
Piero Salinari. Crediti: Inaf.
È scomparso lo scorso due settembre a Firenze Piero Salinari, all’eta di ottantadue anni. Per oltre trent’anni Salinari ha lavorato all’Osservatorio astrofisico di Arcetri, ed è considerato il padre della scuola di ottica adattiva italiana, la cui eccellenza è riconosciuta a livello internazionale. Il concetto di attuatori elettromagnetici controllati da una misura capacitiva appare in un suo articolo del 1994 e, dopo uno sviluppo più che decennale, è oggi uno standard nella costruzione di grandi telescopi ottici da terra. Per le sue soluzioni innovative, l’Accademia nazionale dei Lincei gli ha conferito il Premio Feltrinelli nel 2016. Lo ricordiamo attraverso le parole dei suoi colleghi, dei suoi amici.
Prima ancora dell’invenzione dei secondari adattivi (l’eredità più immediatamente tangibile nell’astronomia osservativa da terra nell’ottico e vicino infrarosso) Piero Salinari era già una specie di mito.
Coinvolto nel Columbus, il progetto che poi cambiò nome nel Large Binocular Telescope, Piero sedeva idealmente in quell’esclusivo “club degli 8 metri” (come lo chiamava Roberto Gilmozzi) che formava la cerchia di coloro che stavano dando forma all’astronomia del dopo-Palomar. Conoscere Piero mi sembrava essenziale per potere almeno sbirciare cosa succedesse in quella piega epocale della storia. Provenendo da Padova, e lavorando attorno a quel Telescopio Nazionale Galileo di soli 4m di diametro, di sicuro non partivo avvantaggiato. Presi informazioni e mi vagheggiarono del fatto che avesse issato in una qualche manifestazione una bandiera rossa sulla storica torre solare di Arcetri e che per questa ragione venisse spesso indicato aggiungendo una consonante per storpiarne (ma sono sicuro lui avrebbe usato il termine “puntualizzarne”…) il cognome in STalinari. Per nulla intimorito, attesi con calma l’occasione e al margine di un qualche convegno a Monte Porzio Catone qualcuno mi indicò chi fosse Piero Salinari e non trovai di meglio per presentarmi che chiedergli se fosse vero quel suo gesto. Ricordo come fosse oggi come mi rivolse lo sguardo sornione, con quel suo sorriso a mezza bocca, distorto solo appena dalla sigaretta sempre presente e mi spiegò con calma che si trattava di una menzogna, ma che, tuttavia, da studente, disegnarono con lo spray scritte e simboli analoghi su una qualche facciata dell’edificio de La Sapienza di Roma, la cui foto fu riportata nientepopodimeno che sulla Pravda. La smentita non fece altro che accrescere quella sensazione di trovarsi di fronte a una persona fuori dall’ordinario.
Da allora tantissime furono le opportunità di discutere, certo principalmente di strumentazione astronomica e di ottica adattiva, e Piero si confermava ogni volta assai di più dell’inventore geniale, dell’astronomo visionario, del fine pensatore. Parlando con lui si sprecavano le sue citazioni in greco e in latino a cui al massimo riuscivamo a contrapporre quelle del “porchettaro di Rieti” evocate da Marco Salvati, giusto per rendere (mi rendo conto con difficoltà per chi non abbia mai assistito a dialoghi che a tratti erano degni di un qualche film surreale di Monthy Phyton) l’idea di discussioni che oscillavano in frazioni di secondo dalla concezione di strumenti mai visti prima alle più becere baggianate, magari basate su giochi di parole estremamente sofisticati. Se entravi nel suo ufficio per parlare di una nuova idea lui, prima di riuscire a dire alcunché, mi metteva una sigaretta in bocca e la accendeva esclamando “fuma che ti fa male”. Mentre io (non sono un fumatore) mi barcamenavo nel consumare lentamente la sigaretta, quasi alla Fred Buscaglione, iniziavo a raccontargli la nuova idea e prima di avere finito non solo la aveva compresa in pieno ma cominciava ad elencarne pregi e difetti e architettare variazioni sul tema. In qualche caso, con astanti che ancora non riuscivano a capire di cosa si parlasse. Centinaia sono gli aneddoti che ricordo con piacere: l’angolo al telescopio dove Piero poteva fumare con un apposito aspiratore, il talk di John Hill sul contributo di Piero al Large Binocular Telescope partito non prima di avere distribuito a tutti i presenti una sigaretta di zucchero, la scena di Piero a Milano, costretto dalla rigida regolamentazione a parlare sullo stipite della porta per non violare il divieto di fumo, a suo dire “non riportato nel corridoio” che lascia la zona alla ricerca di un posacenere continuando a parlare nel radiomicrofono ritrovando al suo ritorno una audience che si sbellicava dalle risate per la scena surreale. Ma non posso non menzionare anche il Piero Salinari, anzi meglio STalinari, vicino alle piccole grandi difficoltà umane di chi condivideva con lui la passione per il lavoro, tragedie o inconvenienti che fossero, pronto con generosità a dare una mano, un supporto, consigli che ti rimangono scolpiti come fossero scritti nella roccia dimostrando una sensibilità ed una vicinanza umana difficile da eguagliare. Il suo modo di lavorare era unico, irripetibile per tante ragioni, ma molte delle persone che hanno lavorato con lui portano, e un poco tramandano, questo modo di pensare, questo modo di vedere cose che non esistono, che in qualche caso non esisteranno mai e che talvolta diventeranno realtà incredibili.
