L’ANALISI DI PATRIZIA CARAVEO

Hawking: i buchi neri non esistono

Su Nature News si annuncia un lavoro in attesa di pubblicazione firmato dal grande Hawking nel quale l'affermazione che il buco nero non fa scappare nulla, in base alla fisica quantistica, potrebbe non essere più vera. E con un po' di provocazione è stato detto che per Hawking il buco nero non esiste

     26/01/2014
Crediti immagine: NASA/JPL-Caltech

Crediti immagine: NASA/JPL-Caltech

I buchi neri sono una sorgente infinita di argomenti di discussione sia per gli astrofisici che cercano di osservarli, sia per i teorici, che cercano di spiegarli attraverso la relatività generale e la fisica quantistica. Hawking è uno degli esponenti di maggior rilievo della seconda categoria e ogni sua opinione va presa nel debito conto, anche perché lui sui buchi neri ha fatto moltissimo.

Dopo avere studiato a lungo ciò che succede intorno all’orizzonte degli eventi, il limite invalicabile tra il dentro e il fuori di un buco nero, adesso cerca di superare questo concetto trasformando il muro in una barriera fluttuante che potrebbe anche essere superata. Poter attraversare l’orizzonte degli eventi permetterebbe di risolvere il paradosso dell’informazione, un paradosso creato dalla perdita di informazione che si verifica ogni qual volta la materia cade in un buco nero. In ultima analisi, questo è in contrasto con la seconda legge della termodinamica perché la perdita di informazione porterebbe ad una diminuzione dell’entropia dell’Universo.

Considerando cosa succede intorno all’orizzonte degli eventi, anni fa, Hawking aveva proposto un meccanismo per generare coppie di particelle quantisticamente entangled (la radiazione di Hawking) una delle quali cade nel buco nero mentre l’altra fugge via, portando via una piccolissima parte dell’energia del buco nero. Per trasportare informazione la particella che se ne va dovrebbe rompere il suo entanglement con l’altra particella, processo che creerebbe un firewall intorno all’orizzonte degli eventi.

Una situazione esemplificata nel famoso esperimento virtuale che si chiede cosa potrebbe succedere ad un eventuale astronauta che avesse la malaugurata idea di avvicinarsi all’orizzonte degli eventi. Morirebbe perchè spaghettificato dalla gravità mostruosa oppure verrebbe incenerito dal firewall?

Adesso Hawking propone una terza via (non certo per salvare l’astronauta) che utilizza le fluttuazioni quantistiche della sua radiazione. All’orizzonte degli eventi si formerebbe uno strato turbolento di radiazione di Hawking che permetterebbe la fuga di una frazione delle particelle ed il trasferimento di informazione dal dentro al fuori. Non più un orizzonte invalicabile, ma un orizzonte oscillante.

Hawking ha proposto questa idea in una conferenza che ha tenuta nell’agosto 2013 via skype ad un meeting al Kavli Institute for Theoretical Physics a Santa Barbara, California, che ora è un preprint intitolato ‘Information preservation and weather forecasting for black holes’ disponibile in arXiv.

Il lavoro, che su Nature News viene descritto come piuttosto vago, non è ancora stato accettato, ma quale referee avrebbe il coraggio di opporsi al grande Hawking?

Preservare la seconda legge della termodinamica è rassicurante ma, più prosaicamente, quali sarebbero le conseguenze di questo strato turbolento per quelli che i buchi neri cercano di studiarli attraverso la radiazione che emettono al di là dell’orizzonte degli eventi (invalicabile o oscillante che sia) ?

L’articolo di Hawking