STUDIO DI COMUNICAZIONE DELLA SCIENZA

Saluti da 51 Pegasi b

Una serie iconica di poster dal sapore retrò è stata creata nel 2015 per sensibilizzare il pubblico alla ricerca sugli esopianeti, immaginandoli come una destinazione esotica per viaggi nello spazio. Cosa spiega il successo di una campagna su un campo scientifico che – a differenza di altre aree della ricerca astronomica – manca di immagini spettacolari? Lo analizza Ceridwen Dovey in uno studio pubblicato su Jcom

     03/09/2025

Il poster del pianeta extra 51 Pegasi B. solare “Sebbene vi sia un ampio dibattito su quale scoperta di esopianeta sia considerata la “prima”, una spicca sulle altre. Nel 1995, gli scienziati hanno scoperto 51 Pegasi b, cambiando per sempre il modo in cui vediamo l’universo e il nostro posto al suo interno. L’esopianeta ha circa la metà della massa di Giove, con un’orbita apparentemente impossibile, vicinissima alla stella, di soli 4,2 giorni terrestri. Non solo è stato il primo pianeta confermato in orbita attorno a una stella simile al Sole, ma ha anche inaugurato una nuova classe di pianeti chiamati Giove caldi: pianeti caldi e massicci che orbitano più vicini alle loro stelle rispetto a Mercurio. Oggi, potenti osservatori come il telescopio spaziale Tess della Nasa continuano la ricerca di pianeti lontani”. Crediti: Nasa.

Questa è l’era degli esopianeti. Conosciamo a oggi l’esistenza di 5898 pianeti extrasolari (dato aggiornato a oggi secondo la Nasa), e questo numero è destinato a crescere rapidamente. Sono davvero abitabili? Probabilmente no. Esistono immagini mozzafiato per poter fantasticare su questi mondi lontani? Non proprio. La destinazione più agognata nei libri di fantascienza, nei film e certamente nel nostro immaginario – i nuovi mondi – catalizza fantasie, congetture e progetti di generazioni di pensatori, scienziati e artisti. Mondi che – è inutile nasconderlo – non visiteremo mai.

Dieci anni fa, nel 2015, un team di creativi e ricercatori dell’Exoplanet Travel Bureau della Nasa ha creato un’insolita campagna di comunicazione scientifica per il pubblico (ne avevamo dato notizia anche su Media Inaf) con una serie iconica di poster dal tono vintage che illustravano gli esopianeti più noti, immaginandoli come una destinazione esotica per i nostri viaggi. Ogni poster è accompagnato da una didascalia suggestiva che ci aiuta a immergerci nell’atmosfera giusta.

Campagna ora oggetto di uno studio qualitativo, pubblicato ieri sul Journal of Science Communication (Jcom), che analizza l’iniziativa per riflettere su come gli esopianeti siano stati comunicati visivamente al pubblico in modo innovativo, sovrapponendo criteri scientifici e artistici in modo trasversale.

Il progetto è diventato rapidamente virale in tutto il mondo. In che modo la Nasa è riuscita a trasformare gli esopianeti in fantasiose destinazioni turistiche? Cosa spiega il successo di una campagna su un campo scientifico relativamente giovane che – a differenza di altre aree della ricerca spaziale – manca di immagini spettacolari?

Ceridwen Dovey – divulgatrice scientifica, scrittrice, regista e ricercatrice – è l’autrice dello studio pubblicato su Jcom, che descrive le proficue relazioni tra gli scienziati e gli artisti della campagna sugli esopianeti e mostra come, in contesti analoghi, gli artisti non siano semplicemente al servizio della scienza ma possano anche ispirare la ricerca stessa.
Come spiega Dovey, il team creativo della Nasa guidato da Joby Harris, ha dovuto affrontare almeno due sfide. In primo luogo, la mancanza di immagini disponibili. «Viviamo in un’epoca di straordinarie immagini astronomiche, come quelle mozzafiato del telescopio Hubble, che tutti conoscono bene per la loro bellezza, i colori e la precisione», ricorda infatti Dovey. «Ma con le immagini scientifiche degli esopianeti, al momento non c’è davvero molto da vedere – e questa è una sfida nota per la comunicazione della scienza degli esopianeti al grande pubblico».

Altri poster della collezione sugli esopianeti creata da Exoplanet Travel Bureau della Nasa. Crediti: Nasa

La presenza di un pianeta che orbita attorno a una o più stelle lontane viene generalmente dedotta: di solito non vediamo direttamente il pianeta ma ne intuiamo l’esistenza dagli effetti sulla sua stella o sulla luce che la stella emette. «Ci sono pochissime immagini dirette di esopianeti e di solito non sono molto attraenti dal punto di vista visivo: sono solo un puntino sgranato attorno a un sole», aggiunge Dovey.

La seconda sfida è la natura piuttosto inospitale degli esopianeti osservati, nella stragrande maggioranza dei casi, sono tutt’altro che accoglienti per gli esseri umani. «Il team dell’Exoplanet Travel Bureau ha scelto di utilizzare per le immagini uno stile retrò-nostalgico anni ’30, ispirandosi agli iconici poster dei parchi nazionali come lo Yosemite creati dalla Works Progress Administration», spiega Dovey. «Quelle campagne miravano in parte a fornire lavoro dopo la Grande Depressione e ad attirare turisti nei parchi nazionali iconici come Yellowstone. Questi poster miravano a evocare il romanticismo di visitare questi luoghi e il tipo di incontri con la natura che sarebbero stati possibili lì».

Tuttavia, nel processo creativo e durante le discussioni tra artisti e scienziati è emersa immediatamente una questione importante, ricorda Dovey: «Molti di questi esopianeti sarebbero luoghi assai sgradevoli da visitare a livello umano. Ciò ha dato vita a un processo creativo davvero interessante, caratterizzato da un continuo scambio tra artisti e scienziati. Quello che non avevo capito era che anche gli scienziati stanno facendo un grande lavoro per cercare di immaginare questi luoghi, in una certa misura».

Secondo Dovey insomma, aiutare il pubblico a “visualizzare” l’oggetto della ricerca scientifica tramite pratiche creative di produzione di immagini può aiutare gli scienziati a orientare nuove linee di indagine e incoraggiare il pubblico e gli enti finanziatori a rimanere impegnati a sostenere la ricerca sugli esopianeti. E perché no, a continuare a fantasticare.

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