SI È APPENA AGGIUDICATO UN ERC ADVANCED GRANT DA 3,5 MILIONI DI EURO

Martino Marisaldi, fisico con la testa oltre le nuvole

Da Bologna a Bergen, in Norvegia, inseguendo i lampi gamma terrestri, fenomeno del quale è uno fra i maggiori esperti al mondo. Ora, grazie al generoso finanziamento che gli ha assegnato lo European Research Council, potrà studiarli dall’alto, volando sopra le nubi temporalesche e osservando per la prima volta le regioni responsabili dell’emissione gamma e vedendo come evolvono in seguito a un fulmine

     17/06/2025

Nato a Bologna, dove si è laureato e dottorato, Martino Marisaldi – vincitore nel 2025 di un Erc Advanced Grant – ha iniziato a lavorare all’Inaf sulla missione spaziale tutta italiana Agile sin dalla fase di realizzazione. Dopo il lancio di Agile si è occupato dello sfruttamento scientifico della missione, inizialmente sui gamma ray burst, poi sui brevi lampi gamma di origine terrestre associati all’attività temporalesca, i cosiddetti terrestrial gamma ray flash (Tgf). Argomento che lo ha sempre più appassionato, al punto da convincersi ad accettare una posizione all’Università di Bergen, dove lavora tuttora, in uno dei gruppi più forti a livello mondiale in questo campo. Continua comunque a lavorare anche sui gamma ray burst, e coordina il contributo norvegese alla missione Theseus. Crediti: M. Marisaldi

Venerdì 6 giugno non era davanti alla tv, non ha assistito in diretta alla débâcle azzurra – un 3 a 0 secco nella gara d’esordio alle qualificazioni dei Mondiali 2026. «Non sono un grande tifoso di calcio», dice a Media Inaf, «di solito mi limito a guardare le partite di mia figlia di sette anni. Per fortuna la partita ha avuto luogo alla vigilia di un ponte lungo, qui in Norvegia, quindi quando sono tornato in ufficio l’argomento non era più molto hot. Ovviamente sono dispiaciuto per l’Italia, ma allo stesso modo sono contento per la Norvegia: qui il calcio è molto amato, ma la Norvegia non ha mai avuto molto successo internazionale, quindi capisco che un risultato come questo sia stato accolto con grande clamore».

A parlare è Martino Marisaldi, fisico bolognese che dopo aver lavorato per anni in Italia, all’Istituto nazionale di astrofisica, al quale è tutt’ora associato, ha deciso di accettare una posizione all’Università di Bergen, in Norvegia, appunto. E sicuramente negli ultimi giorni ha avuto un argomento assai più hot della disfatta della Nazionale di cui discutere con i suoi più stretti collaboratori: lo European Research Council (Erc) gli ha appena assegnato – l’annuncio ufficiale è di oggi, martedì 17 giugno – un ambitissimo Erc Advanced Grant: un finanziamento da 3,5 milioni di euro per condurre un progetto di ricerca sui lampi gamma terrestri (Tgf, dall’inglese terrestrial gamma-ray flash). Brevi lampi gamma di origine terrestre associati all’attività temporalesca, i Tgf sono un fenomeno scoperto verso la fine del secolo scorso, e sul quale Marisaldi – che ha iniziato a studiarli quando ancora lavorava in Italia nel team del satellite Agile, che riusciva a rilevarli molto bene – è oggi uno fra i maggiori esperti al mondo.

Marisaldi, che progetto è, questo che le è appena stato finanziato?

«Nel 2023 abbiamo fatto una campagna aerea in Florida e nel Golfo del Messico usando un aereo della Nasa in grado di volare ad alta quota, 20 km, sopra le nubi temporalesche. Abbiamo ottenuto risultati eccezionali che stanno trasformando questo campo di ricerca. Abbiamo scoperto nuovi fenomeni, e abbiamo mostrato che tutto quello che sapevamo prima in base a osservazioni dallo spazio era solo la punta dell’iceberg. Con questo nuovo progetto torneremo a volare sopra le nubi temporalesche, questa volta con strumenti in grado di fare l’immagine delle nubi in raggi gamma e, contemporaneamente, l’immagine dei fulmini usando dei ricevitori radio direttamente a bordo dell’aereo. Una cosa del genere non è mai stata fatta prima d’ora e permetterà di “vedere” le regioni responsabili dell’emissione gamma nelle nubi e come queste evolvono in seguito a un fulmine. Inoltre, permetterà di testare una delle ipotesi sulla formazione dei fulmini, che è ancora uno dei principali problemi irrisolti in questo campo di ricerca».

Voli ad altissima quota sopra i temporali: sembra un’esperienza piuttosto avventurosa, per un ricercatore. Ci sarà anche lei, a bordo dell’aereo?

