STUDIO SULL’ORIGINE DEGLI ELEMENTI PESANTI

Alla ricerca dell’oro stellare

Per comprendere l’origine degli elementi pesanti presenti in natura, come ad esempio l’oro, un team di scienziati statunitensi e tedeschi ha sviluppato un modello teorico che tiene conto dei dati osservativi e dei sistemi astrofisici progenitori più realistici: le esplosioni di supernova e le fusioni di stelle di neutroni

     31/03/2016
Nell’illustrazione una rappresentazione di due stelle di neutroni che si fondono tra loro. Questi processi sono tra i candidati più forti per la formazione di elementi pesanti nell’Universo. Crediti: Stephan Rosswog, Jacobs University di Brema.

Nell’illustrazione una rappresentazione di due stelle di neutroni che si fondono tra loro. Questi processi sono tra i candidati più forti per la formazione di elementi pesanti nell’Universo. Crediti: Stephan Rosswog, Jacobs University di Brema

Quando ci interroghiamo sull’origine dell’oro di cui sono fatti i nostri gioielli, le prime immagini che ci saltano alla mente sono miniere, spesso rintanate in paesi esotici e lontani. Beh, la realtà è che quell’oro viene da molto più lontano.

Comprendere l’origine degli elementi presenti in natura è una tra le sfide più difficili che stia affrontando la scienza in questi anni. Per capire come vengano sintetizzati gli elementi pesanti occorre analizzare sistemi estremamente complessi e interdisciplinari. Buona parte degli elementi pesanti presenti nell’Universo vengono prodotti attraverso la cattura di neutroni durante il cosiddetto processo r. Questo processo di nucleosintesi richiede alte densità di neutroni e riguarda nuclei particolarmente ricchi di neutroni, che non siamo ancora in grado di riprodurre in laboratorio.

Al momento ci sono due candidati forti, e in entrambi i casi si tratta di sistemi astrofisici. Il primo è una supernova, ovvero l’esplosione di una stella con una massa a partire da una decina di volte quella del Sole in su che alla fine della propria vita collassa su se stessa espellendo con violenza gli strati più esterni. Il secondo candidato è la fusione di due stelle di neutroni, un processo attraverso il quale due stelle piccole e incredibilmente dense si uniscono in una sola e rilasciano grandi quantità di detriti stellari.

Un team di ricercatori della Michigan State University (MSU) e della Technical University di Darmstadt in Germania ha concentrato la propria attenzione sull’annosa domanda circa l’origine degli elementi pesanti presenti in natura. In un articolo pubblicato di recente sulla rivista Physical Review Letters gli scienziati raccontano in dettaglio come hanno provato ad avvicinarsi a una risposta.

«In questo momento non abbiamo ancora una risposta univoca», dice Witold Nazarewicz, professore presso la MSU e co-autore dello studio. «Ma questo lavoro ci permetterà di indirizzare meglio i prossimi esperimenti e gli sviluppi teorici».

La linea colorata indica le abbondanze medie previste per eventi tipo fusione di stelle di neutroni (nel pannello in alto) o esplosioni di supernova (pannello in basso). I punti rappresentano le abbondanze osservate nel sistema solare. La banda grigia che circonda la linea colorata rappresenta le incertezze sistematiche elaborate dal lavoro teorico di Martin e colleghi. Crediti Martin et al. PRL

La linea colorata indica le abbondanze medie previste per eventi tipo fusione di stelle di neutroni (nel pannello in alto) o esplosioni di supernova (pannello in basso). I punti rappresentano le abbondanze osservate nel sistema solare. La banda grigia che circonda la linea colorata rappresenta le incertezze sistematiche elaborate dal lavoro teorico di Martin e colleghi. Crediti Martin et al. PRL

Utilizzando una serie di dati esistenti ed elaborando modelli teorici grazie a computer a elevate prestazioni di calcolo, i ricercatori sono riusciti a simulare la produzione di elementi pesanti attraverso entrambi i canali astrofisici più probabili: le esplosioni di supernove e le fusioni di stelle di neutroni.

Grazie alle loro simulazioni, i ricercatori sono riusciti a determinare le incertezze sistematiche legate ai modelli di massa per abbondanze di elementi osservabili in sistemi astrofisici realistici. Ciò che hanno scoperto è che i processi fisici che avvengono a livello nucleare hanno un impatto significativo sulle abbondanze prodotte.

«Il nostro lavoro ci permette di identificare le aree in cui condurre i prossimi esperimenti per ridurre le incertezze sui modelli», spiega Nazarewicz.

All’interno del campus gestito dalla MSU è attualmente in fase di costruzione il laboratorio FIRB (che sta per Facility for Rare Isotope Beams, in italiano struttura per fasci di isotopi rari). Questa innovativa struttura permetterà agli scienziati di condurre esperimenti su isotopi rari allo scopo di comprendere meglio la fisica dei nuclei, l’astrofisica nucleare, le interazioni fondamentali e di migliorare le numerose applicazioni pratiche di queste conoscenze, che vanno dalla medicina allo sviluppo tecnologico e industriale.

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