagliati, editor di Nature Astronomy. Crediti: Nature

«Il commento di Bill Moore e collaboratori mi è stato proposto di persona la scorsa estate, durante una conferenza sugli esopianeti», spiega a Media Inaf Luca Maltagliati, editor di Nature Astronomy. «Un gruppo di ricercatori mi ha esposto la propria idea, circa l’importanza di evidenziare che spesso vengono usate locuzioni come “gioviano caldo” o “super-Terra” che possono essere fuorvianti, e ci siamo trovati d’accordo che poteva essere un argomento d’interesse per la nostra rivista».

«Quando finalmente ho ricevuto il testo di Moore e colleghi, poco meno di una settimana dopo ho ricevuto quello sull’uso scorretto delle metriche dell’abitabilità sugli esopianeti di Elizabeth Tasker e altri. Sono rimasto particolarmente colpito dalla coincidenza, che mi ha fatto capire come nella giovane e scientificamente variegata comunità esoplanetaria ci sia una forte spinta a mettere ordine tra l’uso indiscriminato e impreciso della terminologia e di cose correlate come le metriche di abitabilità. Da lì è venuta l’idea per l’editoriale».

«L’idea di fare chiarezza nella terminologia e quindi nella comunicazione è anche una cosa che mi interessa in generale», prosegue Maltagliati. «Per andare oltre i confini della comunità esoplanetaria, visto che la nostra rivista si rivolge a tutta la comunità astrofisica, ho voluto generalizzare il messaggio di fondo dei problemi di incomunicabilità dovuti all’uso sbagliato della terminologia, che credo si abbia in molte branche dell’astrofisica – da qui è venuta l’immagine della torre di Babele».

«Infine, poiché entrambi i commenti toccavano il tema della correttezza della comunicazione tra comunità scientifica e pubblico/media, ed entrambi avevano un punto di vista fresco, in quanto mettevano l’accento sul ruolo della comunità astrofisico-planetaria piuttosto che colpevolizzare i media, ho pensato che fosse un tema da toccare nell’ultima parte dell’editoriale. Ovviamente la questione di corretta comunicazione scientifica è molto complesso e va oltre quello che menziono nell’editoriale, ma penso che sia importante fare un richiamo alla comunità dei ricercatori senza deflettere la responsabilità. Come editori, abbiamo la possibilità di agire in maniera molto concreta sulla questione. Nel caso specifico degli esopianeti abbiamo già iniziato a chiedere agli autori degli articoli che ci vengono sottomessi, e che passano il primo stadio di revisione, di sostituire la terminologia impropria, senza particolari traumi da parte loro».

Per saperne di più, leggi su Nature Astronomy gli articoli: