All’inizio sembrava un segnale normale. Lo avevano registrato per la prima volta nell’ottobre del 2020 con la Zwicky Transient Facility (Ztf). Proveniva dalla galassia Leda 145386, a circa 120 milioni di anni luce da noi. Ma il 4 gennaio 2024, sempre osservandolo con la Ztf, gli astronomi hanno rilevato nella stessa sorgente un notevole incremento di luminosità. Un fenomeno di rebrightening: quello che si dice un transiente ottico. E lo hanno chiamato Tde 2020afhd, dove le prime tre lettere stanno per tidal disruption event: un evento di distruzione mareale, ovvero ciò che si verifica quando una stella si avvicina a un buco nero e viene lacerata dalle forze mareali. In queste circostanze, parte della materia della stella va a formare attorno al buco nero un cosiddetto disco d’accrescimento, una struttura caldissima che emette intense radiazioni.
Eventi di questo genere sono spesso fonti preziose d’informazioni su ciò che accade nei dintorni d’un buco nero. Un team di astronomi guidato da Yanan Wang, ricercatrice all’Accademia cinese delle scienze, ha dunque messo rapidamente in piedi una campagna di osservazione coordinata a livello internazionale mobilitando diversi telescopi, dallo spazio e da terra, per un monitoraggio frequente e a più lunghezze d’onda della sorgente, durato oltre un anno. A tenere d’occhio Tde 2020afhd dallo spazio sono stati i telescopi per raggi X Swift, Nicer e Xmm-Newton, mentre le osservazioni da terra sono state affidate ai radiointerferometri Vla, Atca, e-Merlin e Vlba, integrate dai dati ottici dei telescopi cinesi Xinglong (da 2,16 metri) e Lijiang (da 2,4 metri), ottenendo così una copertura completa dell’evento in tutte le lunghezze d’onda.
Dall’analisi dei dati è emerso un comportamento sorprendente: circa 215 giorni dopo l’evento, la curva di luce in raggi X ha mostrato una pronunciata oscillazione quasi periodica con un periodo di circa 19,6 giorni e notevoli variazioni in ampiezza, oltre dieci volte. Variabilità riscontrata anche in banda radio, dove è risultata superiore a 4 volte e ben sincronizzata con le variazioni in banda X.
I risultati, pubblicati ieri su Science Advances, offrono la prova a oggi più convincente della cosiddetta co-precessione tra il disco di accrescimento di un buco nero e il suo getto. «Il comportamento quasi periodico di grande ampiezza e su più bande che abbiamo osservato indica chiaramente che il disco di accrescimento e il getto stanno “precessando” come un sistema coordinato», dice Wang. «È come se “vedessimo” il sistema del buco nero oscillare ritmicamente, con il suo disco di accrescimento e il getto che salgono e scendono all’unisono».

Rappresentazione artistica della campagna osservativa di Tde 2020afhd con un grafico delle oscillazioni quasi periodiche registrate. Crediti: Jingchuan Yue
E a guidare questa co-precessione fra disco e getto è probabilmente l’effetto Lense-Thirring, un fenomeno di trascinamento del sistema di riferimento previsto dalla relatività generale di Einstein. «Il recente risultato della nostra campagna osservativa in banda radio e X su questo evento Tde», spiega infatti uno dei coautori dello studio, Ranieri Baldi, ricercatore all’Inaf Ira di Bologna, «offre una testimonianza diretta di un possibile fenomeno relativistico fondamentale: la precessione dovuta all’effetto Lense-Thirring. La rotazione del buco nero centrale trascina lo spaziotempo circostante, imprimendo al disco di accrescimento e al getto lanciato perpendicolarmente al disco una lenta ma coerente rotazione, tale da generare variazioni osservabili nella luce X (dal disco) e radio (dal getto) emessa. Inoltre, il moto precessionale fa sì che il getto attraversi periodicamente la nostra linea di vista: un vero e proprio “effetto faro” che ne aumenta la luminosità apparente e rende ancora più evidente la firma di questo comportamento relativistico».
«Questo eccellente risultato», conclude un’altra coautrice dello studio, Francesca Onori dell’Inaf d’Abruzzo, «mostra non solo le grandi potenzialità di un’adeguata strategia osservativa in multibanda nello studio dei transienti, ma anche come i Tde siano dei potenti strumenti per studiare i fenomeni legati all’accrescimento di materia attorno a buchi neri supermassicci dormienti, che altrimenti non sarebbero visibili agli astronomi».
Per saperne di più:
- Leggi su Science Advances l’articolo “Detection of disk-jet co-precession in a tidal disruption event”, di Yanan Wang, Zikun Lin, Linhui Wu, Weihua Lei, Shuyuan Wei, Shuang-Nan Zhang, Long Ji, Santiago del Palacio, Ranieri D. Baldi, Yang Huang, Jifeng Liu, Bing Zhang, Aiyuan Yang, Rurong Chen, Yangwei Zhang, Ailing Wang, Lei Yang, Panos Charalampopoulos, David R. A. Williams-Baldwin, Zhu-Heng Yao, Fu-Guo Xie, Defu Bu, Hua Feng, Xinwu Cao, Hongzhou Wu, Wenxiong Li, Erlin Qiao, Giorgos Leloudas, Joseph P Anderson, Xinwen Shu, Dheeraj R. Pasham, Hu Zou, Matt Nicholl, Thomas Wevers, Tomas E. Muller-Bravo, Jing Wang, Jianyan Wei, Yu-Lei Qiu, Weijian Guo, Claudia P. Gutierrez, Mariusz Gromadzki, Cosimo Inserra, Lydia Makrygianni, Francesca Onori, Tanja Petrushevska, Diego Altamirano, Lluis Galbany, Miguel Perez-Torres e Ting-Wan Chen







