C’È UNA SUPERSTELLA PRIMA DEL BUCO NERO

Lampi gamma, un film girato al contrario

Il processo che dà origine ai GRB corti potrebbe avvenire con un’inversione temporale rispetto a quanto ritenuto. Lo suggerisce uno studio dell’Università di Trento e del Max Planck. Marica Branchesi: «È un modello che apre a nuovi scenari osservativi per le onde gravitazionali»

     16/02/2015
Tre fasi del modello di  emissione di short-GRBs messo a punto da Ciolfi e Siegel. La sigla NS sta per la stella supermassiva, mentre BH è il nuco nero. Fonte: http://arxiv.org/abs/1411.2015

Tre fasi del modello di emissione di short-GRBs messo a punto da Ciolfi e Siegel. La sigla NS sta per la stella supermassiva, mentre BH è il nuco nero. Fonte: http://arxiv.org/abs/1411.2015

Non cosa, ma quando. Capita spesso che un enigma si risolva come per incanto, non perché siano giunti nuovi indizi, ma semplicemente perché siamo riusciti a ribaltare la domanda. Potrebbe essere il caso del problema dei lampi di raggi gamma corti, gli short-GRB: esplosioni cosmiche violentissime – in grado di rilasciare una quantità d’energia pari a due milioni di trilioni di trilioni di megatonnellate di tritolo – dovute, pensano gli scienziati, alla formazione di un buco nero a seguito della fusione di due stelle di neutroni. Un fenomeno maestoso, relativamente raro e ancora avvolto da parecchi punti di domanda. Primo fra tutti: perché all’iniziale e repentina – meno di due secondi – produzione d’un lampo gamma (il gamma-ray burst che dà il nome a questi eventi, appunto), fa seguito un’emissione di raggi X che può durare a lungo, anche diverse ore?

Un problema, questo, sul quale i teorici dei GRB si arrovellano da anni. Una possibile soluzione arriva ora da un giovane ricercatore, Riccardo Ciolfi, assegnista di ricerca del Dipartimento di Fisica dell’Università di Trento, e dal suo collaboratore Daniel Siegel, studente di dottorato al Max Planck Institute for Gravitational Physics. I quali, più che fare ipotesi su cosa accada quando viene emesso un lampo gamma, si sono chiesti in che ordine avvengano le cose.

Già, perché fino a oggi davano tutti per scontato che l’emissione in banda X (più debole) avvenisse successivamente a quella in banda gamma (più energetica), come in effetti osservato da telescopi come quello a bordo del satellite Swift della NASA, il cacciatore di GRB per eccellenza. Ma i modelli matematici messi a punto al computer da Ciolfi e Siegel raccontano un’altra storia. Una storia che ha per protagonista, oltre alla coppia di stelle di neutroni e al buco nero che si forma dalla loro fusione, una stella ipermassiva che farebbe la sua comparsa effimera – da pochi minuti a poche ore, in base a quanto a lungo è in grado di resistere all’inevitabile collasso gravitazionale – in una fase intermedia, fra il primo e il secondo atto. L’anello mancante per spiegare quell’emissione X così protratta.

Cosa c’entra, dunque, questa superstella ipermassiva, quest’inatteso oggetto di transizione, con il flusso di raggi X? Come riporta lo studio pubblicato su The Astrophysical Journal Letters, secondo il modello è proprio la superstella a generare l’energia che darà origine all’emissione X. Solo che quest’energia non fuoriesce subito: rimane intrappolata nella densa nube di materia ed energia – conseguenza dei potentissimi campi magnetici in atto – che avvolge la stella stessa. Quando la superstella collassa, dando origine al buco nero, ecco che viene emesso il lampo gamma, sotto forma di un getto prorompente in grado d’attraversare indisturbato persino la nube. Dunque la radiazione gamma viene prodotta dopo quella X, ma viene rilasciata prima, a causa appunto del ritardo introdotto all’azione della nube. Un ritardo, notano gli autori dello studio, compatibile con la lunga durata della radiazione X che si osserva a seguito dell’esplosione di lampi gamma.

Un aspetto cruciale di questa ricostruzione temporale alternativa è che potrebbe essere presto sottoposta a verifiche osservative grazie ai nuovi strumenti per la rilevazione di onde gravitazionali. «Il modello di Ciolfi e Siegel», sottolinea infatti Marica Branchesi, ricercatrice all’Università di Urbino “Carlo Bo” e associata INAF, «è estremamente interessante, non solo perché spiega l’emissione elettromagnetica in gamma e in X di molti gamma ray burst corti, ma perché apre a nuovi scenari osservativi per le onde gravitazionali, la cui rivelazione  potrebbe confermare in maniera schiacciante il modello stesso. Fino a ora l’emissione di onde gravitazionali e l’emissione gamma sono state sempre considerate contemporanee, ovvero durante la fase finale di coaelescenza di un sistema binario di stelle di neutroni e collasso gravitazionale in un buco nero. Questo nuovo modello prevede la formazione di una stella di neutroni supermassiva che può sopravvivere per diversi minuti, spostando il collasso gravitazionale in avanti nel tempo. I rivelatori di onde gravitazionali avanzati, Virgo e LIGO, che inizieranno a osservare il cielo tra quest’anno e il prossimo, potranno quindi rivelare un’emissione di onde gravitazionali e mandare velocemente un’allerta ai satelliti di alta energia. E se verrà osservato un flash gamma, non ci saranno più dubbi che la coalescenza di due stelle di neutroni dà vita ai gamma ray burst corti».

Per saperne di più:

Leggi su The Astrophysical Journal Letters l’articolo “Short gamma-ray bursts in the “time-reversal” scenario“, di Riccardo Ciolfi e Daniel M. Siegel