SI TROVA A 11,1 MILIARDI DI ANNI LUCE DA NOI

CL J1001, l’ammasso di galassie più distante

Grazie all’ausilio dei grandi telescopi spaziali e terrestri, gli astronomi hanno identificato un antico ammasso di galassie che potrebbe essere stato colto appena subito dopo la sua formazione. Si tratta di un nuovo record di distanza ma soprattutto di un’importante scoperta, riportata su Astrophysical Journal, perché l’oggetto si trova in una fase evolutiva che non è stata mai osservata prima. Il commento di Emanuele Daddi (CEA), uno dei sette ricercatori italiani che hanno partecipato allo studio

     31/08/2016

Immagine composita di CL J1001+0220, l’ammasso di galassie più distante, visibile nella costellazione del Sestante in banda X (osservatorio Chandra), infrarossa (telescopio UltraVISTA) e radio (ALMA). La scoperta sposta indietro il periodo di formazione di queste strutture, le più grandi dell’Universo, di circa 700 milioni di anni. Crediti: X-ray: NASA/CXC/Université Paris/T.Wang et al; Infrared: ESO/UltraVISTA; Radio: ESO/NAOJ/NRAO/ALMA

Una serie di osservazioni condotte da terra e dallo spazio con i maggiori telescopi hanno permesso di individuare l’ammasso di galassie più lontano, ottenendo così un nuovo record di distanza. Denominato con la sigla CL J1001+0220 (CL J1001 in breve), l’oggetto è a circa 11,1 miliardi di anni luce da noi e potrebbe trovarsi proprio nelle primissime fasi della sua infanzia: una breve e importante fase evolutiva di questa classe di oggetti che non è mai stata osservata prima. I risultati dello studio sono riportati su The Astrophysical Journal.

La scoperta di CL J1001 sposta indietro il periodo di formazione degli ammassi di galassie, le strutture più grandi dell’Universo tenute insieme dalla gravità, di circa 700 milioni di anni. «Questo ammasso di galassie giovane non è tanto interessante per la distanza a cui si trova, quanto per la sua fantastica crescita evolutiva, che non ha precedenti», spiega Tao Wang, della French Alternative Energies and Atomic Energy Commission (CEA), autore principale dello studio.

Il nucleo di CL J1001 contiene undici galassie massive, distribuite entro un raggio di 250 mila anni luce dal centro, nove delle quali stanno esibendo un impressionante tasso di formazione stellare equivalente a 3400 masse solari all’anno, un valore decisamente elevato per un ammasso di galassie così distante e giovane. Inoltre, l’emissione X diffusa rivelata dal telescopio spaziale per raggi X Chandra e dal satellite dell’ESA XMM-Newton proviene da una enorme quantità di gas caldo, una componente caratteristica che contraddistingue un vero e proprio ammasso di galassie.

«Pare che abbiamo colto CL J1001 in una fase critica, cioè nel momento in cui sta passando da una configurazione sporadica di galassie a un vero e proprio gruppo giovane e già consolidato di galassie», aggiunge David Elbaz della CEA, co-autore dello studio. Già studi precedenti hanno permesso di individuare a distanze maggiori di CL J1001 questi mancati raggruppamenti di galassie che sono noti come protoammassi.

I risultati del presente studio suggeriscono che le galassie ellittiche, presenti negli ammassi di galassie come CL J1001, possono formare stelle durante episodi più brevi e violenti di emissione di radiazione rispetto alle galassie ellittiche che si trovano al di fuori degli ammassi. In più, questa scoperta indica che gran parte delle stelle nascono una volta che le galassie fanno parte dell’ammasso stesso e non prima.

Gli autori hanno poi confrontato i risultati delle proprie osservazioni con alcune simulazioni numeriche sulla formazione degli ammassi di galassie realizzate da altri colleghi, trovando che CL J1001 possiede, sorprendentemente, un’elevata quantità di massa sotto forma di stelle rispetto alla massa totale dell’ammasso. Ciò potrebbe significare che la nascita di nuove stelle sia più rapida ed efficace negli ammassi di galassie distanti rispetto a quanto implicano le simulazioni, oppure potrebbe indicare che gli ammassi come CL J1001 sono così rari che non appaiono oggi nelle maggiori simulazioni cosmologiche.

«Penso che il risultato sia molto importante, non ci si aspettava una struttura cosi massiccia e con molte galassie già di grande massa a z = 2.5», spiega a Media INAF Emanuele Daddi della CEA,  co-autore dello studio. «Ovviamente con un solo oggetto non si può concludere in maniera accurata qual è l’abbondanza di strutture simili, rispetto alle previsioni dei modelli cosmologici, anche perché la massa totale del sistema rimane comunque incerta. Ad ogni modo, si tratta di una scoperta molto importante, perché finalmente vediamo una fase della formazione degli ammassi e galassie di ammasso che non era stata mai vista e nella quale quasi tutti gli oggetti nel nucleo ad alta densità stanno formando stelle con tassi prodigiosi. Da questo oggetto potremo capire meglio la relazione tra la formazione delle galassie massicce e quella delle strutture più grandi».

«Siamo convinti che ne sapremo ancora di più sulla formazione degli ammassi di galassie e sulle singole galassie che essi contengono studiando questo particolare oggetto», conclude Alexis Finoguenov dell’University of Helsinki, anch’egli fra i co-autori dello studio. «Il passo successivo, e quello più complicato, sarà trovare altri esempi come questo».

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