È QUANTO EMERGE DA UN AMPIO CAMPIONE DI XRB

Getti relativistici: più veloci a braccetto con lo spin

I getti astrofisici esattamente allineati con l’asse di rotazione del buco nero sono più veloci degli altri – quelli che cambiano direzione o che sono soggetti a precessione. È quanto emerge da uno studio statistico, pubblicato oggi su Nature Astronomy, condotto da Rob Fender dell’Università di Oxford e da Sara Motta dell'Istituto nazionale di astrofisica

     23/09/2025

Rappresentazione schematica di una binaria X. Sulla sinistra, il buco nero alimentato da un disco di accrescimento e il getto emesso. Crediti: Nasa/R. Hynes

È ormai da decenni, da quando si è scoperto che i getti astrofisici più energetici e veloci sono alimentati dai buchi neri, che si ipotizza un loro allineamento con l’asse di rotazione del buco nero stesso, se non addirittura che sia la stessa rotazione – il cosiddetto spin – ad alimentarli. Pur corroborata dai risultati di simulazioni relativistiche via via sempre più avanzate, dal punto di vista osservativo si tratta di un’ipotesi estremamente difficile da dimostrare. Alcuni dei getti osservati, infatti, presentano un evidente movimento di precessione, od oscillazione, e non possono quindi essere collegati a un unico asse qual è quello di rotazione del buco nero.

Una possibile spiegazione arriva ora da un’analisi statistica, condotta su buchi neri di massa stellare presenti nella Via Lattea e pubblicata oggi su Nature Astronomy, firmata da Rob Fender dell’Università di Oxford e da Sara Motta dell’Istituto nazionale di astrofisica. Analisi dalla quale emerge che i getti più relativistici – dunque quelli più veloci e potenti – si propagano ripetutamente lungo un asse fisso, mentre quelli che appaiono oscillare sono significativamente più lenti.

Un risultato, questo, che costituisce la prima prova diretta di un collegamento – probabilmente attraverso un effetto relativistico generale noto da tempo, l’effetto Bardeen-Petterson – fra i getti astrofisici più relativistici e lo spin del buco nero dal quale vengono emessi. Quanto ai getti più lenti, lo studio mostra come possano essere emessi non solo dai buchi neri ma anche dalle stelle di neutroni, e come possano essere soggetti a un moto di precessione o in generale cambiare direzione: caratteristiche che ne collocano l’origine nel flusso di accrescimento della sorgente, noto per essere soggetto a precessione relativistica.

Lo studio è stato condotto sulla più grande raccolta di getti provenienti da sistemi binari galattici a raggi X (Xrb) mai realizzata fino ad oggi: un campione, compilato da Fender e Motta, che include getti tracciati in banda radio in diverse epoche e da diversi strumenti – fra i quali il radiotelescopio MeerKat, che negli ultimi cinque anni ha raddoppiato il numero dei getti noti, e ha fornito le tre misure di moto proprio più elevate mai registrate al di fuori del Sistema solare.

Il radiotelescopio MeerKat, in Sudafrica. Crediti: South African Radio Astronomy Observatory/’Sarel van Staden & Maryna Cotton

«È uno studio piuttosto lineare: richiedeva solo un numero di misure ad alta qualità sufficiente per compilare il campione», spiega Fender, «e l’incredibile radiotelescopio MeerKat ci ha permesso di raggiungere l’obiettivo».

Tuttavia, nonostante prove molto evidenti di una connessione con lo spin dei buchi neri, mettendo a confronto le velocità dei getti con le misure di rotazione, per circa metà del campione non è stata trovata alcuna correlazione. «È possibile che i getti più veloci si agganciano alla rotazione dei buchi neri senza però che sia questa ad alimentarli», propone Motta, «o potrebbe forse esserci qualche errore in alcune delle misure di rotazione riportate, estremamente difficili da effettuare».

I risultati ottenuti potrebbero aiutare gli astronomi a comprendere come si comporta la materia negli ambienti gravitazionali più estremi dell’universo, appena al di là dell’orizzonte degli eventi dei buchi neri. Il prossimo obiettivo dei due autori dello studio è verificare se il paradigma da loro proposto si applica anche ai buchi neri più massicci.

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