ANALIZZATA DAL TELESCOPIO NAZIONALE GALILEO

Ferro e titanio: l’atmosfera infernale di Kelt-9b

In orbita stetta attorno a una stella a 650 anni luce da noi, il gigante gassoso ha una temperatura elevatissima: oltre 4000 gradi. La rilevazione dei metalli è avvenuta grazie allo strumento Harps-N del Tng. Fra gli autori dello studio, pubblicato oggi su Nature, c’è anche Emilio Molinari, direttore dell’Inaf di Cagliari

     15/08/2018

Rappresentazione artistica di Kelt-9b. Crediti: Denis Bajram

Si respira aria pesante, su Kelt-9b. A leggerne gli ingredienti, più che un’atmosfera pare un ferramenta: ferro e titanio. Entrambi allo stato gassoso. A scoprirlo è stato lo spettrografo Harps-N in dotazione al Tng, il Telescopio nazionale Galileo dell’Inaf alle Canarie, nell’osservatorio dell’isola di La Palma, a 2400 metri di altitudine sull’Oceano atlantico. I risultati sono pubblicati oggi su Nature in uno studio guidato da Jens Hoeijmakers dell’università di Ginevra e firmato, fra gli altri, dal direttore dell’Osservatorio astronomico dell’Inaf di Cagliari, Emilio Molinari.

La scoperta di Kelt-9b risale allo scorso anno ed è opera di un team americano che indagò su una stella chiamata Kelt-9 e situata a 650 anni luce dalla Terra, nella costellazione del Cigno. Con una temperatura di oltre 10mila gradi in superficie, la stella Kelt-9 è quasi due volte più calda del Sole e ha una massa di poco più del doppio. Intorno a questa stella gialla, dalle dimensioni molto comuni nella nostra galassia, orbita appunto questo gigantesco mondo gassoso, Kelt-9b: pur avendo quasi tre volte la massa di Giove, Kelt-9b gira vorticosamente intorno alla sua stella: essendole vicinissimo – appena 5 milioni di km, un trentesimo della distanza fra la Terra e il Sole – lassù un “anno” dura solo 36 ore. Tutto questo spiega la sua altissima temperatura superficiale: oltre 4.000 gradi. Non è caldo come il Sole, ma è comunque più caldo di molte stelle come, per esempio, le nane rosse.

Fin qui era arrivato lo studio americano, di per sé abbastanza clamoroso. Su Kelt-9b si sono poi concentrate le ricerche di un team guidato da ricercatori dell’università di Ginevra, team che si è avvalso dei fisici teorici dell’università di Berna e degli astrofisici del Tng per approfondire l’osservazione tramite spettrografia. I teorici di Berna hanno prima di tutto simulato matematicamente l’atmosfera del pianeta in base ai dati fisici fino a quel momento conosciuti, arrivando così a prevedere che a quella temperatura si sarebbe potuto trovare del ferro allo stato gassoso, praticamente sotto forma di atomi liberi, non facenti parte di molecole complesse.

Le osservazioni eseguite con Harps-N hanno ora confermato questo sospetto. Grazie alla scomposizione dello spettro elettromagnetico, sulla superficie della calda e impenetrabile atmosfera di Kelt-9b si sono effettivamente potute individuare le righe del ferro. E, a sorpresa, si è osservato anche il titanio, anch’esso allo stato essenziale per via della scissione dei legami atomici dovuta alla collisione di particelle molto calde ed energetiche.

Emilio Molinari

Lo spettrografo Harps-N – acronimo di High Accuracy Radial velocity Planet Searcher North, strumento con un gemello ‘S’ nell’emisfero meridionale, in Cile – è stato installato sul Tng nel 2012, quando a guidare il gioiello tecnologico dell’Inaf c’era Emilio Molinari, oggi direttore dell’Osservatorio astronomico dell’Inaf di Cagliari. «Queste osservazioni sono nate da una richiesta sporadica di tipo ”Ddt” – director’s discretionary time, ovvero condotta in intervalli di tempo concessi a discrezione del direttore – che ha richiesto solo una notte di osservazioni, in quanto mirava a un progetto definito e molto preciso. Il risultato è stato spettacolare e dimostra, come abbiamo verificato negli ultimi anni, quanto sia importante la flessibilità per questo tipo di strumenti», dice Molinari. «Osservazioni di questo tipo, rapide, su un target preciso, vengono spesso richieste improvvisamente e con urgenza per seguire qualche fenomeno che in poche ore potrebbe non lasciare più traccia di sé. Per questo è importante che sia gli strumenti che i relativi team tecnici e scientifici siano sempre pronti a eventi di questo genere che sono, per la verità, sempre più frequenti».

Ma come si è riusciti a osservare realmente l’atmosfera di un oggetto così piccolo e così lontano? A oggi, l’unico modo è un’osservazione in “transito”, ovvero durante uno dei passaggi del pianeta tra la stella ospite e le lenti del telescopio osservatore. Durante il transito, una piccola frazione della luce proveniente dalla stella filtra attraverso l’atmosfera del pianeta e l’analisi di questa luce filtrata può rivelare la composizione chimica dell’atmosfera e trovare gli elementi presenti, in questo caso ferro e titanio.

Il Tng è dotato anche di un ulteriore spettrografo, appena costruito, chiamato Giano: uno strumento che lavora a lunghezze d’onda dell’infrarosso ed è in grado di affiancare le osservazioni aumentando le “firme” atmosferiche che potranno essere rivelate. «Ci sono diversi gruppi interessati a osservare questo pianeta con il Telescopio nazionale Galileo, perché è l’unico che ha entrambi gli strumenti. Strumenti che possono osservare contemporaneamente. Sapere e potere reagire in modo flessibile a eventi di questo genere è una qualità che non tutti gli osservatori hanno, e averla può produrre risultati davvero notevoli», conclude Molinari.

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