TROPPE RADIAZIONI DALLA STELLA MADRE

Quel pianeta non s’ha da fare

Ancora il sistema di TW Hydrae alla ribalta: in un nuovo articolo, quattro ricercatori italiani indicano che, al contrario di quanto finora ritenuto, non può esserci alcun pianeta in formazione nelle regioni interne del disco protoplanetario. Il motivo? L'intensa radiazione della giovane stella avrebbe spazzato via il gas e la polvere necessari

     16/09/2016
Crediti: S. Andrews (Harvard-Smithsonian CfA); B. Saxton (NRAO/AUI/NSF); ALMA (ESO/NAOJ/NRAO)

Crediti: S. Andrews (Harvard-Smithsonian CfA); B. Saxton (NRAO/AUI/NSF); ALMA (ESO/NAOJ/NRAO)

È un disco che sta facendo furore tra gli astronomi di tutto il mondo: non produce musica, ma un vivace dibattito su quali siano le sue proprietà, in particolare sul fatto di ospitare pianeti in formazione. Il disco in questione è quello che circonda la giovane stella di tipo solare TW Hydrae, distante 176 anni luce da noi. La sua relativa vicinanza e il fatto che questa struttura sia quasi esattamente disposta di faccia rispetto alla Terra, ne fanno  il migliore sistema dove cercare e studiare indizi della nascita ed evoluzione di nuovi pianeti al di fuori del Sistema solare. Proprio ieri avevamo dato la notizia che, in questo disco, a 22 unità astronomiche dalla stella, si troverebbe un pianeta gigante ghiacciato della taglia di Urano o Nettuno. La tesi avanzata da un gruppo di scienziati a guida giapponese è stata elaborata partendo dalle dettagliatissime riprese del telescopio europeo ALMA situato sull’altopiano del deserto di Atacama in Cile. Riprese che mostrano dei solchi concentrici scuri nella distribuzione di materia attorno a TW Hydrae, interpretati come zone dove sono presenti pianeti in formazione.

Tra questi solchi nel disco di TW Hydrae, quello che ha più fatto parlare di sé è quello che si trova a una unità astronomica dalla stella, ovvero la distanza che separa il nostro pianeta dal Sole, sollevando l’affascinante idea che lì si starebbe formando un pianeta dalla massa comparabile o maggiore della Terra.

A mettere un bel po’ di pepe in questa storia già così dibattuta, arriva ora un nuovo studio condotto da quattro ricercatori italiani all’estero, che va decisamente controcorrente rispetto a quanto finora ritenuto sulla natura di quell’anello scuro (che gli astronomi chiamano gap, proprio a indicare che lì c’è poca materia rispetto alle altre zone del disco). Il loro studio, pubblicato sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, indica infatti che è assai  improbabile la presenza di un pianeta in formazione in quella regione. Il team ritiene invece che la presenza di una zona a bassa densità di materia a quella distanza da TW Hydrae sia da attribuire a un processo completamente diverso, ovvero la fotoevaporazione. In pratica, l’intenso flusso di radiazione emesso dalla stella può riuscire a spazzare via il gas e le polveri attorno ad essa. Altro che pianeta in formazione, quell’anello scuro sarebbe invece una landa desolata e quasi del tutto priva di materia!

«È un deciso cambiamento di prospettiva» dice a Media INAF Barbara Ercolano, dell’Osservatorio Astronomico dell’Università Ludwig-Maximilians a Monaco, in Germania, prima autrice dello studio. «L’anello scuro scoperto nelle immagini di ALMA non è causato da un pianeta, ma rappresenta lo stadio iniziale della dissipazione del disco. Questa interpretazione è basata sul fatto che molte caratteristiche del disco di Tw Hydrae, come la distanza tra il gap e la stella, il tasso di accrescimento di massa sulla stella, la dimensione e la distribuzione di densità delle particelle di polvere, esibiscono un ottimo accordo con le predizioni del modello fotoevaporativo.»

La fotoevaporazione è una delle forze principali che segnano il destino dei dischi circumstellari. Essa può distruggerli, ma può anche interrompere il processo di migrazione dei nuovi pianeti all’interno del disco. I vuoti di materia prodotti per fotoevaporazione, possono “parcheggiare” i protopianeti che si vengano a trovare in quelle zone, permettendogli di completare il loro processo di formazione e disporsi su orbite stabili. Ma questo per i ricercatori che hanno condotto lo studio non sembra essere il caso di TW Hydrae.

Per saperne di più:

  • Leggi l’articolo A photo-evaporative gap in the closest planet forming disc di Barbara Ercolano, Giovanni P. Rosotti, Giovanni Picogna, Leonardo Testi pubblicato sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society