DISPOSITIVO PER AUMENTARE LA RISOLUZIONE DELLE OSSERVAZIONI DA TERRA

Con la lanterna fotonica, oltre il limite di diffrazione

Una nuova tecnica computazionale consente di produrre immagini più nitide rispetto alle capacità teoriche di un telescopio, in genere determinate dalla dimensione del suo specchio primario. Applicata alla stella beta Canis Minoris, ha consentito di vedere con il telescopio Subaru il disco che la circonda, che prima d’ora era invisibile. Lo studio su The Astrophysical Journal Letters

     28/10/2025

È il concetto alla base delle osservazioni ottiche con telescopi da terra: più lo specchio primario è grande, più nitide saranno le immagini. O, in altre parole, più dettagli si riescono a vedere. Insieme alla lunghezza d’onda alla quale si osserva, la dimensione dello specchio è il parametro che definisce quello che in gergo si chiama “limite di diffrazione”: è il limite teorico dello strumento, quello che di solito si cerca di raggiungere rimuovendo dalle immagini le diverse cause che le degradano, prima fra tutte la turbolenza atmosferica. E se si potesse superare questo limite? Ci sono riusciti gli astronomi dell’Ucla costruendo un dispositivo – una “lanterna fotonica” – che divide la luce raccolta dal telescopio e la ricombina mediante tecniche computazionali.

Foto della lanterna fotonica montata sullo strumento First-Pl del telescopio Subaru. Il triangolo giallo indica il percorso della luce che entra nella lanterna. Crediti: Sébastien Vievard/University of Hawaiʻi at Manoa

La capacità di vedere i dettagli più fini degli oggetti astronomici, dicevamo, dipende dalle dimensioni del telescopio: man mano che l’apertura di un telescopio diventa più grande, si raccoglie più luce, riuscendo da un lato a vedere oggetti più deboli e dall’altro a ricostruire immagini più nitide. C’è poi il lavoro di squadra: anche collegando diversi telescopi fra loro, cioè combinando la luce raccolta in una tecnica chiamata interferometria, si può aumentare di molto la risoluzione dei singoli strumenti, ottenendo risultati che “mimano” l’azione di un telescopio più grande. E c’è infine questa novità, la lanterna fotonica, che sfrutta al meglio la luce raccolta da un singolo telescopio, potenziandolo.

«In astronomia, i dettagli più nitidi delle immagini si ottengono solitamente collegando tra loro diversi telescopi. Ma noi ci siamo riusciti con un solo telescopio, convogliando la sua luce in una fibra ottica appositamente progettata, chiamata lanterna fotonica», spiega Yoo Jung Kim, dottoranda all’Ucla e prima autrice dell’articolo che descrive la tecnica utilizzata, pubblicato la settimana scorsa su The Astrophysical Journal Letters. «Questo dispositivo divide la luce stellare in base ai suoi pattern di fluttuazione, conservando dettagli sottili che altrimenti andrebbero persi. Riassemblando le misurazioni degli output, siamo riusciti a ricostruire un’immagine ad altissima risoluzione di un disco attorno a una stella vicina».

Parafrasando quanto riportato da Yoo Jung Kim, la luce raccolta dal telescopio viene suddivisa dalla lanterna fotonica in più canali in base alla forma del fronte d’onda – come se si separasse un accordo nelle singole note musicali che lo compongono – e poi ulteriormente suddivisa per colore (o lunghezza d’onda), come un arcobaleno. Lo strumento è stato integrato nello strumento Scexao ( Subaru Coronagraphic Extreme Adaptive Optics) del telescopio Subaru, alle Hawaii, gestito dall’Osservatorio astronomico nazionale del Giappone. Ed è qui che ha osservato la stella menzionata dal ricercatore. Si tratta di beta Canis Minoris, una stella situata nella costellazione del Cane Minore a circa 162 anni luce dalla Terra. È circondata da un disco composto da idrogeno in rotazione così rapida attorno alla stella che – per effetto Doppler – il gas che si muove verso di noi appare più blu, mentre quello che si allontana appare più rosso. Un effetto che fa sì che la posizione apparente della luce del sistema si sposti leggermente con la lunghezza d’onda.

Finora, questo disco era invisibile agli occhi di Subaru. Ma grazie alla lanterna fotonica, e applicando nuove tecniche computazionali, il team guidato da Yoo Jung Kim ha misurato questi spostamenti dell’immagine con una precisione circa cinque volte superiore alle precedenti misure. Confermando così la rotazione del disco, e scoprendo che è pure asimmetrico.

Immagine ricostruita del disco asimmetrico compatto e in rapida rotazione attorno a β CMi. La barra bianca in basso a destra indica 1 millisecondo d’arco, equivalente a una scala di 6 piedi alla distanza della luna. Crediti: Yoo Jung Kim/Ucla

Una tecnica potentissima, dunque, ma anche estremamente sensibile. Durante la sua applicazione al caso della stella beta Canis Minoris, infatti, gli scienziati hanno dovuto fare i conti con la turbolenza nell’atmosfera terrestre. L’effetto è simile a quello che si verifica quando l’orizzonte appare ondulato in una calda giornata estiva, e fa sì che gli oggetti osservati attraverso il telescopio fluttuino e oscillino. Per correggere questi effetti si utilizza l’ottica adattiva, che annulla continuamente e in tempo reale gli effetti della turbolenza per stabilizzare le onde luminose. In questo caso, però, per poter utilizzare la lanterna fotonica è stato necessario un ulteriore passaggio. «Occorre un ambiente molto stabile per misurare e recuperare le informazioni spaziali utilizzando questa fibra», spiega Kim. «Anche con l’ottica adattiva, la lanterna fotonica era così sensibile alle fluttuazioni del fronte d’onda che ho dovuto sviluppare una nuova tecnica di elaborazione dei dati per filtrare la turbolenza atmosferica residua».

Per saperne di più:

  • Leggi su The Astrophysical Journal Letters l’articolo “On-sky Demonstration of Subdiffraction-limited Astronomical Measurement Using a Photonic Lantern“, di Yoo Jung Kim, Michael P. Fitzgerald, Sébastien Vievard, Jonathan Lin, Yinzi Xin, Miles Lucas, Olivier Guyon, Julien Lozi, Vincent Deo, Elsa Huby, Sylvestre Lacour, Manon Lallement, Rodrigo Amezcua-Correa, Sergio Leon-Saval, Barnaby Norris, Mathias Nowak, Steph Sallum, Jehanne Sarrazin, Adam Taras, Stephanos Yerolatsitis e Nemanja Jovanovic