Troveremo senza dubbio l’occasione di fare il punto sull’eredità scientifica lasciata da Piero Salinari, mentre conserverò per sempre il fascino di un uomo dalla vitalità intellettuale e da una signorilità tutta particolare attorno a cui si sono sviluppate idee e concetti che hanno fatto la storia.Roberto Ragazzoni
Scrivo questo piccolo contributo con grandissimo, grandissimo dispiacere alla notizia che Piero è venuto a mancare. Piero è stato per me, e penso per tanti altri colleghi, una fonte di ispirazione costante. Al di là dei suoi risultati nel campo scientifico, primo fra tutti l’invenzione dei secondari adattivi, le sue idee, espresse tra una sigaretta e brevi calcoli sul “retro della busta”, hanno ispirato e messo al lavoro tantissimi nostri colleghi nazionali ed internazionali. Non credo di esagerare dicendo che l’ottica adattiva italiana è quella che è grazie a Piero e alle sue visioni. Il gruppo adattivo di Arcetri, sicuramente, è quello che è per la forza dell’esempio di Piero: lavorare in gruppo verso un risultato che sia di tutti in maniera indistinta, un risultato del gruppo! Mi piace dire che, in Italia e all’ estero, anche dove esprimeva con forza, idee radicalmente opposte a quelle già esistenti, guadagnandosi fra i conoscenti il soprannome di Stalinari è sempre stato ascoltato con la massima attenzione e grandissima stima. Per me era un piacere così grande salire le scale del Tirgo per andare a parlargli nella sua stanza. Questo mi manca molto, già da tempo, e adesso mi mancheranno i nostri caffè assieme, di questi ultimi tempi, per chiacchierare del futuro di Lbt o Elt.
Non so come ringraziarti Piero, per i 20 anni di lavoro fatto assieme, per aver condiviso il tuo tempo, le tue riflessioni con me, e aver trasformato il mio lavoro, il nostro lavoro, in un’avventura, un’esplorazione, una gioia. Ogni giorno! Una parte di te mi accompagnerà per sempre. Grazie Piero, ancora grazie, per tutto quello che hai fatto per me.Simone Esposito
Rare volte mi è capitato di conoscere e frequentare persone dotate della stessa capacità e rigore razionale con le quali Piero affrontava argomenti di interesse sia nella sfera socio-politica che in quella scientifico-tecnologica. È proprio tale caratteristica che lo ha portato a progettare e costruire strumentazione d’avanguardia, nota come ottica adattiva, da applicare ai grandi telescopi allora in costruzione, quali il Large Binocular Telescope (Lbt), e quindi in grado di sfruttarne appieno i vantaggi delle grandi aree collettrici. Di riflesso la creazione negli anni del gruppo di Ottica Adattiva di Arcetri ha rappresentato un grande vantaggio per lo sviluppo ricerca astronomica italiana rendendola in grado di partecipare a pieno titolo nell’ambito delle grandi collaborazioni internazionali.
