INTERVISTA A LUCA MALTAGLIATI

Nasce Nature Astronomy

A partire da gennaio 2017 arriva Nature Astronomy, una nuova rivista dedicata esclusivamente all’astronomia. Uno dei tre editor della rivista è Luca Maltagliati, laureato presso l’INAF - Osservatorio Astrofisico di Arcetri. Lo abbiamo intervistato per saperne di più di questa prestigiosa novità editoriale

     19/09/2016

nastronomyC’è un nuovo protagonista editoriale nel campo dell’astronomia che promette di attirare a sé molta attenzione: si tratta di Nature Astronomy. Il gruppo Nature ha deciso di estendere la propria attività con una nuova rivista di settore, che si occuperà principalmente di astronomia, astrofisica e fisica planetaria e uscirà con il primo numero a gennaio 2017.

La redazione, attiva dalla scorsa primavera, vede tra i suoi editor anche Luca Maltagliati, astrofisico laureato presso l’INAF – Osservatorio Astrofisico di Arcetri, con un curriculum che va dalla fisica solare alle atmosfere planetarie. Noi di Media INAF lo abbiamo intervistato, per saperne di più su questa nuova rivista.

Ciao Luca, innanzitutto complimenti per questo tuo nuovo incarico. Raccontaci come funziona Nature Astronomy, qual è il progetto editoriale e le differenze principali con le altre riviste di settore.

Nature Astronomy è una rivista scientifica che fa parte del Nature Publishing Group, il gruppo editoriale il cui esponente più prestigioso è Nature. Accanto a Nature, che ha come scopo quello di presentare le scoperte più importanti in tutti i campi della scienza, sono sorte negli anni diverse pubblicazioni, radunate sotto l’etichetta di Nature research journal, che vogliono mantenere lo stesso standard qualitativo di Nature in un settore particolare: abbiamo quindi Nature Physics, Nature Photonics eccetera (l’elenco completo è qui).
Nature Astronomy è una di queste e ha l’ambizione di presentare le ricerche di più alto livello in astronomia, astrofisica e scienze planetarie, che siano di base osservativa, teorica o sperimentale. La rivista sarà disponibile solo online, vista la grande preponderanza dell’uso della pubblicazione digitale in astronomia, e uscirà mensilmente, anche se sicuramente pubblicheremo online gli articoli accettati con scadenza più ravvicinata (probabilmente una volta alla settimana). Non ci saranno costi di pubblicazione a carico degli autori e gli articoli saranno giudicati da 2-3 referee, questo ovviamente se supereranno la valutazione editoriale fatta da noi editor.

Una delle principali differenze con le altre riviste di settore è appunto questa: come per Nature, non tutti gli articoli che ci vengono inviati passano ai referee, bensì devono superare un filtro preliminare fatto da noi editor. Un’altra differenza è la struttura degli articoli, che sono in stile Nature, quindi molto concentrati in quanto focalizzati sulla scoperta scientifica in sé e le sue conseguenze, con la parte di metodo relegata ad una sezione separata al termine dell’articolo vero e proprio.
Nature Astronomy inoltre fornirà una varietà di formati di pubblicazioni più vasta di una rivista specialistica standard. Ci saranno chiaramente gli articoli di ricerca, in forma di lettera o articolo lungo, e le review su varie tematiche, che possono assumere aspetto di prospettive per argomenti particolarmente innovativi, ma anche commentari su aspetti più sociali o di policy su questioni riguardanti il settore; le News and Views tipiche di Nature; la possibilità di creare una corrispondenza per commentare articoli pubblicati precedentemente sulla rivista (gli autori avranno modo di rispondere ad eventuali critiche); una colonna mensile chiamata Mission Control che illustrerà ogni mese una missione o uno strumento diversi; recensioni di libri e altro.

Inoltre, ovviamente, Nature Astronomy ha alle spalle il grande savoir faire di Nature che segue ciascuna submission passo passo fino all’eventuale pubblicazione, e aiuta a valorizzare e gestire l’impatto mediatico che si affianca in modo naturale a tutte le pubblicazioni Nature.
Per chi ne voglia sapere di più indirizzo al sito della rivista e in particolare alla sezione Content Types per la descrizione più dettagliata dei vari tipi di testi che avremo e le FAQ in cui sono spiegate le domande più comuni (quali la nostra politica di preprint e open access, le questioni riguardanti l’embargo e la diffusione pre-pubblicazione, il processo editoriale, eccetera).

