SCOPERTA PULSAR GRAZIE AD EINSTEIN@HOME

Nascosta… in bella vista

Una nuova pulsar e i gamma ray che emette è stata scoperta "nascosta" in bella vista tra i dati del Fermi Gamma-ray Space Telescope. Ad ottenere questo risultato un team internazionale guidato da ricercatori dell'Istituto Max Planck per la Fisica della Gravitazione (Albert Einstein Institute, AEI) di Hannover, in Germania. Ma non sarebbe stato possibile raggiungere tale obiettivo senza il progetto di volontariato Einstein@home. I migliorati metodi di analisi dei dati e la potenza di calcolo del progetto Einstein@Home sono stati, infatti, la chiave del loro successo

     07/08/2015
La mappa del cielo di  Fermi-LAT con l'area della recente scoperta della pulsar PSR J1906 + 0722 con diverse altre pulsar a raggi gamma. La scala di colori mostra l'intensità dei raggi gamma. Il quadrato tratteggiato al centro racchiude la posizione della pulsar

La mappa del cielo di Fermi-LAT con l’area della recente scoperta della pulsar PSR J1906 + 0722 con diverse altre pulsar a raggi gamma. La scala di colori mostra l’intensità dei raggi gamma. Il quadrato tratteggiato al centro racchiude la posizione della pulsar

Una nuova pulsar associata all’emissione di raggi gamma  è stata scoperta “nascosta” in bella vista tra i dati del Fermi Gamma-ray Space Telescope. Ad ottenere questo risultato un team internazionale guidato da ricercatori dell’Istituto Max Planck per la Fisica della Gravitazione (Albert Einstein Institute, AEI) di Hannover, in Germania. Ma non sarebbe stato possibile raggiungere tale obiettivo senza il progetto di volontariato Einstein@home. I migliorati metodi di analisi dei dati e la potenza di calcolo del progetto Einstein@Home sono stati, infatti, la chiave del loro successo.

La sorgente di raggi gamma su cui è stata fatta la scoperta era pensata essere una pulsar fin dal 2012, grazie alle osservazioni del Large Area Telescope (LAT) a bordo del satellite della NASA Fermi, e per anni è stata tra le più brillanti sorgenti di gamma ray burst del catalogo Fermi-LAT (vedi Media INAF). Ma le emissioni non erano mai state associate con la sorgente. «Tutti ritenevano che la fonte ora nota come PSR J1906 + 0722 fosse una pulsar. Ma la parte difficile è stato quella di dimostrarlo, grazie al fatto che i fotoni di raggi gamma mantengono l’impronta di rotazione della pulsar e vengono rilevati secondo quel ritmo nascosto. Molti avevano provato prima, ma senza alcun risultato», spiega Holger Pletsch, co-autore della ricerca pubblicata su The Astrophysical Journal Letters.

Non c’è ancora, infatti, una approfondita conoscenza del ritmo delle pulsar e questo obbliga ad una attenta analisi dei dati per evitare di farsi sfuggire i segnali che vi sono nascosti: «E ‘un po’ come cercare il proverbiale ago nel pagliaio, solo che prima non sappiamo nemmeno come sia esattamente il nostro ago», dice Colin Clark, autore principale della pubblicazione.

Il team di ricercatori ha usato un nuovo algoritmo “adattivo” per riuscire ad ottimizzare la ricerca della sorgente tra i dati del LAT ed è risultato che il nuovo metodo di ricerca si rilevasse esattamente ciò che era necessario per andare a fondo dell’enigma della PSR J1906 + 0722. La sua posizione nel cielo è infatti ai confini della regione coperta dalla griglia di osservazione di Fermi, ma l’algoritmo è stato pensato perché considerasse un margine di sicurezza esterno alla griglia. E’ per questo motivo che precedentemente non era stata trovata.

«La storia di PSR J1906+0722 è molto istruttiva – commenta Patrizia Caraveo, tra gli autori dell’articolo e responsabile INAF per la missione Fermi –  perché dimostra quante cose possono andare storte nell’identificazione di una sorgente gamma. In questo caso, la vicinanza (e l’inevitabile confusione) con un’altra sorgente avevano inquinato le informazioni sulla posizione, rendendo più difficile la ricerca alla cieca di una pulsazione. In più, la mancanza di una controparte X, che abbiamo inutilmente cercato nei dati Swift, non aveva permesso di restringere il campo della ricerca. La prima avvisaglia di segnale pulsato era debole e instabile perché la stella di neutroni ha avuto un “sussulto” tra i più grandi mai registrati proprio nel mezzo dei sei anni di osservazione Fermi che sono stati analizzati. Una sequenza di difficoltà che sono state vinte grazie alla potenza di calcolo ed ai nuovi algoritmi messi in campo dai colleghi tedeschi». «Sono sicura – conclude Patrizia Caraveo – che l’esperienza accumulata sarà preziosa per risolvere i problemi dell’identificazione delle molte sorgenti gamma che sono ancora in lista d’attesa».

Ma il numero di calcoli necessari per la scoperta avrebbero portato via anni se fossero stati eseguiti con un singolo computer. Fondamentale quindi è stato il ruolo del progetto Einstein@home, la messa in condivisione da parte di migliaia di volontari del proprio computer quando non utilizzato: «Siamo molto grati a tutti i volontari. Il loro prezioso contributo ha reso possibile la nostra scoperta», conclude Holger Pletsch.

Leggi l’articolo: http://iopscience.iop.org/2041-8205/809/1/L2/