COLLABORAZIONE CAS-INFN

DAMPE: il nuovo cacciatore di materia oscura

Lanciato a 500 km di quota da una base cinese nel deserto di Gobi all'1:12 della notte, ora italiana, con i suoi quattro strumenti, uno dei quali realizzato a Perugia dall'INFN, DAMPE cercherà la sfuggente materia oscura in fotoni e particelle di origine cosmica che piovono incessantemente sulla Terra

     17/12/2015

DAMPE_LancioUna nuova missione ha appena lasciato la Terra, alla ricerca dell’inafferrabile materia oscura. Si tratta di DAMPE (DArk Matter Particle Explorer), partito dalla base di lancio cinese Jiuquan Satellite Launch Center nel deserto di Gobi, alle 8:12 del mattino ora locale, quando in Italia era ancora l’1:12 della notte. Spedito in orbita dall’Agenzia spaziale cinese a bordo del vettore Long March 2D, il satellite è frutto di un accordo di collaborazione internazionale tra l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) – con le sezioni di Perugia, Bari e Lecce -, la Chinese Academy of Sciences (CAS), le Università di Perugia, Bari e del Salento, e l’Università di Ginevra. DAMPE può essere considerato il figlio della linea di ricerca e tecnologia sviluppate congiuntamente da ASI ed INFN che ha dato luogo a PAMELA, AMS (01 e 02), e FERMI. Il satellite estenderà le misure già effettuate nello spazio da PAMELA, Fermi-LAT (Large Area Telescope) e AMS-02 (Alpha Magnetic Spectrometer), ancorata alla Stazione Spaziale Internazionale (ISS) dal 2011. Orbiterà a una quota di circa 500 km, dalla quale cercherà la sfuggente materia oscura nel flusso di raggi cosmici che piovono incessantemente sul nostro Pianeta.

«L’esperimento DAMPE è una missione per lo studio delle astroparticelle di alte energie, disegnata per rivelare elettroni e fotoni con una precisione e in un intervallo di energia maggiori di quanto possibile con gli strumenti attuali. Lo scopo – ha affermato Giovanni Ambrosi, della sezione INFN di Perugia, coordinatore nazionale dell’esperimento – è identificare possibili segnali della presenza di materia oscura studiando le caratteristiche delle particelle ordinarie misurate dal rivelatore. Le tecnologie utilizzate sono quelle più avanzate disponibili per la rivelazione di particelle elementari, spinte – sottolinea Ambrosi – a un livello di qualità e affidabilità estremo, per poter garantire una missione di lunga durata, almeno tre anni, nello spazio».

«Con il lancio di DAMPE, l’INFN vede riconosciuta internazionalmente la propria capacità di costruire rivelatori spaziali di altissima qualità – ha sottolineato Marco Pallavicini, presidente della commissione nazionale INFN per la fisica delle astroparticelle -. DAMPE sonderà il mistero della materia oscura, cercando particelle più pesanti di quelle osservabili con gli strumenti oggi in quota, e seguendo una via complementare alle ricerche dirette realizzate ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso». 

DAMPE_LAncio2L’ESPERIMENTO – Il satellite DAMPE è uno dei cinque progetti di missione spaziale del programma Strategic Pioneer Program on Space Science della CAS. Ha un peso complessivo di circa 1900 kg, di cui 1400 kg rappresentati dai quattro esperimenti scientifici. Una componente chiave del satellite è il tracciatore al silicio, interamente realizzato da ricercatori italiani con il coordinamento dell’INFN di Perugia. Per garantire l’affidabilità delle scelte costruttive e le prestazioni del rivelatore con i raggi cosmici, un modello di qualifica – del tutto analogo a quello impiegato in volo – è stato sottoposto prima del lancio a verifiche presso il CERN di Ginevra, nell’ambito di una campagna di test con fasci di elettroni, protoni e ioni, che si sono conclusi lo scorso giugno. Il rivelatore è stato poi completato ed è arrivato a Pechino, dove è stato assemblato con il resto dell’apparato, in vista del lancio di oggi.

«L’esperienza maturata in seno all’INFN nello sviluppo di rivelatori a microstrisce di silicio, in ambito spaziale, per il tracciamento di precisione delle particelle incidenti in DAMPE è stata determinante per vincere questa sfida – ha sottolineato Giovanni Ambrosi -. Una sfida che ha visto, in meno di due anni, la progettazione, costruzione, qualifica spaziale, e verifica con fasci di particelle, di un tracciatore composto da 12 piani di rivelatori di silicio».

