La nostra conoscenza dei mondi al di fuori del Sistema solare continua a procedere a ritmo serrato. In appena trent’anni siamo passati dalla scoperta del primo pianeta extrasolare alla prima mappa in 3D dell’atmosfera di uno di questi mondi, il gioviano ultra-caldo Wasp-18b, pubblicata la settimana scorsa su Nature Astronomy. Un risultato reso possibile da uno strumento straordinario qual è il telescopio spaziale James Webb (Jwst), e in particolare dal suo spettrografo Niriss, che consente misure di spettroscopia a singolo oggetto senza fenditura, modalità pensata proprio per lo studio della composizione delle esoatmosfere.

Rappresentazione artistica di Wasp-18b, un gigante gassoso classificato come gioviano ultra-caldo. Crediti: Nasa/Jpl-Caltech
Prima mappa in 3D, dicevamo. Già nel 2023, sempre grazie alle misure di Webb, era stata prodotta una mappa dell’atmosfera di Wasp-18b, ma in quel caso si trattava di una mappa 2D – latitudine e longitudine. Sfruttando l’analisi spettrale della luce del pianeta, la nuova analisi riesce ad aggiungere anche l’altitudine. Un risultato che ha dell’incredibile, considerando che Wasp-18b si trova a quasi 400 anni luce da noi. Straordinario è anche ciò che emerge dalla ricerca: nelle regioni più calde dell’atmosfera del pianeta, la temperatura è tale da dissociare l’idrogeno e l’ossigeno del vapor d’acqua.
Tutto questo analizzando e confrontando a più lunghezze d’onda le minuscole dentellature presenti nelle curve di luce del transito del pianeta – una tecnica nota come spectroscopic eclipse mapping, o mappatura spettroscopica delle eclissi. In particolare, le dentellature relative alle cosiddette “eclissi secondarie”, vale a dire i cali di luce che si registrano quando il pianeta transita dietro alla stella, facendo venire meno il contributo della sua luce riflessa, che può così essere ricostruita per differenza, nonostante si tratti di un contributo irrisorio rispetto all’emissione accecante della stella.
«La mappatura dell’eclissi ci permette di ottenere immagini di esopianeti che non possiamo vedere direttamente, perché le loro stelle ospiti sono troppo luminose», ricorda Ryan Challener, ricercatore postdoc al Dipartimento di astronomia della Cornell University (Usa) e primo autore dello studio, pubblicato la settimana scorsa su Nature Astronomy, che riporta il risultato. «Con questo telescopio e questa nuova tecnica, possiamo iniziare a comprendere gli esopianeti allo stesso modo dei nostri vicini del Sistema solare». La speranza è infatti quella di riuscire ora a mappare, per molti tipi simili di esopianeti osservabili con Jwst, caratteristiche atmosferiche analoghe alla Grande Macchia Rossa di Giove e alla struttura a bande delle sue nubi.

A sinistra, mappe bidimensionali della temperatura dell’atmosfera di Wasp-18b per 25 diversi intervalli di lunghezze d’onda. A destra, per gli stessi 25 intervalli di lunghezze d’onda, i profili longitudinali confrontati con le previsioni di due diversi modelli generali della circolazione. Crediti: Ryan C. Challener et al., Nature Astronomy, 2025
Tornando alla tecnica utilizzata, mentre la precedente mappa 2D utilizzava una singola lunghezza d’onda, la nuova mappatura 3D ha rianalizzato le osservazioni di Niriss a più lunghezze d’onda, ciascuna delle quali corrispondente a diverse temperature e altitudini all’interno dell’atmosfera gassosa di Wasp-18b. «Se si costruisce una mappa a una lunghezza d’onda che l’acqua assorbe, si vedrà lo strato d’acqua nell’atmosfera, mentre una lunghezza d’onda che l’acqua non assorbe permetterà di sondare più in profondità», spiega Challener. «Se si mettono insieme questi dati, è possibile ottenere una mappa 3D delle temperature in quell’atmosfera».
I risultati hanno confermato l’esistenza di regioni spettroscopicamente distinte – che differiscono, cioè, per temperatura e forse anche per composizione chimica – nel “lato diurno” di Wasp-18b, che come la Luna con la Terra, essendo in rotazione sincrona, mostra alla stella sempre lo stesso emisfero. Emisfero nel quale il pianeta presenta un hotspot di forma circolare nella regione in cui la luce stellare lo illumina in modo più diretto e dove i venti apparentemente non sono abbastanza forti da ridistribuire il calore. Intorno all’hotspot è stato possibile ricostruire la presenza di un “anello” più freddo, più vicino ai margini esterni visibili del pianeta.
Challener sottolinea anche come le misure abbiano consentito di rilevare, nell’hotspot, livelli di vapore acqueo inferiori alla media di Wasp-18b. «Riteniamo che ciò sia la prova del fatto che il pianeta è talmente caldo, in questa regione, da iniziare a decomporre l’acqua», spiega il ricercatore. «Questo era stato previsto dalla teoria, ma vederlo in osservazioni reali è davvero emozionante».
Per saperne di più:
- Leggi su Nature Astronomy l’articolo “Horizontal and vertical exoplanet thermal structure from a JWST spectroscopic eclipse map”, di Ryan C. Challener, Megan Weiner Mansfield, Patricio E. Cubillos, Anjali A. A. Piette, Louis-Philippe Coulombe, Hayley Beltz, Jasmina Blecic, Emily Rauscher, Jacob L. Bean, Björn Benneke, Eliza M.-R. Kempton, Joseph Harrington, Thaddeus D. Komacek, Vivien Parmentier, S. L. Casewell, Nicolas Iro, Luigi Mancini, Matthew C. Nixon, Michael Radica, Maria E. Steinrueck, Luis Welbanks, Natalie M. Batalha, Claudio Caceres, Ian J. M. Crossfield, Nicolas Crouzet, Jean-Michel Désert, Karan Molaverdikhani, Nikolay K. Nikolov, Enric Palle, Benjamin V. Rackham, Everett Schlawin, David K. Sing, Kevin B. Stevenson, Xianyu Tan, Jake D. Turner e Xi Zhang