Luca Maltagliati, editor di Nature Astronomy. Crediti: Nature

Luca Maltagliati, editor di Nature Astronomy. Crediti: Nature

Qual è il tuo ruolo all’interno della redazione?

Come dicevo, il mio ruolo principale è quello della valutazione degli articoli. Per mantenere gli standard Nature è necessario non solamente che l’articolo sia solido a livello metodologico e scientifico, ma che anche rappresenti un avanzamento sufficientemente significativo della conoscenza per quel determinato settore. Inoltre, dato che Nature Astronomy vuole rivolgersi a tutta la comunità astronomica, astrofisica e planetaria, occorre che la scoperta non interessi esclusivamente i ricercatori e gli scienziati che studiano quel dettaglio, ma che possa raggiungere anche il resto.
Io mi occupo in particolare soprattutto degli articoli sul Sistema solare ed esopianeti. In redazione siamo tre editor più l’editore capo, con competenze piuttosto complementari e ci dividiamo gli articoli per tematica, anche se ogni tanto si valuta l’occasionale paper fuori dalla nostra competenza diretta.

A questo si affiancano una serie di altri incarichi. C’è ovviamente il ruolo standard dell’editor di pubblicazioni scientifiche specialistiche che consiste nell’assegnare i referee una volta che il paper passa la valutazione editoriale. In più occorre restare in contatto con gli autori dei paper per ogni evenienza; commissionare i vari contributi alla rivista quali le review/perspectives o le News & Views; partecipare a conferenze e workshop per avere un contatto diretto con la comunità; visitare i laboratori in giro per il mondo per prendere contatto e conoscere i vari gruppi direttamente nel loro contesto lavorativo ed eventualmente fare presentazioni sulla rivista e su come fare a pubblicare per Nature. Una delle cose più stimolanti di questo lavoro è appunto la sua versatilità, oltre ovviamente al fatto che permette di toccare con mano tanta bella ricerca.

Quanto è stato lungo e complesso il processo di selezione?

Il procedimento si è suddiviso in tre fasi. Inizialmente, oltre all’invio classico di CV e cover letter, occorreva scrivere un pezzo in stile News & Views su un recente articolo astronomico che ci aveva colpito. Un lavoro di una paginetta, sulle 600 parole. Io avevo scelto l’articolo sui primi risultati di New Horizons (pubblicato, ironicamente, su Science) e gli avevo dato un taglio di planetologia comparata parlando dei pianeti con atmosfere di azoto del Sistema solare esterno (Plutone-Tritone-Titano) anche perché uno dei miei obbiettivi personali come editor è incoraggiare la planetologia comparata, come avevo scritto nella cover letter. Mi è venuto un pezzo abbastanza classico, direi. Per curiosità con i miei colleghi ci siamo scambiati i testi che avevamo inviato, erano tutti assai diversi in stile quindi credo che i valutatori siano abbastanza flessibili al riguardo.

La seconda fase è stata secondo me la più cruciale visto che era un test pratico sul lavoro di editor: ci hanno inviato dei veri articoli sottomessi a Nature (quattro, ovviamente in assoluta confidenza e con i nomi degli autori cancellati) e ci hanno chiesto di valutare se li avremmo accettati per inviarli ai referee per Nature Astronomy. I quattro articoli coprivano tutta l’astronomia quindi erano quasi tutti al di fuori delle mie competenze dirette. È stato un esercizio piuttosto curioso, anche perché le indicazioni erano esplicitamente di non fare una valutazione tecnica come un referee ma realmente editoriale e come ricercatori non ci siamo abituati, però stimolante.

Per terminare c’è stato il colloquio di persona, per il quale sono andato nella sede di Londra, costituito a sua volta da due parti principali. La prima era un prolungamento del test editoriale: mi hanno dato i rapporti dei referee dei due dei quattro articoli (quelli che avevano effettivamente inviato per review) e 45 minuti di tempo per leggerli e fare la mia valutazione finale. Durante la discussione che ne è seguita sono poi venute spontaneamente fuori varie domande, anche da parte mia; per questo è stata una discussione nel vero senso del termine. Mi hanno anche sottoposto alcune domande più generico/motivazionali (perché hai deciso di fare l’editor invece che ricerca, qual è il tuo obbiettivo principale in questo lavoro, come gestisci la situazione se il tuo relatore di tesi ti invia un articolo e lo giudichi negativamente…). Alla fine sono state quasi tre ore di colloquio!
Tutta la procedura è durata un bel po’ visto che ho inviato la candidatura a fine novembre e la risposta definitiva è arrivata a metà aprile (va detto che è stata una durata inusuale per loro, causata da un prolungamento inaspettato della ricerca del chief editor).