Per questo lavoro, e nell’ambito della collaborazione con Roberto Ragazzoni, nel 2016 l’Accademia Nazionale dei Lincei gli conferito il Premio Feltrinelli per l’Astronomia.Giancarlo Setti

Piero Salinari (a sinistra) e Roberto Ragazzoni all’Accademia Nazionale dei Lincei, in occasione della consegna del premio “Antonio Feltrinelli” 2016 per l’Astronomia. Crediti: Inaf
È difficile scrivere un ricordo di Piero senza indugiare sulla sua capacità di innovatore della tecnologia astronomica. Piero ha iniziato occupandosi di tecniche infrarosse fin dalla sua permanenza a Eso, allora a Ginevra, negli anni Settanta (suo il fotometro IR del 3.6 di La Silla) per terminare con il telescopio IR Tirgo del Gornegrat. Piero poi si è occupato di ottica adattiva diventando una autorità nel campo internazionalmente riconosciuta; sua la concezione e la costruzione del secondario adattivo per il Multi Mirror Telescope, il primo secondario adattivo costruito con una tecnica che è diventata standard sui grandi telescopi di oggi dal secondario di Gmt allo specchio M4 cuore del sistema di ottica adattiva dell’Extremely Large Telescope di Eso. Piero ha avuto anche il merito enorme di coinvolgere in questi suoi progetti numerose piccole e medie industrie italiane scovando aziende che possedevano know-how adatto, con accurate ricerche di mercato e la tenacia che gli era propria.
I ricordi personali di un amico con cui ho interagito per tanti anni sono numerosissimi ma non vorrei tediare nessuno con aneddoti che significano molto per me ma poco per chi non ha conosciuto Piero a lungo personalmente. Vorrei piuttosto ricordare il suo carattere generoso pronto a discutere ed aiutare chiunque avesse un progetto interessante o gli chiedesse un parere tecnico. Vorrei ricordare la sua disponibilità a farsi carico di valutazioni contrattuali e partecipazioni a commissioni anche su argomenti non direttamente riconducibili al suo campo di interessi ma fondamentali in altri contesti dal Radio alla Gamma Astronomia. Vorrei ricordare la sua mentalità non-burocratica nel gestire i tantissimi fondi, anche molto cospicui, legati ai suoi progetti, anche se avendo noi in questo caso ruoli diversi, la sua creatività finanziaria talvolta mi faceva “dare di matto”; comunque una soluzione la trovavamo sempre quando ci si incontrava a Roma o a Firenze fumando assieme un paio (eufemismo …) di sigarette! Quando scompare un collega ed amico si fanno sempre bilanci e la sintesi dell’attività di Piero Salinari è molto semplice: se tu non ci fossi stato l’astronomia italiana sarebbe molto diversa e arretrata! Grazie Piero!Giampaolo Vettolani
La testimonianza migliore del valore e della personalità di Piero viene dalle tante espressioni di dolore e dai ricordi affettuosi che ho ricevuto in queste ore dai tanti amici e colleghi – non solo italiani ma anche americani e tedeschi – che lo hanno conosciuto nei lunghi anni in cui il Large Binocular Telescope è stato concepito, disegnato e costruito. È difficile immaginare la portata innovativa che Lbt ha avuto nella costruzione dei telescopi di grande diametro, e Piero è stato uno degli architetti principali di questa rivoluzione. Piero combinava la capacità visionaria di concepire qualcosa che nessuno aveva immaginato prima con la competenza e la costanza – per non dire testardaggine – necessaria per trasformare il sogno in realtà. Sono contento che Piero abbia potuto vedere confermati, in questi anni, i risultati del suo lavoro, grazie agli ultimi risultati degli strumenti italiani di Lbt, che commentava col suo sorriso divertito e con la profondità e arguzia del suo ragionamento.
Adriano Fontana
Non parlerò qui del dinamismo e delle capacità scientifiche di Piero, già espresse da più voci. Ripeterei cose già dette, e bene, da altri. Voglio ricordare i 20 anni spesi insieme rappresentando l’Italia nella gestione tecnico scientifica del Large Binocular Telescope. E ricordare non tanto il lavoro scientifico, le riunioni prolungate – e fumose! –, quanto la comunanza, direi la fratellanza, nata in tanti viaggi e soggiorni; le occasioni per far lunghe chiacchiere, fino una volta a non accorgerci in aeroporto che l’aereo era partito; l’essersi persi nelle strade del Wisconsin cercando di arrivare a Yerkes; la delusione trovando cessata l’attività della steak house della “mucca triste” (nome dato da Piero), nostra meta abituale a Tucson; la “fuga” una sera alla fine dalla riunione Lbt nella villa papale a Castelgandolfo (sì, siamo stati anche lì!) per andare a mangiare le fettuccine a Squarciarelli (“conosco un posto buono”)…. mi fermo.
