Edvige Corbelli lungo il fiume Rodano ad Arles, nel punto in cui van Gogh dipinse “Notte stellata sul Rodano” (1888). Crediti: E. Corbelli
Ricchi di dettagli e rappresentati con cura, sono tanti i cieli notturni campeggiano dipinti nelle opere di Vincent van Gogh, quasi a sottolineare l’attenzione dell’artista per i fenomeni celesti, e chissà, forse un vero e proprio interesse per l’astronomia, che alla fine del 19esimo secolo si arricchiva di avvincenti sviluppi. A farci scoprire molte sfumature astronomiche dei cieli di van Gogh – alcune delle quali inedite – è Edvige Corbelli, autrice dello studio “Depictions of a lunar eclipse and the dawn of astrophysics in van Gogh’s paintings”, pubblicato tra gli articoli del numero di marzo del Journal of Astronomical History and Heritage. Edvige Corbelli è ricercatrice all’Inaf di Arcetri, dove si occupa di astrofisica extragalattica, in particolare di formazione stellare in galassie vicine, di materia oscura, e di dinamica e interazioni tra galassie.
Come nasce questo interesse per i cieli di van Gogh?
«Per caso. Una decina di anni fa ho incontrato un collega al Moma di New York, dove era in corso la mostra Van Gogh and the colors of the night sul primo periodo della vita dell’artista e sul significato della luce crepuscolare nei suoi primi dipinti. Sono rimasta colpita dall’impegno dell’artista nel dipingere paesaggi e scene di vita notturna. Tra le opere permanenti del museo c’era anche “La notte stellata”, il suo capolavoro più conosciuto, da cui emergeva un netto contrasto di luce, di colori, di modalità nel dipingere un cielo stellato… questa mostra ha ispirato le mie ricerche successive e la conoscenza dell’artista».
Cosa colpisce dei cieli di van Gogh?
«La fedeltà di van Gogh nel riprodurre le posizioni e le caratteristiche degli oggetti celesti, così come la sua profonda attenzione ai fenomeni celesti, sono evidenti in molte delle sue opere, in particolare durante gli ultimi anni della sua vita. Ho analizzato in particolare le opere che suggerivano la consapevolezza dell’artista di nuovi concetti astrofisici rilevanti nella seconda metà del 19esimo secolo, e sicuramente il profondo fascino che van Gogh provava per i fenomeni celesti che spesso raffigurava nei suoi capolavori».
“La notte stellata”, Vincent van Gogh, 1889. Crediti: pubblico dominio
Quanta astronomia c’è nei quadri di van Gogh? In quali opere?
«Sicuramente nel suo capolavoro, “La notte stellata”. Qui, le stelle non sono rappresentate semplicemente come piccoli punti gialli contro un cielo scuro. Presentano una struttura e assumono un colore non uniforme dal centro verso i bordi. I colori cambiano da una stella all’altra. Non dimentichiamo infatti che la spettroscopia stellare, ovvero lo studio e la classificazione degli spettri, nacque all’inizio del 19esimo secolo, quando lo scienziato tedesco Joseph von Fraunhofer scoprì le righe scure nello spettro del Sole, come descritto da Flammarion nel libro Astronomia popolare, nelle riviste dell’epoca. E van Gogh era un lettore accanito, dai tempi in cui lavorò in una libreria. Il pianeta Venere – descritto da van Gogh come “…la stella del mattino…” – era l’oggetto più luminoso del cielo al momento in cui questo capolavoro fu dipinto. Posizionato a destra del cipresso, Venere è raffigurato con un prominente involucro bianco che circonda un piccolo nucleo giallastro. Secondo Stellarium, il pianeta raggiunse la sua massima luminosità nel giugno del 1889. Le posizioni relative della Luna e di Venere corrispondono a un’osservazione del cielo tra il 18 e il 23 giugno. Ne “La notte stellata” ci sono altri elementi di grande interesse astronomico: van Gogh rappresenta il cielo con movimenti vorticosi. Nel mio articolo analizzo diverse ipotesi sul vortice centrale del quadro, alcune delle quali mai presentate prima, come quella collegata con lo sciame delle Arietidi, presente in quella zona di cielo in quel periodo della notte e con l’ipotesi di quei tempi che la formazione delle nebulose a spirale fosse collegata con gli sciami di meteoriti».
Su cosa in particolare si è concentrata la sua attenzione?
