STAR TREK IN LABORATORIO

Un nastro trasportatore spaziale

Un fisico della NASA cerca di creare in laboratorio bolle spaziotemporali che riproducano le condizioni createsi nell'Universo nella fase di inflazione. Per verificare se sarebbe possibile usarle per spingere un veicolo spaziale a velocità superiori a quelle della luce. Come il "warp drive" di Star Trek.

     23/07/2013
Il fisico della NASA Harold White (credit: New York Times)

Il fisico della NASA Harold White (credit: New York Times)

Che alla NASA ci sia qualche fan di Star Trek non è poi così sorprendente. Chissà quante vocazioni spaziali sono nate davanti a quello e altri classici della fantascienza. Che l’agenzia americana investa una parte (molto piccola, a dire il vero) del suo budget su un’idea che sembra uscita proprio dalla sceneggiatura del telefilm stupisce un po’ di più. Eppure il progetto a cui sta lavorando Harold White, fisico e specialista di sistemi di propulsione per la NASA, somiglia proprio al “warp drive” che consente ai protagonisti di Star Trek di viaggiare tra passato e futuro sfruttando la curvatura dello spazio-tempo. White lavora in un bizzarro laboratorio “galleggiante” al Johnson Space Center, sospeso su un sistema di piloni pneumatici che lo schermano da qualunque vibrazione esterna. Lì cerca di capire se viaggiare a velocità superiore a quella della luce sia, almeno teoricamente, possibile, tentando di ricreare in laboratorio quello che avvenne durante la prima fase di espansione dell’Universo: l’inflazione.

“L’Universo si è espanso nei 13 miliardi di anni dopo il Big bang” ha spiegato White al New York Times “e sappiamo che alcuni modelli cosmologici prevedono periodi di inflazione esplosiva, durante i quali due punti nello spazio potevano allontanarsi tra di loro a velocità superiore a quella della luce. La Natura può farlo, la domanda è: noi potremmo mai farlo?”.

Usando un laser, una fotocamera, alcuni specchi e dei condensatori elettrici, White e i suoi collaboratori cercano di piegare leggermente la traiettoria dei fotoni che compongono la luce laser applicando un campo elettromagnetico. In poche parole, cercano di influenzare la curvatura dello spazio tempo lungo la traiettoria del fotone in modo che percorra una maggiore distanza, pur viaggiando sempre alla stessa velocità. Gli effetti che cercavano di osservare sono talmente piccoli che qualunque vibrazione, comprese le auto di passaggio, disturbava gli esperimenti: da qui la necessità di usare il laboratorio ammortizzato, isolato da qualunque vibrazione ambientale.

Lo stravagante esercizio di White si basa sul lavoro teorico di Miguel Alcubierre, che nel 1994 teorizzò la possibilità di viaggiare a velocità superiori a quelle della luce, senza violare il ben noto postulato di Einstein, a patto di avere un sistema di propulsione in grado di creare una bolla spazio temporale attorno all’immaginaria navicella spaziale: insomma, un sistema per innescare una mini espansione inflazionaria dell’Universo a comando in una certa zona dell’Universo. In questo modo, una ipotetica navicella spaziale verrebbe spinta lontano dalla Terra e verso una stella lontana dallo stesso spazio tempo, a velocità potenzialmente superiori a quelle della luce. Quella di Alcubierre era pura teoria, che si scontrava con molti paradossi. Ma White si è messo in testa di verificare se esista qualche possibilità di tradurla in pratica, realizzando quello che egli stesso descrive come una sorta di tapis roulant per astronavi. Ovviamente non ha nessuna ambizione di sperimentare vere e proprie tecnologie di lancio: quello che cerca di fare è verificare se sia possibile creare e misurare strumentalmente una bolla spazio temporale come quelle previste da Alcubierre: in laboratorio, e su piccola scala.

La NASA non ci spera troppo, ma ha accettato di dargli una mano: gli ha messo a disposizione circa 50 mila dollari per acquistare attrezzature, ha riaperto per lui quel laboratorio galleggiante che era servito tanto tempo fa per i test degli Apollo, e il Vicedirettore del Johnson Space Center Steve Stich, ha detto laconicamente al New York Times: “Si deve sempre guardare al futuro”. E ha aggiunto, indicando il suo telefonino: “Quarant’anni fa anche questo sarebbe sembrato roba da Star Trek”.