Quando le missioni su Marte diventeranno realtà, la sola tecnologia non sarà sufficiente. Serviranno menti resilienti, compatibili e pronte a sopravvivere all’isolamento più estremo. Menti che funzioneranno come vere bussole per viaggi nello spazio profondo, lì dove ogni differenza di carattere e personalità può fare la differenza tra il successo e il fallimento di una missione.
Ad affermarlo è uno studio pubblicato su PLoS One dai ricercatori dello Stevens Institute of Technology nel New Jersey negli Stati Uniti, secondo cui la diversità psicologica all’interno dei team di astronauti potrebbe essere la chiave per mantenere coesione e salute mentale durante le missioni interplanetarie.

A bordo della Stazione spaziale internazionale. Crediti: Nasa
E così, mentre l’umanità si prepara alle missioni con equipaggio verso il Pianeta rosso – tra i viaggi più lunghi e isolati mai tentati – gli astronauti dovranno capire come affrontare sfide inedite in termini di autonomia decisionale, dinamiche interpersonali e gestione dello stress. Si prevede, infatti, che queste missioni – che potranno durare tra i due e i tre anni – porranno l’equipaggio in condizioni di reclusione estrema e isolamento prolungato, con comunicazioni verso la Terra ritardate fino a 22 minuti, rendendo impossibile ogni scambio in tempo reale.
Gli autori dello studio hanno utilizzato un approccio scientifico innovativo per rispondere a una fra le domande più urgenti della psicologia spaziale contemporanea: la composizione del team può influenzare la resilienza collettiva e individuale? Integrando le teorie psicologiche consolidate con la modellizzazione basata sugli agenti (Abm, Agent-Based Modeling), i ricercatori hanno seguito un approccio computazionale che consentisse di simulare le azioni, le interazioni e i processi decisionali di agenti autonomi in un ambiente virtuale definito.
Attraverso l’Abm, gli scienziati hanno simulato una missione su Marte della durata di 500 giorni, modellando astronauti-agenti con diversi profili di personalità e definiti secondo il modello a cinque fattori (teoria dei Big Five o Five Factor Model, Ffm) che descrive i cinque tratti principali delle modalità di pensiero, di attivazione emotiva e di comportamento utilizzati dagli individui: apertura mentale, coscienziosità, nevrosi, estroversione e gradevolezza.
Gli agenti virtuali sono stati poi assegnati a ruoli funzionali differenti – come ingegnere, medico o pilota – per riflettere la diversità delle competenze operative all’interno di una missione spaziale. Questa metodologia ha consentito di ottenere un “disegno fattoriale 2×2”, cioè un tipo di esperimento controllato molto usato nelle scienze sociali, psicologiche e comportamentali per studiare come due variabili indipendenti possano influenzare un certo risultato. In questo caso, sono stati in grado di distinguere gli effetti dell’eterogeneità della personalità, dell’eterogeneità dei ruoli e della loro interazione.
«Per la prima volta abbiamo combinato le varie conoscenze psicologiche con una simulazione al computer per modellare una missione di 500 giorni su Marte», dicono Iser Pena e Hao Chen, coautori della ricerca. «Questo nuovo approccio ci permette di esplorare come le diverse personalità degli astronauti e i ruoli all’interno del team possano influire sullo stress e sulle prestazioni dell’equipaggio, e ci offre un assaggio delle sfide umane che gli astronauti potrebbero affrontare in questi lunghi viaggi nello spazio profondo».
I risultati della simulazione hanno mostrato che la composizione del team influisce in modo significativo su stress, salute, prestazioni e coesione. In particolare, i team eterogenei – cioè composti da individui con differenti tratti di personalità e ruoli – hanno ottenuto risultati migliori rispetto a quelli omogenei, indicando che la diversità di personalità e competenze può sostenere la resilienza del team in condizioni di richieste operative sostenute. I team con tratti di personalità diversi, in particolare quelli che combinano un’elevata coscienziosità con un basso nevroticismo, o un’elevata estroversione con un’elevata gradevolezza, hanno mostrato livelli di stress inferiori e migliori risultati in termini di prestazioni, coesione e salute. Questi modelli suggeriscono che un mix più ampio di stili di coping e dinamiche interpersonali potrebbe aiutare i team a mantenere la stabilità nel tempo favorendo la resilienza nelle condizioni di isolamento e carico operativo estremo, tipiche delle missioni spaziali di lunga durata.

Lo schema del modello Big Five che suddivide in 5 categorie i diversi tratti della personalità di ogni individuo. Crediti: www.realcoaching.it
Gli autori hanno sottolineato che l’assenza di spazio personale e privacy, unita alla necessità di operare in ambienti ristretti, può aggravare i livelli di stress e compromettere la coesione del gruppo. Per questo motivo, comprendere e ottimizzare le dinamiche di squadra è cruciale per garantire il successo delle viaggi spaziali di lunga durata.
Con le missioni Artemis della Nasa già in corso e le missioni con equipaggio su Marte sempre più concrete, crescerà la necessità di sviluppare strumenti predittivi capaci di valutare e ottimizzare la composizione dei team, la resilienza psicologica e l’efficacia operativa in condizioni analoghe a quelle marziane. Secondo Pena e Chen, incorporare valutazioni della personalità nei processi di selezione degli astronauti e creare team con profili psicologici e funzionali complementari potrebbe migliorare la regolazione dello stress, la stabilità operativa e la coesione in ambienti isolati e altamente esigenti.
Sebbene lo studio presenti alcune limitazioni – come l’ipotesi che i tratti della personalità restino invariati nel tempo, senza considerare l’adattamento – i risultati rappresentano un passo significativo verso la progettazione psicologica delle missioni spaziali e pongono le basi per strategie di selezione e formazione più raffinate, a sostegno della resilienza e dell’efficacia collettiva nel lungo periodo. In uno spazio dove ogni decisione può cambiare il destino della missione, la psicologia diventa la vera scienza di sopravvivenza.
Per saperne di più:
- Leggi su PLoS One l’articolo “Exploring team dynamics and performance in extended space missions using agent-based modeling” di Iser Pena e Hao Chen






