Quella che segue è la trascrizione del primo episodio di Houston, un podcast di Media Inaf che parla di spazio, atterraggi falliti, innovazioni disperate e soluzioni geniali. Ideato, realizzato e condotto da Valentina Guglielmo, quest’episodio – pubblicato per la prima volta il 31 maggio 2024 – è dedicato al lander Beagle 2 e ha come ospite il fisico Paolo Ferri. Potete ascoltarlo su Apple Podcasts, su Spotify e su YouTube. Oppure direttamente da qui.
Paolo Ferri
«Io credo che sia i britannici che l’ESA abbiano preso molto sottogamba l’atterraggio su Marte»
[Inizio musica]
Valentina Guglielmo
Il 19 dicembre 2003, dopo un viaggio di sei mesi, la sonda Mars Express sta per inserirsi in orbita attorno a Marte. A bordo c’è anche Beagle 2, un lander britannico che dovrebbe posarsi sulla superficie del Pianeta rosso il giorno di Natale. Per l’Europa è la prima volta su Marte. Dopo essersi separato da Mars Express, Beagle 2 inizia la sua discesa verso il pianeta. Sarà un atterraggio alla cieca, sei giorni di silenzio nei quali il lander non potrà comunicare né inviare informazioni a terra. Questo silenzio, però, è durato quasi dodici anni.
La voce che avete sentito all’inizio è di Paolo Ferri, un fisico che ha lavorato per quasi quarant’anni al centro controllo missioni dell’agenzia spaziale europea. Avendo lavorato negli anni precedenti alla preparazione della missione Mars Express, in quei giorni in sala controllo c’era anche lui, ad attendere da Beagle 2 un segnale che non è mai arrivato.
Sono Valentina Guglielmo e questo è un podcast di Media Inaf che parla di spazio, atterraggi falliti, innovazioni disperate e soluzioni geniali. Si chiama Houston.
[Fine musica]
[Rumori e voci aeroporto]
[Altoparlante] “Buongiorno, chiediamo correttamente la vostra attenzione per il volo Lufthansa 325 per Francoforte…”.
Valentina Guglielmo
Dicembre 2023. Sono in aeroporto a Venezia, direzione Francoforte. Nel pomeriggio ho appuntamento con Paolo Ferri a casa sua, in città, per una lunga intervista.
[rumori e voci aeroporto]
[Altoparlante]
“Signore e signori, ci stiamo avvicinando all’aeroporto di Francoforte, vi preghiamo di assicurarvi che il bagaglio a mano sia ben sistemato…”
Valentina Guglielmo
A Francoforte il cielo è grigio scuro, impenetrabile ai raggi solari. Mi sento a casa. Sono una giornalista ma di formazione sono astrofisica, e mi sono trasferita in Germania, a Monaco di Baviera, subito dopo il dottorato per lavorare come ricercatrice, per circa tre anni. È la prima volta che ci torno dopo il mio rientro nell’autunno del 2020. Mentre attraverso la città a piedi provo a immaginare come sia Ferri di persona. L’ho visto solo una volta, in videochiamata, dopo aver letto il suo ultimo libro “Le sfide di Marte” e avergli proposto di collaborare a Houston. Ferri ha visto nascere e crescere l’esplorazione spaziale all’Esa, l’agenzia spaziale europea, è stato direttore di volo di molte missioni ed è stato anche a capo del dipartimento di missioni interplanetarie. Per questo, sarà un ospite fisso di questo podcast.
[Campanello di casa]
Valentina Guglielmo
«Sono Valentina»
Paolo Ferri «Sì. Allora, questa porta è aperta, salga a quarto piano».
Valentina Guglielmo
L’ascensore si apre proprio davanti alla porta di ingresso. Ecco Paolo. È esattamente come me lo immaginavo. Mi accoglie insieme alla moglie Lucilla, anche lei italiana, e ci accomodiamo in salotto per cominciare la nostra chiacchierata. Durerà molte ore. Cominciamo da Beagle 2, il primo lander europeo che ha tentato – fallendo – l’atterraggio su Marte. Aveva viaggiato fin lì a bordo della sonda Mars Express, che dopo più di vent’anni si trova ancora in orbita attorno al Pianeta rosso. Prima di andare avanti, però, vediamo qual è la differenza fra lander, orbiter, e rover.
