L’IPOTESI TEORICA SU ANNALS OF PHYSICS

Un wormhole chiamato Via Lattea

Un gruppo internazionale di ricercatori, che ha coinvolto anche la Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati di Trieste, porta avanti questa ipotesi teorizzando l'esistenza di tunnel spazio-temporali magari grandi anche come la nostra galassia

     21/01/2015
Simulazione di un wormhole. Crediti: Davide e Paolo Salucci, della SISSA di Trieste

Simulazione di un wormhole. Crediti: Davide e Paolo Salucci, della SISSA di Trieste

Ricordate il famoso wormhole di cui tanto si è parlato per il film campione d’incassi Interstellar? Si tratta di un trucchetto della relatività generale, come ha scritto qualche tempo fa Giovanni Bignami, presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), commentando proprio il film a cui ha collaborato il fisico teorico Kip Thorne.

Alcuni ricercatori, tra cui anche un esperto della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste, Paolo Salucci, hanno portato alla comunità scientifica la loro proposta: la Via Lattea potrebbe essere un wormhole, quindi un cunicolo spazio-temporale per poter viaggiare nello spazio. E se ciò fosse vero allora la nostra galassia sarebbe, come dicono i due studiosi, “stabile e navigabile”. L’ipotesi è stata avanzata in uno studio pubblicato su Annals of Physics e condotto proprio con la partecipazione della SISSA. Salucci ha detto: «Se uniamo la mappa realizzata sulla materia oscura nella Via Lattea con il più recente modello del Big Bang per spiegare la i primi momenti dell’Universo e si ipotizza l’esistenza dei tunnel spazio-temporali (ndr, appunto i wormhole) ciò che otteniamo è che la nostra galassia potrebbe davvero contenere uno di questi tunnel e che potrebbe anche essere grande come la galassia stessa». Secondo l’astrofisico «potremmo anche viaggiare attraverso questo tunnel dal momento che, in base ai nostri calcoli, potrebbe essere navigabile». Insomma, proprio come quello che nel film apparirebbe vicino al pianeta Giove.

L’esistenza di questi cunicoli, che vengono chiamati anche Ponti di Einstein-Rosen, non è ancora stata provata e finora si tratta solo di teorie  – che ben si prestano a finire in qualche film sui viaggi spaziali come l’ultimo di Christopher Nolan. Anche se solo di recente hanno riguadagnato la luce dei riflettori, gli astrofisici e i fisici teorici hanno studiato questi tunnel per anni, si può dire sin dal 1916 quando lo scienziato Ludwig Flamm li teorizzò per la prima volta. Salucci ha spiegato ironicamente: «Quello che abbiamo cercato di fare nel nostro studio è stato risolvere l’equazione a cui l’astrofisica ‘Murph’ (ndr – personaggio nel film e figlia del protagonista) stava lavorando. Chiaramente lo abbiamo fatto molto prima che il film uscisse».

Di certo si tratta di un’affermazione che può far discutere e creare “fazioni” tra gli scienziati. Salucci infatti ha spiegato: «Ovviamente non pretendiamo che la nostra galassia sia sicuramente un wormhole, ma diciamo semplicemente che, secondo i modelli teorici, questa ipotesi esiste». E ha sottolineato che «in linea di principio, potremmo effettuare dei test con due galassie – la nostra galassia e un’altra molto vicina come, per esempio, la Nube di Magellano – ma siamo ancora molto lontani da qualsiasi possibilità effettiva».

Per adesso gli astrofisici si sono limitati a combinare le equazioni sulla relatività generale con una mappa molto dettagliata della distribuzione della materia oscura nella Via Lattea: «la mappa l’abbiamo ottenuta con uno studio condotto nel 2013», ha aggiunto Salucci dicendo anche che «la nostra ricerca è interessante perché propone una riflessione più complessa sulla materia oscura», mistero che a lungo gli esperti hanno cercato (e cercano ancora oggi) di svelare. «La materia oscura – ha concluso Salucci – potrebbe essere un’altra dimensione, forse anche un importante sistema di trasporto galattico».

Per saperne di più:

Clicca QUI per leggere lo studio: “Possible existence of wormholes in the central regions of halos”, di Farook Rahaman, P. Salucci, P.K.F. Kuhfittig, Saibal Ray e Mosiur Rahaman