«Essere in Florida nel 2023 e osservare in tempo reale le misure del nostro strumento in volo a centinaia di chilometri di distanza è stato il momento scientificamente più eccitante della mia carriera dai tempi del lancio di Agile. Non vedo l’ora di ripetere questa esperienza, questa volta con la responsabilità completa della missione. Purtroppo, non ho potuto, e non potrò salire sull’aereo: è un monoposto e i piloti volano in una specie di tuta spaziale sotto ossigeno, necessario data la quota di volo quasi doppia rispetto a quella di un normale aereo passeggeri».

Rappresentazione artistica dell’aereo della Nasa che sorvola le nuvole illuminate dai raggi gamma nei Caraibi durante la campagna di volo del 2023. Crediti: UiB/Mount Visual

Ecco, a proposito di aerei passeggeri: c’è anche la sicurezza aerea, fra le possibili ricadute dei suoi studi?

«L’obiettivo del progetto è ricerca fondamentale. Non vedo ricadute pratiche immediate, anche se non posso escluderle per il futuro, soprattutto per quanto riguarda la comprensione dell’impatto delle nubi temporalesche sulla chimica e la dinamica dell’atmosfera, ed eventualmente sul clima. Oppure, dal punto di vista tecnologico, per l’ottimizzazione degli strumenti per la rivelazione di fulmini da terra. Non sono invece un grande fan dell’associazione dei Tgf a problematiche di sicurezza aerea. Ci sono molti ottimi motivi da parte di un pilota per evitare di volare dentro una nube temporalesca, prima di pensare ai Tgf».

Gli advanced grant, come quello che le è stato assegnato, sono tra i finanziamenti dell’Erc probabilmente i più ghiotti. E sono riservati ai ricercatori di maggior successo, “leader eccezionali in termini di originalità e importanza dei loro contributi di ricerca”, recita il bando. È stato difficile aggiudicarsene uno? E come lo spenderà?

«Riguardo gli Erc Advanced Grant, ci sono state un totale di 2534 proposte inviate, e solo 281 sono state approvate, l’11,4 per cento. La Norvegia ha avuto cinque grant approvati, di cui solo due in discipline Stem, entrambi all’Università di Bergen. Un bel risultato direi, sia per me che per la mia università. Quanto all’impiego dei 3,5 milioni di euro, un milione è destinato alla sola campagna di volo. Il progetto finanzierà poi in parte ricercatori e tecnici che fanno già parte del nostro gruppo a Bergen, che si occuperanno della realizzazione dello strumento gamma, delle simulazioni necessarie per ottimizzare gli strumenti e della pipeline di analisi dati. Il progetto finanzierà anche un nuovo studente di dottorato, che si occuperà delle calibrazioni dello strumento gamma e dell’estrazione delle immagini. Inoltre, il progetto finanzierà attività sperimentale di molti collaboratori, fra Usa, Spagna e Messico».

Statistiche sui vincitori sugli Erc Advanced Grants 2025 (cliccare per ingrandire): in alto l’istogramma con i paesi dell’istituzione ospite, in basso quella con la nazionalità dei vincitori. Anche quest’anno l’Italia, a fronte di un elevato numero di vincitori di nazionalità italiana (ben 37) ospiterà nelle sue università e centri di ricerca un numero significativamente più ridotto (sono 25 quelli che hanno scelto il nostro paese, comunque un ottimo terzo posto) di vincitori. Fonte: The European Research Council

Siamo partiti parlando dell’Italia del calcio. Provando a leggerla in filigrana nelle statistiche degli Erc, anche l’Italia della scienza appare un po’ in declino. Statistiche nelle quali rientra ora anche il suo caso. L’Italia non attrae scienziati, anzi, sembra quasi respingerli: a fronte di numerosi italiani vincitori di grant Erc, sono relativamente pochi quelli – italiani e non – che scelgono di condurre le proprie ricerche qui, anche se quest’anno la situazione è assai migliorata. Quali sono secondo lei i motivi, e quali le possibili soluzioni?

«Questa è una domanda complessa, che ovviamente merita una risposta complessa. Posso presentare il mio caso personale, che forse è un po’ atipico. Ho deciso di trasferirmi all’estero a quarant’anni suonati, e nonostante una posizione permanente all’Inaf, per un misto di ambizione scientifica e prospettive di carriera. È stata una scelta rischiosa, che per mia fortuna ha pagato. Mi rendo conto che molti ricercatori non hanno il “lusso” di questa scelta, e quando si trasferiscono lo fanno magari per necessità, perché non vedono altre possibilità per restare nella ricerca in Italia. Questa situazione si può sicuramente curare in parte con l’aumento delle risorse destinate alla ricerca, ma questa è la parte semplice e ovvia della risposta. Meno ovvio è come le risorse vengono impiegate e con quali condizioni al contorno. Penso a un’amministrazione e a una burocrazia che siano di supporto, e non di intralcio. Penso a prospettive di carriera chiare e basate sul merito. Penso anche e soprattutto a un ambiente culturale che consideri la ricerca e l’attività intellettuale in generale non come una perdita di tempo, ma come una risorsa fondante per il futuro».