[Musica]
Valentina Guglielmo
L’orbiter è un satellite che, giunto in prossimità d’un pianeta, o di un qualunque altro corpo celeste, gli orbita attorno, senza toccarlo mai; il lander, invece, scende sulla superficie del pianeta, e lì si posa e sta fermo; anche il rover atterra, ma una volta giunto al suolo è in grado di muoversi, come un’automobile. Ecco, Beagle2 era un piccolo lander a bordo dell’orbiter Mars Express.
[Fine musica]
Valentina Guglielmo
Beagle 2 porta lo stesso nome della nave – un bringantino a dieci cannoni – che ospitò Charles Darwin nel suo secondo viaggio verso il Sud America, cominciato il 27 dicembre 1831. Così come la nave diventò celebre perché consentì a Darwin di raccogliere campioni fondamentali per formulare la sua teoria dell’evoluzione della specie, l’intento del lander britannico era quello di condurre analisi astrobiologiche alla ricerca di tracce di vita su Marte.
Beagle 2 però non ha per nulla le sembianze di una nave. Somiglia piuttosto a un enorme orologio da taschino che, una volta aperto in due, svolge una serie di petali tutti uguali fatti di celle solari. Dall’alto sembra un enorme fiore, che al posto dello stelo ha un braccio robotico dotato di una telecamera. Quella che avrebbe dovuto scattare immagini del suolo marziano circostante.
Beagle 2, lo dicevamo, era un passeggero di Mars Express, un orbiter dell’agenzia spaziale europea concepito alla fine degli anni Novanta e progettato in breve tempo. Erano gli anni in cui cominciava l’esplorazione di Marte. La Nasa ci aveva già provato due volte, nel ‘99, fallendo, ma di questo parleremo in un’altra puntata. Per l’Esa invece era la prima volta.
[Da un servizio della BBC] “Written bolds by Mars Express: can we beat the Americans on the race to discover whether there’s life on the red planet?”
Valentina Guglielmo
Mars Express, la missione – come abbiamo appena sentito nel servizio della BBC – che doveva battere l’America nella gara per la scoperta della vita su Marte, fu approvata nel novembre 1998 per essere lanciata a giugno 2003. Meno di cinque anni per progettare e costruire una missione interplanetaria sono davvero pochi, ma Mars Express poteva contare sul riutilizzo dell’esperienza e della tecnologia già costruita per Rosetta, un’altra missione diretta verso una cometa che sarebbe dovuta partire poco prima, lo stesso anno. Mars Express era quindi una sorta di usato sicuro. Scrive Ferri nel suo libro: “una delle linee guida fondamentali per la preparazione della missione Mars Express divenne il riutilizzo di tutto, ma proprio tutto quello che veniva prodotto per Rosetta”. Di Rosetta, comunque, parleremo in un’altra puntata.
Tutta questa fretta per partire nel 2003 era giustificata dal fatto che quello sarebbe stato un anno molto favorevole ai lanci verso Marte perché il pianeta era abbastanza vicino alla Terra. È una configurazione che si ripete circa ogni due anni, e l’agenzia spaziale europea aveva calcolato che, per una missione di medie dimensioni come Mars Express, che portasse a bordo anche un piccolo lander del peso di 73 chili – Beagle 2 appunto – era possibile lanciare con un razzo russo Soyuz e raggiungere il Pianeta Rosso in sei mesi.
[Stacco musicale]
Valentina Guglielmo
Torniamo quindi alla mattina di Natale del 2003, a Londra, nella sala controllo di Beagle 2.
[Da un servizio della BBC] “six o’ clock this morning the first trial to hear from Beagle 2. The project master is on the line to Nasa, and from the martian surface is the silence”.
Valentina Guglielmo
Dalla superficie di Marte, dice questo servizio della BBC, il silenzio. Dopo il distacco da Mars Express sei giorni prima, di Beagle 2 si persero le tracce. Prima di dichiarare perso il lander, comunque, ci volle più di un mese.
[Da un servizio della BBC che riporta la conferenza stampa] “is a bit disappointing…please don’t go away from here thinking that we’ve lost the spacecraft”
Valentina Guglielmo
“Vi prego di non andar via pensando che abbiamo perso il lander”, si sente in questa conferenza stampa avvenuta poche ore dopo il mancato segnale. La verità, però, è che nessuno aveva la minima idea di cosa fosse successo, perché era previsto che Beagle 2 non comunicasse fino a dopo l’atterraggio, dopo aver aperto tutti i petali con i pannelli solari. Per questo, la prima cosa che Ferri mi ha detto, durante il nostro incontro, è che dal fallimento di Beagle 2 non abbiamo imparato niente.
Paolo Ferri
«Nel senso che noi lavoriamo con i dati, con la telemetria, noi impariamo dalla telemetria. Se abbiamo un problema, lo riconosciamo dalla telemetria, lo analizziamo, lo risolviamo grazie alle informazioni che riceviamo. Se non abbiamo questi dati, non impariamo niente da questo problema. Nel caso di Beagle 2 è stato, se vogliamo, un errore strategico: quello di fare la discesa – tutta la fase di entrata, discesa e atterraggio – per definizione senza contatto radio. Ora, questo periodo, che è stato di qualche giorno, dal momento in cui Beagle 2 si è separato da Mars Express al momento in cui ha toccato Terra, era previsto che il trasmettitore fosse spento. Quindi ha fatto tutta questa fase molto critica, la prima volta che si eseguiva, senza mandare informazioni. Quando poi ha toccato Terra, era previsto che cominciasse a inviare informazioni. Noi non le abbiamo ricevute e praticamente da questa fase siamo rimasti completamente al buio. Noi, dal momento in cui l’abbiamo sganciato non abbiamo la più pallida idea di che cosa è successo».
[Musica]
La telemetria di cui parla Ferri è l’insieme delle informazioni che il satellite manda, via radio, alla terra. Sono informazioni su quello che sta facendo. Quali unità sono accese, quali spente, qual è l’assetto, in che direzione si sta girando, quali le temperature, i voltaggi, e infine tutti i messaggi inviati dal computer di bordo. È l’unico contatto sempre attivo con il satellite e l’unico modo per sapere che cosa succede a bordo, per rendersi conto se c’è un guasto o un problema.
[Fine musica]
Valentina Guglielmo
Nella sala controllo di Mars Express, al centro controllo missioni di Darmstadt, dove c’era anche Ferri, le notizie erano buone. La sonda aveva completato la sua manovra di inserimento in orbita e tutto stava andando secondo i piani. Per l’agenzia spaziale europea, era un bel Natale.
Paolo Ferri
«Assolutamente. Nessuno, appunto, sì, probabilmente ce l’avevamo la preoccupazione “Ah chissà cosa è successo con Beagle 2”, però non avevamo nessuna indicazione né positiva né negativa, ed era previsto di non averla. Quindi ci siamo gestiti questa grande felicità dell’entrata in orbita, appunto prima volta per l’Europa, prima volta per noi. Era la fine di una crociera faticosissima di Mars Express, ne sono successe di tutti i colori. Era la prima vera missione interplanetaria che facevamo, quindi eravamo arrivati a Marte, eravamo all’obiettivo, ed era l’inizio di una nuova avventura. Quindi è stato un momento bellissimo quello. Beagle 2 era lontano».
Valentina Guglielmo
«Come è stata vissuta questa cosa di Beagle 2 all’interno dell’ESA?»
Paolo Ferri
«All’interno del nostro team, è stata vissuta in modo abbastanza sereno, se vogliamo. Chiaramente era una cosa che ci ha occupato tanto. Nel nostro lavoro, quando si è alla ricerca di un segnale che non arriva, non è un’esperienza buona, è frustrante, è angosciosa tante volte.
Noi lavoriamo con il segnale radio, con la telemetria,ma anche col segnale radio, e senza questa cosa non possiamo lavorare. Quindi in tanti casi l’abbiamo vissuta ed è sempre un momento tremendo. Lì è durato per settimane, quindi non è stato piacevole, però il nostro lavoro era di occuparci di Mars Express, quindi anche le informazioni che mi arrivavano erano su Mars Express.
Prima volta che entravamo in orbita attorno a un pianeta, per l’Europa era un momento importante, quindi ci siamo occupati di quello. Nessuno si è preoccupato di Beagle 2 in quel momento, perché non era previsto. Dal giorno successivo, per le settimane successive, io credo che abbiamo cercato addirittura fino a febbraio di ascoltare, e ovviamente a quel punto anche i colleghi americani hanno provato ad ascoltare questi segnali, che non sono mai arrivati».
Valentina Guglielmo
«E dal punto di vista della comunicazione, cosa è passato di più? È passato di più il successo di Mars Express o è passato di più l’insuccesso di Beagle 2?»
Paolo Ferri
«È stata molto delicata come cosa, sono stati fatti anche probabilmente degli errori nella comunicazione. Non è stato facile, andava gestita questa situazione: c’era chiaramente un fallimento, non si aveva la più pallida idea di cosa fosse andato storto, il veicolo era britannico, quindi c’era il governo britannico, c’era questo PI, Colin Pillinger, che se n’era occupato. Insomma in quei mesi, dico mesi perché è durata tanto la storia, poi c’è stata la commissione d’inchiesta eccetera, il management dell’ESA ha dovuto gestire questa situazione, però chiaramente c’è stata un’attenzione sul fallimento di Beagle 2 superiore a quello che l’ESA avesse previsto e anche si sarebbe augurata, perché per noi era il grande successo di arrivare a Marte e ci eravamo portati questo passeggero e questo si era perso. In fondo il nostro lavoro l’abbiamo fatto bene, perché l’abbiamo sganciato nel modo giusto, l’abbiamo portato fino lì, eravamo tutti contenti, ma è chiaro che quando c’è un fallimento, non dico che prenda il sopravvento, ma prende più importanza di quella che uno si augurerebbe. Tutte le cose positive passano in secondo piano».
Valentina Guglielmo
Facendo una ricerca fra le testate che hanno parlato di Beagle 2 all’epoca, testate come il New York Times, Nature, o The Guardian, si legge, al di là dei racconti riguardanti i fatti dei primi mesi e il mistero nato attorno al lander, soprattutto la tensione fra l’Esa e i partner britannici. Titoli come “No signal from Mars; British disappointed”, o “Beagle 2 bites back” – che alla luce di quel che viene scritto si potrebbe tradurre con “Beagle 2 la paga cara” – si alternano dichiarazioni che dicono di non perdere la speranza di ritrovare il lander, ad altre che accusano l’ESA di aver forzato gli inglesi ad attenersi ai requisiti di Mars Express per costruire il loro lander, sacrificando invece i loro, di requisiti. E questo, secondo gli inglesi del team di Beagle 2, avrebbe preparato il terreno al fallimento. Insomma, si cerca un colpevole.
Paolo Ferri
«In questa situazione c’è una grandissima pressione sia sul management dell’ESA sia sui britannici sicuramente, della stampa, anche dell’opinione pubblica, dei politici. Insomma, hai fallito, dimmi un po’ cosa è successo. E quindi la tentazione di andare a cercare le colpe dalla parte dell’altro partner è sempre molto forte. Io credo che in questo caso, come sempre, le colpe vadano divise, forse anche in parti uguali. Comunque ci sono colpe da entrambe le parti. Io credo che sia i britannici che l’ESA abbiano preso molto sottogamba l’atterraggio su Marte. L’idea era “ma sì, questo qui è un cosino da 60 chili, è tutto semplice, è un piatto, non ha neanche i retrorazzi. Insomma, si butta giù, cosa vuoi che succeda?” Onestamente a me sembra, e anche qui per me è facile dirlo adesso col senno di poi, non avendoci partecipato, ma mi sembra veramente una leggerezza questa. Visto che uscivamo di recente da una serie spettacolare di fallimenti su Marte».
[Stacco musicale]
Valentina Guglielmo
Su Beagle 2 si sono perse le speranze poco più di un mese dopo il presunto atterraggio, il 6 febbraio 2004, quando il lander fu dichiarato perso. Dodici anni dopo, il Mars Reconnaissance Orbiter della Nasa, con la sua fotocamera ad alta risoluzione, scatta una foto di Beagle 2. Scrive il New york times: “Emerge che dopo tutto Beagle 2 su Marte ci è atterrato, ma non ha mai chiamato casa”. Nell’immagine si vede infatti che il lander non si è schiantato, ma è atterrato in maniera apparentemente sicura. Aveva anche cominciato ad aprire i petali che erano chiusi sulla sua superficie, senza però riuscire a portare a termine l’operazione e quindi non riuscendo a comunicare. Non scopriremo mai perché si siano interrotte queste operazioni, perché appunto, l’atterraggio è avvenuto alla cieca.
Nei dodici anni trascorsi da allora, comunque, la Nasa ha inanellato una serie di successi per quanto riguarda l’esplorazione marziana, inviando sonde come Mars Odissey o Mars Reconnaissance Orbiter che ha trovato Beagle 2, e superando l’agenzia spaziale europea con i suoi lander Spirit, Opportunity e Curiosity. Ma anche la Nasa, dal canto suo, prima di questi successi veniva da una serie di fallimenti e di errori incredibili che hanno fatto molta polemica.
Paolo Ferri
«Ma il momento più drammatico dell’esplorazione marziana era proprio quello, diciamo, tra la fine degli anni Ottanta e gli anni Novanta, dove tutti fallivano uno dietro l’altro. Decisamente i grandi fallimenti del ‘99, degli americani, Climate Orbiter, credo a settembre, e Polar Lander a dicembre, hanno impresso una svolta pesante nel modo di affrontare le missioni, e soprattutto le missioni marziane, per gli americani. Devo dire che lì, tanto di cappello, hanno veramente accettato che erano sulla strada sbagliata, che appunto stavano facendo le cose troppo alla leggera, risparmiare soldi, eccetera, testare meno. Faster better cheaper era la filosofia di allora, che è durata dieci anni: ha portato anche dei successi, però ha portato anche a una serie di insuccessi spettacolari, che soprattutto con questi due di Marte del 99, per la NASA erano inaccettabili. Quindi gli americani, con gli errori del decennio degli anni Novanta, da quegli errori hanno imparato. Nel 2001, la prima cosa che hanno fatto, avevano previsto due missioni nel 2001, appunto sempre queste finestre ogni due anni, e hanno detto con quei soldi ne facciamo una. Questo già dimostra che avevano capito che non si arriva a Marte risparmiando, e l’hanno imparato. Hanno fatto, come si chiama, Mars Odyssey, che è ancora lì, è il più vecchio satellite intorno a Marte – Mars Express tra l’altro è il secondo più vecchio – funziona ancora Mars Odyssey ed è del 2001. E poi hanno lanciato due missioni, che erano i Mars Exploration Rover nel 2003. Loro, beati loro, hanno un sacco di fondi, quindi si possono permettere di lanciare due missioni identiche, sperando che una delle due funzioni, questo in Europa è impensabile, e tra l’altro hanno funzionato entrambe, come era successo negli anni ‘70 con i Viking. Quindi si sono trovati due rover su Marte, e da lì non ne hanno sbagliata una».
[Inizio musica]
Valentina Guglielmo
“Non si arriva a Marte risparmiando”, dice Paolo Ferri, che nel dicembre 2003 era nella sala di controllo missioni dell’Agenzia spaziale europea, a festeggiare il successo di Mars Express e ad assistere al fallimento del primo atterraggio europeo sul Pianeta Rosso. Per riprovarci, l’agenzia spaziale europea ha atteso quasi 13 anni, quando ha mandato il lander italiano Schiaparelli a bordo di Exomars tgo, la seconda sonda europea ad essere entrata in orbita attorno a Marte. Anche questa, come Mars Express, è ancora operativa. Con Schiaparelli l’atterraggio non è avvenuto alla cieca. Diversi occhi, da Terra e da Marte, erano puntati sul lander italiano, ma qualcosa – anzi, più di qualcosa – è andato comunque storto. Parleremo di Schiaparelli nella prossima puntata, ancora insieme a Paolo Ferri.
Io sono Valentina Guglielmo e quello che avete ascoltato era il primo episodio di Houston, un podcast di Media Inaf che parla di spazio, atterraggi falliti, innovazioni disperate e soluzioni geniali.
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