DETRITI SPAZIALI O “FOSSILI” DA STUDIARE?

Scoperta una famiglia d’asteroidi antichissimi

Uno studio pubblicato oggi su ”Science” esamina la dimensione e le traiettorie degli asteroidi nella Fascia principale, scoprendo un’antichissima “famiglia” che rivela la distribuzione dei planetesimi agli albori del Sistema solare. Abbiamo intervistato il primo autore, Marco Delbo'

     03/08/2017

Marco Delbo’, primo autore dello studio uscito su Science, è nato nelle campagne di Novi Ligure (AL) ed è attualmente di ricercatore del Cnrs presso il Laboratoire Lagrange dell’Observatoire de la Cote d’Azur di Nizza, in Francia

Quattro miliardi e mezzo di anni fa, il Sistema solare era composto solamente da un vortice di materiali in orbita attorno al Sole. Queste polveri e gas si sono aggregati a formare planetesimi e, nel corso di miliardi di anni, i pianeti che conosciamo. Un processo che ha lasciato dei residui: gli asteroidi che compongono la Fascia principale, situata tra l’orbita di Marte e quella di Giove. Un nuovo studio, guidato da Marco Delbo’ dell’Observatoire de la Cote d’Azur di Nizza, in Francia, rivela nuove informazioni riguardo a un’antichissima “famiglia” di asteroidi, e conduce a una maggiore comprensione del processo di formazione dei pianeti.

Nato nelle campagne di Novi Ligure, in provincia di Alessandria, dove ha tuttora il telescopio costruito da suo padre Silvano, meccanico, prima di approdare al Cnrs francese Delbo’ ha studiato fisica all’università di Genova, ha ottenuto il dottorato in Germania, alla Freie Universitaet, e ha lavorato come tecnico di analisi dati all’Inaf  di Torino. Lo abbiamo intervistato.

I materiali che compongono gli asteroidi sono tra i più antichi residui del processo di formazione dei pianeti del Sistema solare, tramite l’accrescimento di parti più piccole. Quale è la teoria corrente più accreditata per descrivere questo processo?

«Che i pianeti si formino in dischi di polveri e gas intorno a stelle appena nate è ormai un dato di fatto. Così si pensa sia stato anche per il nostro Sistema solare, 4 miliardi e 567 milioni di anni fa. Ma come si passa dalle polveri ai pianeti non è ancora del tutto chiaro. I migliori scienziati al mondo – tra i quali il mio collega Alessandro Morbidelli – si cimentano su questo problema. Sappiamo che in una prima fase si formano dei planetesimi i quali formano i pianeti in seguito a mutue collisioni costruttive e grazie ad un processo di pebble accretion, dove questi planetesimi aumentano di massa raccogliendo particelle solide di qualche centimetro, o decimetro, che si formano nel disco. Ma varie teorie invocano diversi meccanismi di accrescimento e diverse dimensioni di questi planetesimi. Fortunatamente, alcuni di questi planetesimi sono rimasti intatti fino ai giorni nostri nella cintura degli asteroidi, ma fino ad ora nessuno era riuscito a capire quali sono questi asteroidi originali e quali invece sono gli asteroidi creati per rottura degli asteroidi originali».

Quindi gli asteroidi che osserviamo oggi non hanno tutti la stessa età?

«Secondo le più moderne teorie di formazione degli asteroidi e secondo i più recenti dati sperimentali, non tutti gli asteroidi che osserviamo oggi si sono formati al momento iniziale del Sistema solare. Molti asteroidi sono membri di “famiglie collisionali”, cioè sono oggetti che si sono formati pochi istanti dopo una collisione tra asteroidi. Durante queste collisioni, l’asteroide “padre” viene frammentato. In alcuni casi le collisioni sono così violente che la frammentazione è totale, per cui l’asteroide padre viene distrutto. I vari frammenti tendono a riaccumularsi formando una distribuzione di asteroidi più piccoli del padre. Sono questi i membri di una famiglia collisionale. Il punto è che ci sono famiglie un po’ di tutte le età. Per cui ci sono asteroidi più giovani e asteroidi più vecchi».

Come è possibile determinare quali asteroidi appartengono a diverse “famiglie”?

«Bella domanda… I membri di una famiglia sono asteroidi che hanno inizialmente orbite “vicine” e formano dei gruppi. Varie tecniche matematiche sono state sviluppate negli anni per identificare i diversi gruppi di asteroidi nello spazio degli elementi orbitali. I padri di queste ricerche sono – o sono stati – proprio dell’Inaf: Vincenzo Zappalà (oggi in pensione), Andrea Milani e Alberto Cellino. Diverse famiglie formano gruppi distinti. Ma come una famiglia invecchia, il raggruppamento si disperde e diventa più difficile riconoscere una famiglia dalle quelle vicine, perché le orbite dei differenti gruppi di asteroidi si sovrastano. Noi abbiamo usato metodo differente: ogni membro di famiglia si allontana dal centro della famiglia in un modo che dipende dalla sua dimensione – gli asteroidi più piccoli si spostano più velocemente e vanno più lontano dei grandi. Quindi, cercando una correlazione tra dimensione e distanza (quella che chiamiamo V-shape), si può vedere la forma delle famiglie più vecchie».

La famiglia di asteroidi particolarmente antichi che avete studiato è localizzata in una parte specifica della Fascia o è distribuita uniformemente?

«La famiglia primordiale di asteroidi che abbiamo scoperto si trova nella cosiddetta parte interna della fascia principale degli asteroidi. Ovvero, gli asteroidi membri di questa famiglia hanno orbite i cui semiassi maggiori sono compresi tra 2.1 e 2.5 unita astronomiche (una unita astronomica è uguale alla distanza media tra la Terra ed il Sole, cioè circa 150 milioni di km). Questa è una delle famiglie di asteroidi più vaste, o diffuse, come più precisante andrebbe detto».

E qual è la dimensione media di questi asteroidi?

«La dimensione media degli asteroidi per cui siamo sicuri che siano membri della nostra famiglia è 11.5 km. Ma questi oggetti hanno dimensioni che vanno da 42 km a circa 3.7 km».

Gli asteroidi sono quindi oggetti relativamente piccoli, e riflettono poca luce: che metodi avete usato per osservarli?

Non abbiamo eseguito osservazioni astronomiche noi stessi. La nostra scoperta si basa sui risultati prodotti da vari osservatori e telescopi e tutti pubblicati nella letteratura scientifica. Il contributo più importante viene dal telescopio spaziale Wise della Nasa, che osserva il cielo nelle lunghezze d’onda dell’infrarosso, e dal team NeoWise di Amy Mainzer e Joe Masiero. Il team ha fatto un lavoro favoloso nell’usare i dati di Wise per determinare diametri e albedo di più di 100mila asteroidi. Senza il lavoro di NeoWise, la nostra scoperta non sarebbe stata possibile. Quello che noi abbiamo fatto, e questa è una novità, è stato mettere assieme i risultati di Wisecon quelli provenienti da tanti altri lavori ed osservazioni. Abbiamo costruito un database di proprietà fisiche di asteroidi che prima non esisteva. Questo database sarà presto disponibile per tutti su internet».


Per saperne di più:

Correzione del 7.8.2017: la frase iniziale “Queste polveri e gas, nel corso di miliardi di anni, si sono aggregati a formare prima planetesimi e, poi, i pianeti che conosciamo” è stata modificata in “Queste polveri e gas si sono prima aggregati a formare planetesimi e, nel corso di miliardi di anni, i pianeti che conosciamo”, così da esplicitare che sono i soli pianeti, e non i planetesimi, a formarsi lentamente.