DAMPE permetterà di misurare con grande accuratezza la direzione di arrivo dei fotoni cosmici e, allo stesso tempo, di differenziare le specie nucleari che compongono i raggi cosmici e la loro traiettoria. In particolare, misurerà elettroni e fotoni nell’intervallo di energie tra i 5 GeV (5 miliardi di elettronvolt) e i 10 TeV (diecimila miliardi di elettronvolt). Sarà anche in grado di misurare il flusso di nuclei con range tra 100 GeV e 100 TeV, fornendo quindi nuovi dati e indicazioni per capire l’origine e la propagazione dei raggi cosmici di alta energia.

«Grazie alle peculiari caratteristiche dei rivelatori a bordo di DAMPE, sarà possibile dare un contributo fondametale alla comprensione dei meccanismi di produzione e accelerazione della radiazione cosmica di origine galattica», ha spiegato Ivan De Mitri, dell’Università del Salento, e della sezione INFN di Lecce. «Per la prima volta – ha aggiunto Mario Nicola Mazziotta, della sezione INFN di Bari – viene messo in orbita uno strumento che migliorerà le potenzialità nella ricerca dei raggi gamma prodotti dall’annichilazione di particelle di materia oscura». «DAMPE continuerà la tradizione degli osservatori di raggi gamma e X nello spazio – ha detto Fabio Gargano, della sezione INFN di Bari -. I dati raccolti permetteranno agli scienziati di tutto il mondo di studiare i fenomeni di quello che è noto come Universo violento, e che hanno origine sia nella nostra galassia che al di fuori di essa». «Con la sua eccellente capacità di rivelare i fotoni, la missione DAMPE ha buone chance di effettuare nuove scoperte nel campo dei raggi gamma di alta energia. Dopo la messa in orbita – ha concluso Ambrosi – è di primaria importanza essere pronti a verificare il comportamento dello strumento appena arriveranno a terra i primi dati. Trascorse alcune settimane di verifica, il rivelatore dovrà, infatti, funzionare al massimo delle sue prestazioni per poter permettere al team di scienziati lo studio dei fotoni e delle particelle di origine cosmica».

LA MATERIA OSCURA – Siamo immersi in una materia che non conosciamo. Le osservazioni dell’universo suggeriscono che, oltre a quella ordinaria, ci sia nel cosmo un altro tipo di materia che ancora ci sfugge: la materia oscura. La sua massa piega le traiettorie della luce, come insegna la Relatività Generale di Einstein, mutando ai nostri occhi la posizione delle stelle, e rivelandoci indirettamente la sua presenza. Questa elusiva materia è, infatti, uno degli ingredienti base dell’universo: una sorta di ragnatela cosmica che tiene assieme le galassie. La stessa Via Lattea, ad esempio, secondo i modelli teorici più accreditati, sarebbe avvolta da un alone di materia oscura simile a una fitta nebbia. I fisici sanno che la materia oscura esiste, che non assorbe, né emette luce e che, finora, sembra non interagire con il nostro mondo, pur essendo cinque volte più abbondante della materia ordinaria che compone tutto ciò che conosciamo. Ma non sanno ancora quale sia la sua natura. Per questo, tentano da anni di scovarne le tracce, ad esempio in laboratori sotterranei ospitati nelle viscere di una montagna, come i Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN, o nel superacceleratore Large Hadron Collider (LHC) del CERN di Ginevra, o ancora nello spazio, proprio come farà DAMPE. Tra i possibili candidati come costituenti della materia oscura ci sono le cosiddette particelle WIMP (Weakly Interacting Massive Particle).

IL RUOLO DELL’ITALIA – Il gruppo di scienziati italiani di DAMPE, con il coordinamento dell’INFN di Perugia, comprende ricercatori dell’INFN e delle Università di Perugia, Bari e del Salento, a Lecce. Il loro sforzo principale in questi ultimi due anni è stato il disegno, la realizzazione e la verifica del rivelatore di tracce al silicio. La tecnologia di questo tipo di rivelatore – sviluppata originariamente negli anni ‘80 per gli esperimenti di fisica delle particelle elementari negli acceleratori – è stata utilizzata per la prima volta nello spazio proprio dai fisici italiani con l’esperimento AMS-01, che ha volato per dieci giorni sullo Space Shuttle Discovery nel 1998. Sono poi seguiti altri esperimenti – come Pamela e FERMI su satelliti, e AMS-02 sulla ISS – tutti operanti da anni in orbita attorno alla Terra. Il gruppo italiano ha, inoltre, fornito l’esperienza e le attrezzature necessarie per effettuare verifiche di funzionamento dell’intero apparato di DAMPE con fasci di particelle, presso il CERN di Ginevra. Completato lo sforzo per la costruzione dell’apparato sperimentale, i ricercatori italiani saranno nei prossimi mesi in prima linea nelle attività di studio delle prestazioni del rivelatore, e nella preparazione degli strumenti di analisi dati per lo studio dei flussi dei raggi cosmici, sia per gli elettroni che per gli ioni.

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