I FILAMENTI SUL PIANETA AGISCONO COME I FRONTI SULLA TERRA

Usare l’oceanografia per capire i cicloni di Giove

Una nuova ricerca pubblicata su Nature Physics dimostra che le tempeste che si scatenano nelle regioni polari di Giove sono alimentate da processi noti ai fisici che studiano gli oceani e l'atmosfera della Terra. Le affinità geofisiche tra i due corpi celesti, distanti in media oltre 700 milioni di chilometri, potrebbero aiutare a migliorare la comprensione di questi processi sulla Terra

     06/06/2024

Sistema di nubi nell’emisfero settentrionale di Giove, fotografato dalla sonda Juno. Crediti: Nasa

Una nuova ricerca guidata da Lia Siegelman, fisico-oceanografo presso lo Scripps Institution of Oceanography della Uc San Diego, dimostra che le tempeste che si scatenano nelle regioni polari di Giove sono alimentate da processi ben noti ai fisici che studiano gli oceani e l’atmosfera della Terra. Le affinità geofisiche tra i due corpi celesti, distanti in media oltre 700 milioni di chilometri, potrebbero aiutare a migliorare la comprensione di questi processi sulla Terra.

Siegelman stabilì per la prima volta un collegamento tra il nostro pianeta e il gigante gassoso nel 2018, quando notò una sorprendente somiglianza tra le immagini degli enormi cicloni di Giove e la turbolenza oceanica che stava studiando. Per un fisico, l’aria e l’acqua sono entrambi considerati fluidi, quindi applicare la fisica degli oceani a Giove non è così inverosimile come sembra. Giove è fondamentalmente un oceano di gas, sostiene l’autrice.

Questa osservazione portò Siegelman a essere coautrice di uno studio del 2022 pubblicato su Nature Physics che analizzò le immagini a infrarossi ad alta risoluzione dei cicloni di Giove riprese dalla sonda Juno della Nasa. L’analisi rivelò che un tipo di convezione simile a quella che si osserva sulla Terra contribuisce a sostenere le tempeste di Giove, che possono essere vaste migliaia di chilometri e durare anni.

Lo studio del 2022 si era concentrato direttamente sui cicloni di Giove, ma Siegelman in quell’occasione vide anche dei vaporosi filamenti negli spazi tra i vortici gassosi. Così, la ricercatrice usò le immagini dettagliate di Juno per valutare se questa somiglianza con i processi oceanici e atmosferici del nostro pianeta fosse solo apparente.

Pubblicato oggi su Nature Physics e finanziato da Scripps e dalla National Science Foundation, il nuovo studio di Siegelman trova ulteriori somiglianze tra i processi che alimentano i cicloni di Giove e quelli che agiscono sulla Terra. Dimostra che i filamenti tra i cicloni di Giove agiscono di concerto con la convezione per promuovere e sostenere le tempeste giganti del pianeta. In particolare, i filamenti di Giove agiscono in modo simile a quelli che gli oceanografi e i meteorologi sulla Terra chiamano fronti.

Nelle previsioni meteorologiche si parla spesso di fronti freddi o fronti temporaleschi, ma il concetto si applica sia ai gas che ai liquidi. Un fronte è il confine tra masse gassose o liquide con densità diverse dovute a differenze di alcune proprietà, come ad esempio la temperatura. Negli oceani, i fronti possono anche essere dovuti a differenze di salinità, che influenzano la densità dell’acqua marina insieme alla temperatura. Una caratteristica fondamentale dei fronti è che i loro bordi presentano forti velocità verticali che possono creare venti o correnti.

Per cercare di capire il ruolo dei filamenti visibili chiaramente tra i cicloni di Giove nelle immagini di Juno, Siegelman ha esaminato una serie di immagini a infrarossi di Juno, in particolare della regione nordpolare di Giove, scattate a distanza di 30 secondi.

Il fatto che le immagini fossero a infrarossi ha permesso a Siegelman e Patrice Klein del Jet Propulsion Laboratory della Nasa di calcolare la temperatura: le aree chiare erano più calde e quelle scure più fredde. Su Giove, le parti più calde dell’atmosfera corrispondono a nubi sottili, mentre le parti più fredde rappresentano una copertura nuvolosa spessa, che blocca una maggiore quantità di calore emesso da Giove.

I ricercatori hanno quindi seguito il movimento delle nubi e dei filamenti negli intervalli di 30 secondi che separano le fotografie per calcolare le velocità orizzontali del vento, applicando a Giove i metodi impiegati per gli oceani e l’atmosfera terrestre. Una volta calcolate le velocità verticali del vento, il team ha potuto constatare che i filamenti di Giove si comportavano effettivamente come i fronti sulla Terra.

Le velocità verticali del vento calcolate ai bordi dei fronti su Giove implicano che i fronti sono coinvolti nel trasporto di energia sotto forma di calore dall’interno del pianeta all’atmosfera superiore, alimentando i cicloni giganti. Sebbene la convezione sia il motore principale, i fronti rappresentano un quarto dell’energia cinetica totale che alimenta i cicloni di Giove e il quaranta per cento del trasporto verticale di calore.

«I cicloni ai poli di Giove persistono da quando sono stati osservati per la prima volta nel 2016», spiega Siegelman. «Questi filamenti tra i grandi vortici sono relativamente piccoli, ma rappresentano un meccanismo importante per il mantenimento dei cicloni. È affascinante che i fronti e la convezione siano presenti e influenti sulla Terra e su Giove: ciò suggerisce che questi processi potrebbero essere presenti anche su altri corpi fluidi turbolenti nell’universo».

Siegelman ha anche detto che l’enorme scala di Giove e le immagini ad alta risoluzione di Juno possono consentire una visualizzazione più chiara dei modi in cui i fenomeni su scala ridotta, come i fronti, si collegano a quelli più grandi, come i cicloni e l’atmosfera in generale. Connessioni, queste, che sono difficili da osservare sulla Terra, dove sono molto più piccoli ed effimeri. Tuttavia, conclude l’autrice, un nuovo satellite a lungo atteso, Swot, è destinato a rendere molto più facile l’osservazione di questo tipo di fenomeni oceanici sulla Terra.

Per saperne di più: