PERCHÈ VENERE E TERRA SONO TANTO DIVERSI

Separati alla nascita

Uno studio su Nature spiega come due pianeti tanto simili quanto Venere e la Terra possano avere avuto evoluzioni così diverse. La chiave è ovviamente la distanza dal Sole, e in particolare il modo in cui il calore solare ha influenzato il tempo necessario perché la superficie dei due pianeti solidificasse. Con il commento di Diego Turrini (INAF).

     29/05/2013

venus_magellanGemelli diversi, ma perché così diversi? Venere e Terra erano quasi sicuramente due pianeti molto simili alla nascita: entrambi rocciosi, di dimensioni paragonabili e più o meno nella stessa zona del Sistema solare. Eppure guardate quanto diversi sono diventati: la Terra coperta d’acqua per la maggior parte, e con una gradevole atmosfera che ci permette di essere qui a parlarne. Venere caldissimo, arido e dall’atmosfera irrespirabile. Attraverso quali processi i due pianeti sono diventati così diversi? Risponde, su Nature di questa settimana, una ricerca guidata da Keiko Hamano dell’Università di Tokyo. I ricercatori giapponesi propongono un semplice modello, applicabile anche ad altri sistemi planetari, per spiegare come pianeti rocciosi dalla composizione simile ma che orbitano a diverse distanze dalla loro stella possano finire aridi in un caso, coperti d’acqua nell’altro, senza bisogno di altri fattori a differenziarne l’evoluzione.

Che la diversa distanza dal Sole sia la chiave per capire le diverse storie di Venere e Terra, può sembrare una considerazione ovvia. E in effetti, spiega Diego Turrini dell’Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali (IAPS) dell’INAF, “che ci fosse un legame tra la posizione di un pianeta e la sua evoluzione è sempre stato chiaro. Ma la domanda era: in che modo entra in gioco la distanza? Potrebbe influenzare il tempo di formazione di un pianeta, che a sua volta ne determina la storia geologica. Oppure, Venere e Terra potrebbero esseri trovati in regioni del sistema solare in cui il meccanismo che ha portato acqua sui pianeti (essenzialmente il bombardamento di comete, ndr) funzionava con efficienza diversa. L’interesse di questo studio è che fornisce una spiegazione molto naturale di come due pianeti così simili possano avere avuto evoluzioni così diverse”.

L’idea è che non sia tanto il tempo o la regione di formazione in sé a modificare l’evoluzione di un pianeta, quanto il modo in cui la distanza determina un diverso comportamento dell’atmosfera. Vediamo come. La Terra e Venere dovevano essere molto simili all’inizio della loro storia, per le prime decine o centinaia di milioni di anni del Sistema solare. Entrambi si sono formati da processi di accrescimento caratterizzati da giganteschi impatti, che provocavano la fusione della crosta fino a creare oceani di magma sulla superficie. Una volta finita la stagione degli impatti, quegli oceani di magma hanno iniziato a solidificare, allo stesso tempo creando una densa atmosfera fatta di vapore acqueo. È a questo punto che le storie dei due pianeti avrebbero iniziato a differenziarsi, per effetto del diverso irraggiamento di luce solare.

Per il pianeta più vicino alla stella, che riceve più calore, l’atmosfera caldissima e saturata fa da tappo intrappolando il calore sulla superficie. A causa di questo effetto, ci vuole molto più tempo perché il magma solidifichi e il pianeta si raffreddi, probabilmente centinaia di milioni di anni in più. I ricercatori hanno individuato una distanza critica, che per il sistema solare cade proprio poco più in là dell’orbita di Venere, entro la quale il flusso di energia che raggiunge il pianeta dalla stella è più alto del calore che il pianeta riesce a dissipare. Quindi l’oceano di magma ci mette più tempo a solidificare, e in quel tempo il vapore acqueo, che non fa a tempo a condensare e tornare allo stato liquido, si perde nello spazio. Quando la superficie finalmente solidifica, l’acqua è già sparita.

Oltre la distanza critica (dove si trova l’orbita terrestre) il calore dissipato è invece più del calore in arrivo dalla stella: insomma il bilancio netto del calore è in perdita, il che permette al magma di solidificare abbastanza in fretta, e al vapore acqueo nell’atmosfera di raffreddarsi e formare oceani di acqua liquida sulla superficie solida che nel frattempo si è formata.

“Facendo una analogia grezza, perché in realtà le cose sono molto più complicate, è un po’ come quando l’acqua bolle in una pentola, e il vapore si condensa” spiega Turrini. “Se si spegne il fuoco e l’acqua si raffredda abbastanza rapidamente, il vapore condensa e torna nella pentola. Ma se continua ad arrivare calore, il vapore scappa via e alla lunga l’acqua finisce”.

Il valore del modello non si esaurisce nella spiegazione della storia di Terra e Venere, ma può servire anche a fare previsioni su pianeti extrasolari. “Il vantaggio di questo modello è che è generale” spiega Turrini. “Una volta fissata la dimensione della stella, e stimato l’irraggiamento del pianeta, il modello può essere scalato ad altri sistemi, e può fornire previsioni sull’evoluzione dei pianeti in qualunque sistema planetario. Per esempio aiutarci a ipotizzare se su un pianeta la superficie è ancora fusa o no. Però ci sono due problemi: i ricercatori giapponesi suggeriscono che alcuni gas potrebbero funzionare da traccianti e indicare la presenza di un’atmosfera particolarmente calda. Ma l’atmosfera stessa potrebbe funzionare da schermo e non farci vedere quei gas. Inoltre, in molti casi l’età della stella, che è determinante per il modello, non la possiamo conoscere con grande precisione”.