MAPPATE 48 ERUZIONI IN 29 MESI

Io, la signora dei vulcani

La luna di Giove Io è un vero inferno, essendo il corpo più attivo vulcanicamente dell’intero Sistema solare. Lo si è potuto apprezzare meglio grazie a 100 notti di osservazioni ad alta risoluzione effettuate lungo un arco di tempo di 29 mesi con due fra i più grandi telescopi al mondo, collocati alle Hawaii. I risultati della ricerca sono abbastanza lontani dai modelli teorici

     21/10/2016
Io, la luna più interna di Giove, ripresa dalla sonda Galileo nel 1997. Sono visibili due eruzioni vulcaniche, una dalla Pillan Patera nella parte superiore e il pennacchio di Prometheus al centro dell'immagine. Crediti: NASA

Io, la luna più interna di Giove, ripresa dalla sonda Galileo nel 1997. Sono visibili due eruzioni vulcaniche, una dalla Pillan Patera nella parte superiore e il pennacchio di Prometheus al centro dell’immagine. Crediti: NASA

Da vulcano a vulcano. Utilizzando due dei più grandi telescopi esistenti –  il Keck II di 10 metri e il Gemini Nord da 8 metri, entrambi situati sulla cima del vulcano dormiente Mauna Kea alle Hawaii – un team di astronomi della Università della California a Berkeley (USA) ha realizzato la più lunga e completa sequenza di osservazioni delle eruzioni vulcaniche su Io, la luna di Giove conosciuta per essere il corpo più attivo vulcanicamente dell’intero Sistema solare. Utilizzando un sistema di cosiddetta ottica adattiva nella banda dell’infrarosso vicino, i ricercatori hanno rilevato 48 punti caldi vulcanici (hot spot) sulla superficie di Io in un periodo di 29 mesi, da agosto 2013 fino alla fine del 2015. La ricerca è in via di pubblicazione sulla rivista Icarus.

Senza l’ottica adattiva – una tecnica che rimuove la sfocatura indotta dalla turbolenza atmosferica per rendere più nitida l’immagine – anche il più potente telescopio terrestre attuale vedrebbe Io semplicemente come una palla sfocata. Grazie alla compensazione fornita dall’ottica adattiva si riescono invece a scorgere strutture grandi appena qualche centinaio di chilometri sui 3600 chilometri di diametro della superficie di Io.

Katherine de Kleer. Crediti: UC Berkeley

Katherine de Kleer. Crediti: UC Berkeley

«Certe notti potevamo vedere una mezza dozzina, o anche più, di differenti hot spot», racconta Katherine de Kleer, la giovane borsista dell’Università di Berkeley che ha guidato le osservazioni. «Delle centinaia di vulcani attivi su Io, siamo stati in grado di monitorare i 50 più potenti». Grazie alle osservazioni, i ricercatori sono stati in grado di determinare la temperatura e la potenza totale di uscita delle singole eruzioni vulcaniche, nonché a seguire la loro evoluzione nel corso di giorni, settimane e, a volte, anche anni.

Sorprendentemente, alcune eruzioni sono sembrate progredire su tutta la superficie della luna nel corso del tempo, come se una ne attivasse un’altra a 500 chilometri di distanza.  «Mentre dobbiamo fare sforzi d’immaginazione per concepire un meccanismo geofisico che potrebbe funzionare su distanze di 500 chilometri, il vulcanismo di Io si conferma molto più estremo di qualsiasi cosa avvenga qui sulla Terra», aggiunge de Kleer.

L’intensa attività vulcanica di Io è alimentata da riscaldamento mareale, conseguente all’ attrito generato all’interno della luna dalle variazioni dell’intensa attrazione gravitazionale di Giove. I modelli teorici prevedono che la maggior parte delle eruzioni dovrebbero verificarsi o vicino ai poli o vicino all’equatore, a seconda del modello, e che l’emissione del calore dovrebbe essere simmetrica tra gli emisferi.

Ma questo non è quello che i ricercatori hanno riscontrato nelle complessive 100 notti di osservazione. Pur avendo visto un numero sorprendentemente alto di brevi e intense eruzioni, tutte hanno avuto luogo sull’emisfero posteriore – il lato opposto a quello rivolto nella direzione del moto – piuttosto che su quello anteriore, e a latitudini maggiori rispetto a eruzioni più tipiche.

Immagine termica di Io, ripresa il 25 dicembre 2015, che mostra il vulcano più potente della luna, Loki Patera, assieme allo hot spot Amaterasu Patera in eruzione allo stesso tempo. Crediti: K. de Kleer/I. de Pater/UC Berkeley.

Immagine termica di Io, ripresa il 25 dicembre 2015, che mostra il vulcano più potente della luna, Loki Patera, assieme allo hot spot Amaterasu Patera in eruzione allo stesso tempo. Crediti: K. de Kleer/I. de Pater/UC Berkeley.

Uno dei principali punti di interesse per le osservazioni era il vulcano persistente più potente di Io, il Loki Patera (patera è un cratere irregolare, solitamente vulcanico), che cresce di luminosità di un fattore 10 ogni 1-2 anni (e che recentemente è stato studiato in dettalgio graze alle osservazioni del Large Binocular Telescope) . Molti scienziati ritengono che Loki Patera sia un colossale lago di lava, e che i picchi di luminosità derivino dal ribaltamento della crosta superiore, un fenomeno visto accadere nei laghi di lava sulla Terra. Infatti, l’emissione di calore da Loki Patera sembra viaggiare intorno al lago durante ogni evento, come se ci fosse un’onda in movimento intorno al lago che provoca la destabilizzazione e l’affondamento di porzioni di crosta.

Un altro vulcano, Kurdalagon Patera, ha prodotto eruzioni insolitamente calde due volte nella primavera del 2015, in concomitanza con l’aumento della luminosità di un’estesa nube di materiale neutro in orbita attorno a Giove. Secondo i ricercatori, questo è sintomatico del fatto che le eruzioni sulla superficie siano la fonte di variabilità in questa nube neutra, anche se non è affatto chiaro perché altre eruzioni non siano associate a questo aumento di luminosità. Gli astronomi stanno continuando le loro frequenti osservazioni di Io, ottenendo immagini con risoluzione spaziale così elevata che nemmeno Galileo, la sonda che ha orbitato intorno a Giove per otto anni, è stata in grado di raggiungere.