«Sono sempre rimasta perplessa riguardo il colore rossastro della Luna in “Moonrise”, solo da un lato. Mi sono resa conto che la luce cinerea della Luna poteva indicare un’eclisse. Ho quindi cercato nell’archivio della Nasa dedicato alle eclissi lunari tra il 1801 e il 1900 e ho scoperto che l’eclissi lunare numero 09393 – verificatasi il 12 luglio 1889 – era visibile dalla Francia meridionale. Si trattava di un’eclissi lunare parziale della durata di 142 minuti. Si può facilmente ricostruire che a Saint-Rémy-de-Provence – dove si trovava allora l’artista – la fase di penombra di questa eclissi è iniziata subito dopo il sorgere della Luna sull’orizzonte in direzione sud-est, intorno alle 20:05 (ora locale). È probabile che la Luna e l’eclissi siano diventate visibili dalla stanza di van Gogh pochi minuti dopo, quando la Luna si levò sopra la parete rocciosa della cresta alpina. Non sappiamo se van Gogh fosse a conoscenza dell’imminente eclissi lunare ma anche la popolare rivista L’Astronomie (che all’epoca era anche il Bulletin de la Société Astronomique de France) riportava che un’eclissi lunare parziale si sarebbe verificata in Francia il 12 luglio. La datazione del quadro coincide esattamente con un eclisse parziale di luna visibile in Provenza, e questa è una vera scoperta. Spero che in futuro nei libri di arte ci si riferisca al dipinto “Moonrise” come “Eclipse at moonrise”.
“Evening landscape at moonrise” (o più semplicemente “Moonrise”), Vincent van Gogh, 1889. Crediti: pubblico dominio
Possiamo pensare quindi che van Gogh si interessasse di astronomia?
«Sono giunta alla conclusione che “La notte stellata”, così come altri dipinti, non era solo guidata dalla poesia della notte, ma anche dalla sua consapevolezza dell’alba dell’astrofisica nel 19esimo secolo. È evidente un cambiamento nel modo in cui l’artista concepiva il cielo – con cieli che diventavano più dinamici e ricchi di colori – dopo il suo soggiorno a Parigi, tra il 1886 e il 1888, quando Parigi si preparava per l’Esposizione universale con l’inaugurazione della Torre Eiffel, simbolo del progresso e della cultura. L’impressione generale è che l’artista nutrisse un fascino e una profonda attenzione per i fenomeni celesti, oltre a una certa conoscenza delle nuove meraviglie e scoperte dell’astrofisica del 19esimo secolo. Insomma, nelle opere di Van Gogh emerge un fortissimo legame tra arte e scienza».
Perché cercare questa connessione tra van Gogh e l’astronomia è così avvincente?
«Innanzitutto perché è una scoperta. L’artista ha fatto solo dei vaghi riferimenti alle sue conoscenze astrofisiche nelle sue lettere. Queste conoscenze sono presenti nei suoi quadri ma trovarle è stato un po’ come fare una caccia al tesoro. Non dimentichiamo che van Gogh dipinge i cieli alla fine dell’Ottocento, dopo essere stato a Parigi, dove nei circoli culturali si parlava del colore delle stelle e delle nebulose, di un cielo che non era più statico e sempre lo stesso ma dinamico e mutante. Queste idee circolavano anche sui giornali che riceveva mentre soggiornava in Provenza. L’artista ne ha fatto tesoro riproponendole in veste pittorica».
In che modo questo tipo di lavoro interdisciplinare può arricchire le conoscenze astronomiche?
«Nei quadri di van Gogh ritroviamo semplici fenomeni celesti come congiunzioni planetarie e come un’eclissi di Luna, che nessuno prima aveva mai notato o interpretato come tale, ma anche elementi strettamente legati alla nascita dell’astrofisica come scienza, alla spettroscopia e alla scoperta che la Via Lattea non è il confine del nostro universo. Questi elementi ci fanno capire quanto grande fosse l’esigenza della conoscenza del cielo a fine Ottocento e il grande valore della diffusione della scienza, che in Francia sotto la spinta di Flammarion e dei circoli parigini riusciva finalmente ad essere alla portata di tutti. Van Gogh dimostra in maniera unica l’importanza dell’intercultura, di come da piccole fluttuazioni scorrelate in ambiti culturali diversi possa nascere una risonanza che ispira nuove ricerche e richiama l’attenzione delle folle verso la bellezza e la conoscenza del cielo stellato».
Per saperne di più:
- Leggi sul Journal of Astronomical History and Heritage l’articolo “Depictions of a lunar eclipse and the dawn of astrophysics in van Gogh’s paintings”, di Edvige Corbelli