VIAGGIANO A OLTRE 100MILA KM/H

Proiettili di plasma scaldano la corona solare

Scoperti graze a osservazioni ad alta risoluzione del telescopio spaziale Iris della Nasa, i cosiddetti pseudo-shock possono giocare un ruolo importante nel processo di riscaldamento dello strato più esterno dell'atmosfera della nostra stella. Nel team internazionale di ricercatori che ha condotto lo studio, anche Marco Stangalini dell'Inaf

     08/10/2018

Imagine a disco intero ripresa dal Solar Dynamics Observatory (Sdo/Aia) della Nasa l’8 Ottobre 2014 alle ore 14:22 Ut. Il riquadro in alto a destra mostra uno pseudo-shock osservato dalla missione Interface Region Imaging Spectrograph (Iris) della Nasa. Nel pannello in basso a destra la simulazione numerica multi-fluido di uno pseudo-shock mostra caratteristiche analoghe a quelle osservate

Come dei veri e propri proiettili, grumi di plasma vengono scagliati alla velocità di oltre 100 mila chilometri orari dalla fotosfera solare – ovvero il guscio della nostra stella dove emergono le macchie – e raggiungono lo strato più esterno dell’atmosfera del Sole, la corona, trasferendole così materia ed energia. In gergo tecnico questo fenomeno prende il nome di pseudo-shock: ad osservarlo per la prima volta, grazie alle riprese ad alta risoluzione dell’atmosfera solare realizzate dal telescopio spaziale Iris (Interface Region Imaging Spectrometer) della Nasa , è stato un gruppo internazionale di ricercatori guidato da Abhishek Kumar Srivastava dell’Indian Institute of Technology (Bhu), India e a cui ha partecipato anche Marco Stangalini dell’Istituto Nazionale di Astrofisica a Roma.

«Questa scoperta fornisce importanti elementi riguardo un nuovo processo di dinamica del plasma, noto come pseudo-shock, che agisce come una importante sorgente di energia nelle regioni attive del Sole, contribuendo in modo significativo alle alte temperature della corona solare» commenta Stangalini, che è coautore dell’articolo pubblicato oggi sulla rivista Nature Astronomy. «Tale scoperta ancora una volta dimostra come l’osservazione del Sole ad alta risoluzione ci permetta non solo di comprendere meglio la nostra stella, ma anche di sfruttare il Sole stesso come straordinario laboratorio di fisica dei plasmi, osservando direttamente processi alle scale spaziali di interesse».

L’atmosfera più esterna del Sole, la corona, dista solamente alcune centinaia di km dalla “fredda”  fotosfera (che si trova a circa 6 mila gradi), eppure la sua temperatura raggiunge valori dell’ordine del milione di gradi. Il motivo di questo aumento della temperatura rappresenta uno degli aspetti più intriganti ed enigmatici della fisica solare e dell’astrofisica. La spiegazione di questo fenomeno è celata nella complessità dei campi magnetici e della dinamica del plasma nell’atmosfera del Sole e assume particolare importanza anche in riferimento alla possibilità di ricreare sulla Terra le condizioni per la fusione controllata e la generazione di energia “pulita”.

Marco Stangalini

Negli ultimi anni, numerose osservazioni da Terra e dallo spazio hanno fornito importanti elementi per spiegare il riscaldamento coronale. Due sono i principali meccanismi ritenuti responsabili delle elevate temperature coronali. Il primo è conosciuto con il nome di riconnessione magnetica ed è legato alla dissipazione di correnti elettriche, mentre il secondo è legato alla presenza di onde magneto-idrodinamiche nelle strutture magnetiche del Sole. E proprio la propagazione di onde di plasma di un tipo mai visto prima emerge dalle nuove immagini ad alta risoluzione dell’atmosfera solare ottenute da Iris, che mostrano la presenza diffusa di pseudo-shock intorno a una macchia solare. Tali shock rappresentano una significativa fonte di energia e di massa che raggiunge la corona solare e possono essere considerati come un ulteriore importante contributo al riscaldamento della corona.

«Questa scoperta fornisce un nuovo orizzonte per la comprensione della fisica dell’atmosfera solare e sottolinea l’importanza dell’alta risoluzione spaziale e temporale nello studio di processi dinamici del plasma solare a piccola scala, che verrà maggiormente esplorato nei prossimi anni grazie ai nuovi telescopi di grande diametro come Dkist, Est e Nlst, e alle missioni spaziali come Parker Solar Probe, Solar Orbiter, Aditya-L1- prosegue Stangalini. Gli pseudo-shock furono notati la prima volta nel 1958 dal ricercatore italiano Luigi Crocco in flussi di fluidi supersonici decelerati a velocità subsoniche all’interno di condotti, qui sulla Terra. Ora li abbiamo “ritrovati” per la prima volta sul Sole, osservando direttamente la sua atmosfera».

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