È venuto a mancare lo scorso 5 agosto Guido Chincarini, figura chiave della rinascita dell’Osservatorio astronomico di Brera negli anni Novanta, nonché scienziato di spicco dell’astrofisica internazionale.
Laureatosi nel 1960 presso l’Università degli Studi di Padova, Guido ha passato la parte iniziale della sua carriera tra l’Italia (Università di Padova) e gli Stati Uniti (Lick Observatory, University of California, Wesleyan University, Mc Donald Observatory, University of Oklahoma). Rilevanti a livello internazionale i suoi contributi in ambito scientifico, che hanno principalmente riguardato l’astronomia extragalattica, la cosmologia osservativa (di cui è stato figura chiave negli anni Ottanta del secolo passato) e lo sviluppo di strumentazione di avanguardia in campo astronomico.
Ritornato in Italia nel 1985 come professore ordinario (Università degli Studi di Milano), gli è stata affidata la direzione dell’Osservatorio astronomico di Brera, che ha diretto in maniera continuativa fino al 2001. Moltissime delle attività di ricerca per cui l’Osservatorio di Brera è ora famoso nel mondo sono state fortemente volute, impostate e organizzate da Guido durante la sua direzione. Fondamentale inoltre il suo contributo per la riorganizzazione degli uffici amministrativi, e per la creazione, primo tra gli Osservatori in Italia, di un ufficio predisposto alla comunicazione della scienza (Poe Brera) e per la valorizzazione del patrimonio storico e archivistico dell’Osservatorio di Brera
In stretta collaborazione con Oberto Citterio e Paolo Conconi, ha contribuito allo sviluppo delle tecnologie per la produzione delle ottiche per astronomia X, per cui l’Osservatorio ha acquisito una posizione di primo piano a livello internazionale. Quest’ultima attività di ricerca tecnologica è stata prodroma all’ingresso dell’Osservatorio nella missione Swift, di cui ha guidato la partecipazione nazionale nella prima fase della missione.
Come scrive Filippo Zerbi, direttore scientifico dell’Inaf e collaboratore di Guido alla fine degli anni ‘90: «Con Guido viene a mancare un innovatore. Come tutti gli innovatori ha rotto schemi ed equilibri in una comunità astronomica nazionale che faticava, pur tentando, a emanciparsi e a occupare un ruolo di leadership nel contesto internazionale. Un pensatore ortogonale, una persona spesso “contro” ma anche un coach con schemi nuovi, ogni tanto anche temerari, spesso vincenti. Come con ogni allenatore eccellente, il rapporto con giocatori eccellenti può non essere stato facile ma molti ricercatori della mia generazione, e non solo dell’area milanese, sono stati fortemente ispirati dalle azioni di Guido, altri meno. Nelle oggettive e riconosciute difficoltà questo rapporto, a volte conflittuale, ha portato l’astronomia italiana ai livelli a cui Guido intendeva condurla: una valutazione storica obbiettiva non potrà negare il suo enorme impatto costruttivo».
Un breve ricordo di Guido Chincarini
di Giampaolo Vettolani
Ho iniziato a lavorare con Guido dai primi anni Ottanta sulla distribuzione a grande scala delle galassie e degli ammassi, sulle proprietà dei filamenti e dei vuoti e infine su survey di galassie come la Esp a Eso con lo spettrografo multifibra Octopus o l’analisi all sky della distribuzione degli ammassi di galassie, che ha portato nel 1989 alla (ri)scoperta della Shapley concentration, possibile alternativa al Great Attractor come sorgente del moto misurato dal dipolo del fondo a micro-onde. Sono stati anni con tanti risultati e di grande soddisfazione.
Poi gli interessi di Guido si sono andati spostando verso le alte energie (survey X di ammassi e in seguito gamma ray burst) ma comunque mantenendo un occhio attento ai problemi della struttura a grande scala dell’universo, di cui era stato un pioniere quando con Herbert J. Rood, a metà degli anni Settanta, mostrò che l’ammasso di Coma non era isolato ma immerso in un supercluster di galassie.
Negli anni Novanta era diventata chiara la necessità di un salto qualitativo nella strumentazione spettroscopica, sia in termini di sensibilità che di area di cielo esplorabile in una singola esposizione scientifica (multiplex). Questo al fine di ottenere survey di redshift a magnitudini deboli per affrontare il problema dell’evoluzione delle proprietà di clustering e dell’evoluzione delle popolazioni stellari nelle galassie. Queste considerazioni hanno portato nel 1997 alla proposta di dotare il Vlt di Eso di uno strumento per spettrografia di nuova concezione denominato Vimos (Vlt Imager Multi Object Spectrometer) che Guido ha sostenuto in maniera molto incisiva sia scientificamente che gestionalmente, ad esempio gestendo a Merate i fondi per la costruzione in Italia, presso l’Osservatorio di Brera, che aveva diretto sin dal suo rientro in Italia.
Guido era una persona di carattere forte, ma scientificamente molto generoso e con un forte spirito di leadership. Vorrei darne un esempio di cui sono stato testimone diretto. Qualche anno prima della scomparsa di George Abell nel 1983, la catalogazione degli ammassi di galassie che Abell aveva iniziato per completare, con il catalogo sud, il famoso Catalogo di ammassi a nord era a un punto morto. Guido, che era grande amico di Abell e si trovava allora alla University of Oklahoma a Norman (da cui si assentava per lunghi periodi in cui lavorava in Europa a Eso), prese in mano la situazione e assoldò dapprima Harold Corwin del Mac Donald Observatory a Austin (Texas) e un giovane postdoc, Ron(ald) Olowin, a Norman. Guido predispose il piano di lavoro, dicusse con loro la tecnica di identificazione, come fare i conteggi di galassie in ammasso, la scala delle magnitudini e tutto quanto era necessario per realizzare il catalogo sud, incluso l’acquisto di visori stereo per lastre, apparati fotografici, misuratori di coordinate dal suo grant Nsf personale e presentando lui stesso, in seguito, un grant specifico sulla catalogazione. Quando il catalogo era in uno stato avanzato, durante una mia lunga visita a Norman, decidemmo di iniziare un progetto di fotometria ccd per la misura accurata delle magnitudini delle galassie in ammasso. Tornato in Europa preparai una proposta di osservazione per il 2.2 metri di Eso e inviai la bozza a Guido. Avevo riferito nella proposta il catalogo sud come ‘ACCO catalog’, ovvero come Abell Chincarini Corwin Olowin.
Guido mi intimò di usare il nome che poi è diventato l’acronimo con cui è universalmente conosciuto il catalogo sud di ammassi (vicini nella concezione moderna) ‘ACO’, senza Chincarini cioè: doveva essere un tributo a George Abell che aveva iniziato il tutto e un buon biglietto da visita per la carriera dei due coautori che, a detta di Guido, avevano fatto il lavoro tedioso. Guido aveva curato la parte organizzativa e di “basic astronomy” che poteva fare chiunque, diceva lui. Non so quanti nella stessa posizione si comporterebbero egualmente, soprattutto ora in un periodo un cui parecchi lavori sono firmati da centinaia di persone il cui contributo è perlomeno poco chiaro!
Devo tanta parte della mia carriera scientifica a Guido e lo ricorderò sempre come uno dei due maestri che ho avuto nei miei ormai cinquanta anni di lavoro: Giancarlo Setti e Guido Chincarini – che mi hanno insegnato tantissimo e mi hanno guidato con mano ferma, talvolta un poco troppo…, nel lavoro sia scientifico che gestionale.