È l’immagine del mese di ottobre, catturata dal telescopio spaziale James Webb. La protagonista è la nebulosa planetaria Ngc 6537, nota anche come Nebulosa del Ragno Rosso, e lo scatto ne rivela la struttura di straordinaria complessità. Grazie alla Near-Infrared Camera (Nircam), Webb ha potuto svelare dettagli mai osservati prima di questa affascinante creatura cosmica.
Le nebulose planetarie nascono quando stelle simili al Sole giungono alle fasi finali della loro vita. Dopo essersi espanse fino a diventare giganti rosse, queste stelle espellono i loro strati esterni nello spazio, lasciando scoperto il nucleo incandescente. La radiazione ultravioletta emessa dalla stella centrale ionizza il gas circostante, facendolo brillare. Questa fase è tanto effimera quanto splendida, e dura solo poche decine di migliaia di anni.

L’immagine mostra una grande nebulosa planetaria. La stella centrale è nascosta da una nuvola irregolare di polvere dal colore rosato. Da quest’area si irradia una forte luce rossa, che illumina la polvere circostante. Due grandi anelli di gas molecolare, rappresentati in blu, si estendono diagonalmente dal centro fino agli angoli dell’immagine. Sullo sfondo, un grande numero di stelle luminose e biancastre ricopre la scena, chiaramente visibili anche attraverso i sottili strati di polvere. Crediti: Esa/Webb, Nasa & Csa, J. H. Kastner (Rochester Institute of Technology)
La stella al centro della Nebulosa del Ragno Rosso è ben visibile in questa immagine, brillando appena più intensamente delle ragnatele di gas e polvere che la avvolgono. Grazie alla sensibilità della Nircam di Webb, è stato possibile rivelarne la natura estremamente calda e luminosa. Nelle immagini ottiche, come quelle ottenute dal telescopio spaziale Hubble della Nasa, la stella appare debole e di colore blu. Nelle osservazioni della Nircam, invece, assume una tonalità rossa. Questo perché Webb, operando nel vicino infrarosso, ha individuato un velo di polvere calda che circonda la stella centrale, probabilmente distribuito in una struttura a disco in orbita attorno ad essa.
Sebbene nel cuore della nebulosa sia visibile una sola stella, è possibile che accanto ad essa si nasconda una compagna. La presenza di un sistema binario potrebbe spiegare la particolare morfologia della nebulosa, con la sua forma a vita stretta e i vasti flussi di materia che si estendono verso l’esterno. Questa struttura a clessidra non è un caso isolato: la si ritrova anche in altre nebulose planetarie, come la Nebulosa Farfalla, recentemente osservata anch’essa dal telescopio spaziale James Webb.
La nuova immagine mostra per la prima volta l’intera estensione dei lobi allungati della Nebulosa del Ragno Rosso, che formano le caratteristiche “zampe” da cui deriva il suo nome. Questi lobi, visibili in blu, sono delineati dalla luce emessa dalle molecole di idrogeno molecolare H₂, formate da due atomi di idrogeno legati insieme. Estendendosi per tutto il campo visivo della Nircam, i lobi appaiono come strutture chiuse, simili a bolle, ognuna delle quali si estende per circa tre anni luce. Il gas che fuoriesce dal centro della nebulosa ha gonfiato queste immense bolle nel corso di migliaia di anni.
Le nuove osservazioni di Webb mostrano che il gas continua a essere espulso attivamente dal centro della nebulosa. Una caratteristica struttura allungata a forma di ‘S’, visibile in viola e centrata sul cuore della nebulosa, segue l’emissione proveniente dagli atomi di ferro ionizzato. Questa forma suggerisce la presenza di un getto ad alta velocità che, emergendo nei pressi della stella centrale, ha colliso contro il materiale precedentemente espulso, scolpendo nel tempo l’attuale struttura ondulata della nebulosa.
Le osservazioni utilizzate per realizzare questa immagine provengono dal programma Go n. 4571. Il suo obiettivo è studiare i processi che modellano le nebulose planetarie bipolari, come la Nebulosa del Ragno Rosso, e indagare come i flussi e i getti di materia emessi dalle stelle nei loro nuclei contribuiscano a definire la forma di queste nebulose. Grazie a ricerche come queste, il telescopio James Webb continua a offrire nuove prospettive sulla fine del ciclo vitale stellare, rivelando con straordinaria precisione come le stelle plasmino l’ambiente cosmico che le circonda.