Quando ho saputo della morte di Piero, la ragione mi diceva della sua condizione ormai fragile, ma l’animo nega la sua “scomparsa”, troppo viva in me è tuttora la sua presenza concreta, formatasi con le tante esperienze, professionali e non, comuni.Bruno Marano
Ricordo con grande affetto Piero. Ho collaborato strettamente con lui per molti anni; prima durante gli iniziali sviluppi (negli anni ’90) dell’ottica adattiva per il telescopio LBT, e poi durante tutta la fase di realizzazione nel decennio successivo. Mi ricordo di una persona intelligente, tenace e generosa, ma soprattutto estremamente capace e creativa. Per tutti noi, che lo abbiamo incontrato all’inizio della carriera, un vero padre, che sa guidare senza prevaricare, insegnare e non imporre, pur con tutti gli obblighi che la sua posizione comportava. Voglio ringraziarlo per la fiducia che mi affidò quando, oramai 35 anni fa, decisi di intraprendere la carriera tecnico scientifica, e per tutti gli insegnamenti, professionali, pratici e di umanità che mi ha impartito durante gli anni. Un grande abbraccio alla famiglia e a tutti coloro che oggi lo piangono per la sua scomparsa.
Guido Brusa
Abbiamo collaborato per molti anni con Piero Salinari, al disegno e alla costruzione di Lbt e soprattutto allo sviluppo del “suo” secondario adattivo, pensato e poi realizzato per tanti dei grandi telescopi di oggi e di domani. Per questo mi sento di dire a nome dei colleghi tutti che hanno avuto il piacere ed il privilegio di condividere con Piero una lunga e fruttuosa collaborazione: semplicemente grazie! Resterai nei nostri ricordi.
Daniele Gallieni
È molto difficile emotivamente per me ricordare i tanti momenti passati insieme a Piero.
Mi hanno sempre colpito la sua eccezionale competenza professionale e il suo entusiasmo contagioso per soluzioni tecniche innovative proposte nel contesto dei vari progetti strumentali soprattutto in ambito Lbt.
Piero è stato uno scienziato rigoroso e critico nella valutazione di ogni progetto ma sempre pronto a sostenere convintamente in prima persona qualsiasi soluzione lui giudicasse alla fine valida da un punto di vista tecnologico e scientifico.
La tristezza per la sua scomparsa è per me tuttavia mitigata dalla consapevolezza dell’eredità professionale che Piero ha lasciato a decine di giovani ricercatori e tecnologi che oggi rappresentano una delle eccellenze del nostro ente.Emanuele Giallongo
Ci sono eventi strani nella vita che nascono così quasi per caso e forse non si sa neanche bene perché. Sono occasioni che ogni tanto capitano e si organizzano e si rimandano perché tutti corrono, tutti hanno cose da fare e da dire da inventare da qualche parte per qualche cosa: i pranzi e le cene dell’appennino, quello tosco-emiliano. Bruno (Marano) stava iniziando a diramare le consuete convocazioni. Di solito più o meno in 3-4 mesi si riusciva a convergere sulla data e a volte perfino sul menù. In fondo, siamo solo cinque, tre emiliani… Bruno Marano, Gianni Zamorani, Flavio Fusi Pecci da Bologna, Piero Salinari e Marco Salvati da Firenze. Solo, cinque, una piccola distanza. L’Appennino il confine. Per parlare di tutto e di niente, ma con grande impegno. Tutto qui. Una storia di amicizia e di stima profonda nel tempo, durata anni e anni. Una storia di chiacchiere senza tema e programma in un confine che non divide e separa, come tristemente tutti oggi, ma che unisce e accomuna per costruire e vivere legami profondi che appunto vivono e prosperano nell’amicizia sincera.
Convocato a livelli diversi? Chissà. Ti sarai portato le sigarette, componente indispensabile per coinvolgere anche lì col tuo fumo chi ascolta mentre con lucida spietata razionalità spieghi un “non-si-sa-bene” quale complicato, geniale accrocco da mettere sul telescopio anche lí. Caro “Stalinari” – come ti ha chiamato per la storia Roberto – inventore di altra generazione, ci manchi già e ci mancherai sempre.Flavio Fusi Pecci e gli amici dell’Appennino
In questa videointervista del 2004, Piero Salinari illustrava con la sua voce inconfondibile, e come solo lui sapeva fare, le peculiarità del Large Binocular Telescope:






