Diciamolo subito: non funziona. Non ancora, almeno. Elegantissimo concettualmente, il metodo ideato da John Sandusky dei Sandia National Laboratories (Usa), di asteroidi, non ne ha ancora visto uno. Ma lui è ottimista. È appena agli inizi. Ha usato per ora uno soltanto dei 212 eliostati della National Solar Thermal Test Facility, un’enorme distesa di specchi concavi e computerizzati che concentrano la luce verso una torre alta 60 metri. Ed è lì, in cima a quella torre, che Sandusky ha trascorso le notti dell’estate 2023 per mettere alla prova la sua idea: sfruttare tutta quella potenza riflettente, pensata per raccogliere durante il giorno l’energia che ci regala il Sole, anche durante le ore notturne. Per tentare, appunto, di rilevare il passaggio di asteroidi, e magari individuarne di sconosciuti e potenzialmente pericolosi.

La distesa di 212 eliostati e la torre di raccolta della National Solar Thermal Test Facility statunitense. Crediti: Sandia National Laboratories
«Le distese di eliostati di notte non lavorano. Se ne stanno semplicemente lì, inutilizzati. Il nostro paese ha l’opportunità di offrire loro un impiego notturno a un costo relativamente basso per individuare i cosiddetti Neo, oggetti near-Earth», spiega Sandusky. «Se sapessimo in anticipo che un asteroide sta arrivando e dove potrebbe colpire, avremmo maggiori possibilità di prepararci e ridurre i potenziali danni».
L’obiettivo, insomma, sarebbe analogo a quello di telescopi a grande campo come il Flyeye, che dovrebbe entrare in funzione a Monte Mufara, in Sicilia, per vegliare sul nostro pianeta. La tecnica è però completamente diversa. Non essendo pensato per osservazioni astronomiche, il sistema basato sugli eliostati non è infatti in grado di produrre immagini del cielo notturno, né dunque di analizzarle in cerca delle tracce di spostamento che costituiscono la firma tipica di un asteroide, o di un qualunque corpo – anche un telescopio spaziale – che si muova in cielo relativamente più veloce rispetto alle stelle. Il principio che tenta di sfruttare il metodo messo a punto da Sandusky si basa, dunque, soltanto sul lievissimo incremento di quantità di luce che la torre di raccolta dovrebbe registrare quando un asteroide, o un veicolo spaziale, attraversa durante le ore notturne il campo visivo dell’eliostato.
Parliamo però di quantità assolute infinitesimali. «Le torri solari raccolgono di giorno un milione di watt di luce solare», dice John. «Di notte, vogliamo raccogliere la luce solare riflessa dagli asteroidi, che è nell’ordine del femtowatt, vale a dire un milionesimo di miliardesimo di watt». E anche concentrandosi sulla rilevazione delle sole differenze d’ampiezza le cose non vanno molto meglio. Rispetto all’irraggiamento prodotto dalle stelle presenti in media in un campo di vista di circa mezzo grado, un asteroide con magnitudine ottica apparente pari a 18 aumenterebbe l’irraggiamento di circa 20 parti per milione.

Lo scienziato John Sandusky nel campo degli eliostati presso il National Solar Thermal Test Facility. Crediti: Craig Fritz
L’idea di Sandusky è dunque quella di tentare di analizzare il segnale nel dominio delle frequenze, facendo oscillare a velocità costante gli eliostati e misurando le variazioni di frequenza nel segnale cumulativo d’irraggiamento registrato dalla torre. «Disponiamo di metodi molto precisi per misurare le frequenze. Anche variazioni di frequenza minime, pari a un milionesimo di ciclo al secondo», spiega Sandusky, «sono misurabili grazie a standard disponibili in commercio, che usando segnali di riferimento come quello del Gps. Non occorre far altro che spazzare il cielo con l’eliostato a una velocità fissa. Se si riescono a mappare a mappare tutte le stelle su una frequenza, qualunque cosa che si muova rispetto alle stelle apparirà su una frequenza vicinissima ma comunque distinguibile».
Il principio è ben illustrato nello schema qui di seguito. La luce proveniente dalle singole stelle e dall’asteroide produce un impulso di fotocorrente ogni volta che la scansione dell’eliostato – che spazza l’ascensione retta a una frequenza di 18,5 milliHertz – concentra brevemente il loro riflesso sul fotorilevatore presente sulla torre solare, come indicato nel pannello inferiore per una singola stella (in corrispondenza delle intersezioni fra la linea blu, che rappresenta l’ascensione retta dell’eliostato, e la prima linea tratteggiata rossa, che rappresenta appunto la stella) e per l’asteroide (in corrispondenza, in questo caso, delle intersezioni fra la linea blu e la linea continua verde). L’insieme delle stelle presenti nel campo di vista produrrà dunque una fotocorrente stellare complessiva con periodo T, mentre quella – enormemente più debole – dovuta all’asteroide avrà un periodo pari a T+ΔT.

Modello concettuale della tecnica proposta nel dominio della frequenza per separare il segnale degli asteroidi dal fondo stellare. L’orientamento dell’eliostato varia periodicamente lungo l’ascensione retta ogni 54 secondi, producendo una fotocorrente stellare di periodo T. Anche la fotocorrente proveniente da un asteroide che si muove lungo la variazione segue un ciclo, ma il suo periodo è T+ΔT. Crediti: John V. Sandusky, Proceedings Volume 13149, Unconventional Imaging, Sensing, and Adaptive Optics, 2024
Se il sistema fosse in grado di rilevare questa differenza di frequenza, ecco che avrà rilevato il passaggio dell’asteroide. Ma è un grosso ‘se’. La campagna di misure di Sandusky, i cui risultati sono stati presentati l’anno scorso alla Spie, mostra che, per sperare di rilevare il passaggio di un asteroide, la stabilità di frequenza del sistema dovrebbe essere migliorata di un ordine di grandezza. E anche così, per ridurre il rumore, sarebbe comunque necessario usare tutti e 212 gli eliostati, non uno soltanto come fatto durante il test.
In tal caso potrebbe funzionare? C’è qualche altro accorgimento che si potrebbe usare? «Vogliamo sentire l’opinione dei nostri colleghi nel campo dell’ottica e della comunità che si occupa della ricerca di asteroidi», è l’appello lanciato da Sandusky. Nel frattempo, come prossimo obiettivo intermedio si è posto quello di rilevare il passaggio di un pianeta.
Per saperne di più:
- Leggi sui Proceedings Volume 13149, Unconventional Imaging, Sensing, and Adaptive Optics 2024 l’articolo “Prospect for cislunar spacecraft and near-earth asteroid detection using heliostat fields at night”, di John V. Sandusky






