INGANNEVOLI SONO LE GALASSIE LINERS

Nane bianche in abito nero

Si travestono da buchi neri supermassicci. Alla scoperta, presentata oggi da Francesco Belfiore all’AAS227, in Florida, hanno preso parte tre astrofisici italiani tutti quanti all’estero: oltre allo stesso Belfiore, Claudia Maraston e Roberto Maiolino, che Media INAF ha intervistato

     08/01/2016
Una delle galassie LINERs osservate dalla survey MaNGA. Avendo scoperto che l'emissione non proviene solo dal nucleo, la 'N' dell'acronimo si può togliere, dicono gli scienziati, e le galassie diventano LIERs: per l'appunto, ingannevoli. Crediti: Jennifer Johnson (The Ohio State University) and the SDSS Collaboration

Una delle galassie LINERs osservate dalla survey MaNGA. Avendo scoperto che l’emissione non proviene solo dal nucleo, la ‘N’ dell’acronimo si può togliere, dicono gli scienziati, e le galassie diventano LIERs: per l’appunto, ingannevoli. Crediti: Jennifer Johnson (The Ohio State University) and the SDSS Collaboration

Va bene confondersi, ma scambiare una nana bianca per un gigante nero – vale a dire, una debole stellina per un buco nero supermassiccio – non è un po’ troppo? A quanto pare no, visto che per venire a capo della vicenda c’è voluto uno strumento ad hoc, MaNGA (Mapping Nearby Galaxies at Apache Point Observatory), in grado di produrre dati spettroscopici per un’intera galassia in un colpo solo. I risultati – presentati oggi in anteprima da Francesco Belfiore (dottorando a Cambridge, nel Regno Unito) al 227esimo meeting dell’AAS, l’American Astronomical Society, e già sottoposti per la pubblicazione a MNRAS – riescono finalmente a spiegare l’origine enigmatica della luce proveniente da galassie a noi vicine chiamate LINERs, acronimo per Low-Ionization Nuclear Emission-line Regions.

«Sono galassie abbastanza massicce, che non presentano più formazione stellare, e la cui emissione non è dovuta al riscaldamento da parte di stelle giovani. Si pensava che fosse dovuta al disco di accrescimento di un buco nero supermassiccio, con un tipo di accrescimento abbastanza basso. Questa era l’interpretazione più diffusa fino a poco tempo fa», spiega ai microfoni di Media INAF Roberto Maiolino, fra i protagonisti della scoperta, fino al 2011 associato all’Osservatorio astronomico dell’INAF di Roma e ora professore a Cambridge, nel Regno Unito, e al Kavli Institute for Cosmology. «Quello che invece è emerso dalle nostre osservazioni è che questa emissione di bassa ionizzazione, in queste galassie più o meno quiescenti, è in realtà estremamente estesa».

«Ora sappiamo che le nane bianche, e non i buchi neri centrali, spiegano queste osservazioni», dice Belfiore. «E sapere che le responsabili sono le nane bianche ci avvicina molto di più a comprendere in che modo le galassie vadano in pensione, abbandonando la loro attività di formazione stellare».

In che senso? «Fino a quando si attribuiva l’emissione a un buco nero in accrescimento, la diminuzione di formazione stellare veniva a sua volta attribuita all’effetto del buco nero in accrescimento, che avrebbe spazzato via il gas dal mezzo interstellare. Questa nuova scoperta», osserva Maiolino, «suggerisce invece che le galassie si spengano in maniera molto più graduale, e probabilmente a seguito di una mancanza di gas che non arriva più alla galassia dal mezzo circumgalattico. Vale a dire, esaurita la loro riserva di gas, stanno morendo. E la loro popolazione di stelle giovani viene gradualmente soppiantata da stelle di generazione vecchia».

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