IL CASO DI DOAR44. I RISULTATI SU APJ LETTERS

Vapor acqueo dove non te l’aspetti

Gli astronomi hanno rivelato la presenza di vapor acqueo nelle zone più interne di un disco protoplanetario nel sistema stellare DoAr44. Le osservazioni, realizzate con il Gemini North Telescope, suggeriscono che l’emissione di vapor acqueo si origina da circa 0,3 UA, la regione più interna del disco dove cioè si possono formare pianeti di tipo terrestre

     15/09/2015
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Illustrazione artistica di un disco protoplanetario di ‘pre-transizione’. Il presente studio ha rivelato la presenza di vapore acqueo nelle regioni più interne del disco. Crediti: NASA/JPL-CALTECH

Il disco protoplanetario che circonda DoAr44 è per molti aspetti alquanto ordinario. Ma uno studio recente, pubblicato su Astrophysical Journal Letters, suggerisce che esiste del vapor acqueo nelle zone più interne del disco, una scoperta che rappresenta la prima di questo tipo.

Gli astronomi ritengono che DoAr44 sia un disco protoplanetario di “transizione”: in altre parole, la struttura è stata parzialmente ripulita dai piccolissimi granelli di polvere nelle regioni più interne del disco. Secondo gli autori, questo processo è dovuto alle interazioni dinamiche con un protopianeta che si trova nel disco: in questo modo, è lo stesso pianeta che contribuisce a “pulire” il disco creando una zona priva di materiale man mano che esso orbita attorno alla stella. I dischi protoplanetari classici che circondano stelle giovani di piccola massa spesso contengono vapore acqueo, ma i dischi di transizione sono tipicamente “aridi”: nessun vapor acqueo viene rivelato nelle regioni più interne del disco. Ciò è dovuto, molto probabilmente, al fatto che il vapore acqueo viene facilmente decomposto dalla radiazione ultravioletta (UV) emessa dalla stella giovane e calda. Una volta che le regioni più interne del disco vengono ripulite dalla polvere, il vapore acqueo non viene più schermato dalla radiazione UV, perciò il disco diventa arido.

Ecco l’eccezione: DoAr44. In questo sistema stellare, le regioni più interne del disco non sono completamente pulite dalla polvere: in questo caso si parla di disco protoplanetario di “pre-transizione”. Qui è presente un anello più interno che si estende fino a 2 unità astronomiche (UA), una zona di vuoto tra 2 e 36 UA, e quindi la parte più esterna del disco. Ciò che rende peculiare DoAr44 è che si tratta dell’unico disco noto dotato di una enorme regione di vuoto interna che ospita quantità rilevabili di vapore acqueo. La domanda è: dov’è localizzato questo vapore acqueo?

La figura illustra schematicamente le differenze tra un disco protoplanetario classico, un disco di ‘pre-transizione’ e un disco di ‘transizione’. Crediti: Catherine Espaillat

Gli autori, guidati da Colette Salyk del NOAO e del Vassar College, hanno esaminato il sistema stellare utilizzando lo strumento Texas Echelon Cross Echelle Spectrograph (TEXES), uno spettrografo installato presso il Gemini North Telescope. I ricercatori hanno scoperto che l’emissione di vapor acqueo si origina da circa 0,3 UA, cioè dalla regione più interna del disco, dove si possono formare possibilmente pianeti di tipo terrestre.

Pare che la schermatura prodotta sia dalla polvere che dall’acqua stessa abbiano protetto il vapor acqueo dalla violenta radiazione stellare, perciò gli autori hanno costruito un modello per descrivere questo processo di schermatura in modo da studiare la composizione delle regioni più interne del disco. Essi concludono che DoAr44 abbia mantenuto delle condizioni fisiche e chimiche simili a quelle che caratterizzano i dischi protoplanetari ordinari, in particolare nelle regioni interne dove per l’appunto si possono formare pianeti di tipo terrestre, anziché aver formato una enorme regione priva di materia.

Come mai DoAr44 ha mantenuto il suo vapore acqueo a differenza di altri dischi di transizione? Gli autori ipotizzano che il gas può migrare attraverso la zona di vuoto rifornendo così le zone più interne del disco a partire dalle regioni più esterne. Il passo successivo sarà ora quello di pianificare ulteriori osservazioni per meglio comprendere la struttura globale del disco protoplanetario e per derivare eventuali implicazioni legate alla presenza di pianeti terrestri nel disco stesso.

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