UN VIAGGIO TRA ONDE SONORE E ONDE DELLO SPAZIO TEMPO

Imago Vocis premiato alla Biennale di Venezia

Il progetto di teatro scientifico di Alberto Colombo Sormani, ricercatore all’Inaf di Roma, ha vinto il premio Biennale College Regia under 30. Si intitola “Imago Vocis” e mette insieme la voce umana e le onde gravitazionali. «Voglio indagare i modi in cui percepiamo la realtà, il confine tra ciò che è visibile e ciò che non lo è», dice Alberto ai microfoni di Media Inaf

     20/06/2025

Alberto Colombo Sormani, ricercatore all’Inaf di Roma

Un ponte tra scienza e arte, tra le profondità dello spazio e il suono della voce umana. È questa l’idea al centro di Imago Vocis, il progetto divulgativo ideato da Alberto Colombo Sormani dell’Inaf di Roma, che si è aggiudicato il prestigioso premio College Regia under 30 della Biennale di Venezia.

Il lavoro – attualmente in fase di sviluppo e previsto in scena nel 2026 – parte da un accostamento tanto inaspettato quanto potente: quello tra le onde gravitazionali, che increspano il tessuto dello spazio-tempo, e le vibrazioni della voce, che modellano l’aria per dare forma al pensiero. Abbiamo raggiunto Alberto per farci raccontare meglio questa visione, il processo creativo e ciò che possiamo aspettarci dallo spettacolo.

Innanzitutto complimenti per questo riconoscimento! La prima curiosità che ho è: cosa ti ha ispirato a mettere insieme le onde sonore generate dalla voce umana e le onde gravitazionali?

«Tutto è nato qualche anno fa, mentre spiegavo la mia tesi di dottorato a una mia amica, Nicole Zanin, che è attrice e logopedista. Ascoltandola parlare del suo lavoro, sono rimasto colpito da quanto le nostre discipline si sovrapponessero. Entrambi, in fondo, studiavamo vibrazioni fisiche per cercare di accedere a una dimensione della realtà altrimenti invisibile. Attraverso le onde gravitazionali possiamo studiare oggetti inaccessibili come i buchi neri. Allo stesso modo, lei, attraverso l’ascolto e l’analisi della voce, riesce a entrare in contatto con parti profonde e spesso inconsce delle persone. Da lì è nato il mio interesse per i modi in cui percepiamo la realtà e per i confini tra ciò che è visibile e ciò che non lo è».

Quanto è stato complesso nella fase creativa intrecciare tra loro gli aspetti narrativi e teatrali con il rigore scientifico nello spettacolo?

«Estremamente complesso! Ma spesso sono proprio le domande più difficili a rendere un processo creativo davvero stimolante. Il confronto tra linguaggi così diversi, come quello scientifico e quello teatrale, è una sfida che richiede di mantenere lo sguardo aperto su ciò che accade dentro e fuori di noi, accogliendo prospettive diverse nella speranza di generarne di nuove. Proprio con questa visione ho co-fondato, insieme a Greta Milani, Giulia Nespoli e Valeria Torresan, Kilonova Art: un collettivo artistico nato per esplorare la creazione in chiave transdisciplinare. Come una kilonova è l’esplosione generata dalla collisione di due stelle di neutroni, capace di produrre oro, così noi cerchiamo ciò che c’è di prezioso nell’incontro (e spesso nello scontro) tra discipline, visioni e pratiche artistiche.

Proiezione visuale utilizzata in Imago Vocis, realizzata da Giulia Nespoli. Uno spettrogramma reagisce in tempo reale alla voce di una performer, trasformandosi nella trama dello spazio-tempo deformata dalla presenza di un buco nero

Il progetto è stato ora premiato al Festival internazionale del Teatro Biennale di Venezia: secondo te, quali aspetti hanno convinto maggiormente la giuria?

«È stata la prima domanda che ho rivolto al direttore artistico Willem Dafoe — quando mi sarebbe ricapitata l’occasione di chiedere un feedback a una giuria di questo tipo? Mi ha detto che ciò che lo ha colpito di più è stato l’equilibrio complessivo del progetto: la capacità di tenere insieme la dimensione teatrale, visiva e scientifica in modo armonico e coerente. Ha anche sottolineato il talento delle attrici e performer in scena, che hanno dato forza e presenza al lavoro.

Chi immagini come pubblico ideale per questo spettacolo, e che tipo di esperienza vorresti offrire?

«Esperienza è davvero la parola giusta, perché il pubblico ideale, indipendentemente dal suo background, è quello pronto ad accettare una sfida. Il teatro deve essere pericoloso, proprio perché è irripetibile nella presenza condivisa di uno spazio e di un momento – qualcosa che cinema e tv non possono offrire. Il teatro deve avere la forza di mettere in crisi le nostre certezze e di scardinare il nostro pensiero. Esattamente come fa la scienza: non per spiegare tutto, ma per costringerci a riformulare le domande, ad ampliare il nostro sguardo. È questa l’esperienza che vorrei offrire».

Guardando al futuro, come ti piacerebbe far evolvere il progetto? Hai già in mente nuovi formati, contesti o collaborazioni?

«Per il futuro mi auguro che la rete intorno al progetto continui ad allargarsi. Mi piacerebbe che sempre più artistə, scienziatə, enti di ricerca e realtà culturali trovassero in Kilonova Art uno spazio fertile per incontrarsi, collaborare e dare forma a nuovi immaginari».