LA MIGLIOR VISTA SULL’INTERNO DELLA LUNA DI GIOVE

Se guardo Europa da un oblò

Qual è il sito ideale per cercare eventuali forme di vita nell’oceano d’acqua salata che si nasconde sotto la superficie ghiacciata di Europa? La risposta arriva dall’analisi dei dati raccolti dieci anni fa dalla sonda NASA Galileo. E potrà servire a pianificare missioni future come JUICE.

     15/04/2013
In queste mappe d’Europa, la relazione, su cinque aree della luna, fra la quantità d’energia depositata dal bombardamento di particelle cariche e il contenuto chimico dei depositi di ghiaccio presenti in superficie. Crediti: NASA / JPL-Caltech / Univ. di Ariz. / JHUAPL / Univ. di Colo

In queste mappe d’Europa, la relazione, su cinque aree della luna, fra la quantità d’energia depositata dal bombardamento di particelle cariche e il contenuto chimico dei depositi di ghiaccio presenti in superficie. Crediti: NASA / JPL-Caltech / Univ. di Ariz. / JHUAPL / Univ. di Colo

È una luna vivace, il satellite gioviano Europa. Al di sotto della sua superficie ghiacciata pare ormai certo che scorra un profondo oceano d’acqua salata, oceano che suscita enorme interesse in quanto potenziale habitat per forme di vita. Al di sopra, invece, è sferzata da un costante flusso di particelle energetiche, con le quali condivide l’orbita attorno a Giove. Ed è proprio la curiosa dinamica di questo flusso a rendere alcune zone della superficie di Europa più adatte di altre per tentare di capire cosa si nasconda nel sottosuolo. Finestre privilegiate, insomma, sul suo oceano sotterraneo. Dunque obiettivo privilegiato d’un’eventuale missione verso il satellite (verso cui si dirigeranno sia la missione Juice dell’ESA che una futura missione della NASA). Ma dove si trovano, queste finestre? E perché proprio lì?

Per rispondere, occorre considerare che Europa viaggia col vento in poppa. Questo perché se l’orbita della luna e del flusso di particelle è la stessa, la velocità è ben diversa: a Europa occorrono circa 3.6 giorni per compiere una rivoluzione attorno a Giove, mentre al campo magnetico che guida il flusso di particelle bastano 10 ore. Ciò significa che le particelle colpiscono Europa alle spalle: se Europa fosse un’automobile, spiega la NASA con un’efficace similitudine, e il flusso di particelle uno sciame d’insetti, quest’ultimi non si spiaccicherebbero sul parabrezza, bensì sul lunotto posteriore.

Ora, poiché Europa, esattamente come la Luna con la Terra, volge verso Giove sempre la stessa faccia, il parabrezza e il lunotto della similitudine corrispondono in effetti a due aree ben distinte della sua superficie: quelle che gli scienziati hanno battezzato come “emisfero anteriore” (leading) ed “emisfero posteriore” (trailing). Ed è su quest’ultimo, come dicevamo, che il flusso di particelle imperversa. Si tratta di particelle cariche piuttosto eterogenee: oltre agli elettroni, ci sono ioni di zolfo e ossigeno provenienti dalle eruzioni vulcaniche in corso su Io, altra luna di Giove che si trova nei paraggi.

Tutte, comunque, particelle provenienti dall’esterno di Europa. Al contrario di quanto accade sull’emisfero anteriore, virtualmente isolato dal bombardamento del flusso di particelle, e dunque molto più indicato per raccogliere indizi di quanto proviene dall’interno della luna, e in particolare dal suo oceano sotterraneo. Ipotesi ora confermata da uno studio, pubblicato su Planetary and Space Science, guidato da Brad Dalton, del JPL. Analizzando i dati spettrometrici nel vicino infrarosso raccolti una decina d’anni fa, su cinque aree della superficie di Europa, dalla sonda Galileo della NASA, i ricercatori hanno avuto la conferma d’una distribuzione non uniforme fra zone con acqua relativamente incontaminata e zone nelle quali prevalgono invece le sostanze chimiche generate dal bombardamento del flusso di particelle.

«La stretta correlazione dei flussi di ioni ed elettroni con le concentrazioni di acido solforico idrato indica che la chimica della superficie di Europa è influenzata da queste particelle cariche», spiega Dalton. «Se dunque volessimo indagare la composizione e l’abitabilità del oceano interno, i migliori siti su cui concentrarci sarebbero quelle regioni dell’emisfero anteriore che abbiamo visto ricevere il minor numero di elettroni, e che presentano le concentrazioni di acido solforico più basse».

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