Quanto pensi che ti abbia aiutato la tua formazione scientifica?

Sicuramente moltissimo. Anzitutto il fatto che abbia un’esperienza non iperspecializzata, avendo lavorato a livello di ricerca attiva sia nella fisica solare che atmosfere planetarie di un paio di pianeti diversi, più qualche collaborazione in ambito di pianeti extrasolari, mi ha conferito una sensibilità della qualità e dell’importanza di un lavoro in un’area un po’ più vasta che non se avessi lavorato solo ed esclusivamente su un argomento specifico. Questo è molto importante poiché, come dicevo prima, tratto ricerche su tutto il Sistema solare ed esopianeti. Inoltre ho avuto un’ottima formazione di base, a livello universitario, che mi ha sicuramente aiutato durante la selezione nella parte di valutazione dei quattro articoli e che continuerà a farlo quando mi capiteranno tra le mani ricerche fuori dalla mia expertise diretta – ad esempio recentemente ho dovuto valutare un articolo riguardanti delle pulsar e la mia formazione mi è stata molto utile.

A questo proposito ci tengo a dire che gli italiani, almeno per la fisica, sembrano essere particolarmente apprezzati per questo tipo di lavoro, livello di inglese incluso. Noi lavoriamo in open space, e nel mio piano sono riunite le redazioni di diversi Nature research journal delle scienze fisiche: ebbene, un buon quarto di editor sono italiani! (tra cui due chief editor, di Nature Physics e Nature Nanotechnology). Non credo sia una coincidenza, piuttosto riflette il tipo e il livello di formazione che dà l’università italiana (sottolineo che io mi sono laureato prima dell’avvento del sistema “3+2” e non ho esperienza diretta sul nuovo sistema). Termino dicendo che ovviamente è importante anche avere un po’ di curiosità personale ed interessarsi anche solo occasionalmente di campi di ricerca che non siano solo quello che ti riguarda personalmente.

Hai qualche consiglio da dare ai ricercatori che vogliono sottomettere un articolo alla vostra rivista?

Alcune cose le ho già accennate, aggiungo che i criteri con cui si valutano gli articoli a Nature Astronomy sono fondamentalmente due. Primo, occorre che la scoperta presentata sia uno sviluppo significativo e non solo incrementale dell’argomento trattato. Questa è forse la condizione più difficile visto che non si trova questo tipo di risultato tutti i giorni ed inoltre nel panorama scientifico attuale c’è la tendenza a pubblicare le piccole progressioni, visto che il numero di paper è un fattore molto importante per un curriculum. Secondo, è necessario che possa raggiungere la comunità al di fuori dalla ristretta cerchia di persone che si occupano di quel dettaglio specifico di quell’ambito di ricerca. Questo non vuol dire che accettiamo solo gli argomenti “alla moda”, anzi, ma piuttosto occorre che il lavoro presentato possa stimolare la curiosità anche di coloro non direttamente implicati nella tematica trattata. Molti articoli che non facciamo passare non propongono affatto cattiva ricerca, ma sono troppo specifici o incrementali e destinati quindi a riviste più specializzate.

Occorre anche considerare che scrivere per Nature è un esercizio un po’ diverso rispetto ad altre riviste scientifiche. Infatti non si usa la classica successione abstract-introduzione-metodo-risultati-discussione. Concentrandosi sul risultato in sé, il metodo è in una sezione apposita distaccata dal paper, e il primo paragrafo (quello in grassetto, per chi ha avuto occasione di sfogliare un articolo di Nature) riunisce abstract e introduzione presentando il contesto del lavoro, il risultato principale e il suo significato (la nostra pagina web fornisce indicazioni più dettagliate). Nelle prime iterazioni non siamo particolarmente rigidi riguardo alla forma, ma sottoporre un articolo che è già strutturato in modo corretto aiuta la nostra decisione e velocizza i tempi visto che non sarà necessario il passaggio in cui si chiede una massiccia ristrutturazione del testo. In ogni caso, noi editor siamo sempre disponibili a dare chiarimenti e ricordo che c’è sempre la possibilità di sottomettere presubmissions, ossia un abstract o un primo paragrafo e magari una figura per chiederci un parere se valga la pena o no provare a sottomettere l’articolo a Nature Astronomy.