SPECIALE ECLISSI STORICHE

L’eclissi del Re del Siam

L’eclissi del 18 agosto 1868 è passata alla storia per la scoperta dell’elio. L’elemento, tanto semplice ed elegante da un punto di vista atomico quanto difficile da osservare sulla Terra, venne osservato sia da Pierre Jules Janssen che da Norman Lockyer, utilizzando spettrografi. Ripercorriamo la scoperta e vediamo perché taluni si riferiscono a quell’eclissi come all'eclissi del Re del Siam

     04/04/2024

Eclissi totale di Sole del 18 agosto 1868.

Siamo a Guntur, in India. È giovedì 18 agosto 1868 quando alle 10:42 il Sole viene oscurato completamente dalla Luna per 6 minuti e 47 secondi. È un’eclissi totale molto lunga che passerà alla storia per un motivo indimenticabile. Ma prima di raccontarvelo è opportuno fare un passo indietro, per farvi assaporare meglio la scoperta.

Esiste uno strumento, fondamentale in astronomia, che permette di studiare la composizione chimica e lo stato fisico dei corpi celesti che osserviamo. Si chiama spettroscopio e fu inventato da Joseph von Fraunhofer nel 1814, il quale fu il primo a scoprire che la luce ottenuta bruciando del comune sale da cucina con una candela, passando attraverso un prisma, mostrava una riga gialla molto brillante… e che quella riga, osservazione dopo osservazione, era sempre nella stessa posizione (oggi diciamo alla stessa frequenza). Fraunhofer si chiese cosa sarebbe successo rivolgendo quello strumento verso il Sole.

Decise allora, cannocchiale alla mano, di far passare un fascio di luce solare attraverso una fenditura lunga e stretta, poi attraverso un prisma e di studiare il ventaglio di colori risultante. Ciò che vide fu un arcobaleno di colori (lo spettro della luce solare) nel quale, però, erano presenti delle righe scure. In altre parole, mancavano dei colori. Tra queste righe mancanti c’era anche quella brillante che aveva visto con la fiamma ottenuta bruciando il sale da cucina. Ancora una volta, esperimento dopo esperimento, le righe mancanti erano sempre nella stessa posizione. Poi fu la volta delle stelle, ognuna delle quali presentava combinazioni di righe diverse, di diversa intensità.

Se volete avere un assaggio di quanto scritto, potreste costruire anche voi un piccolo spettroscopio portatile. Non è in grado di vedere lo spettro delle stelle perché la luce che arriva sulla Terra è troppo debole, ma potreste vedere le righe del sodio e le brillanti righe caratteristiche delle lampade al neon o a risparmio energetico.

Spettro visibile dell’elio. Crediti: Jan Homann

Chiusa la parentesi, Fraunhofer morì giovane, nel 1826, a soli 39 anni. Ucciso dalla tubercolosi per aver respirato i vapori metallici caratteristici del suo lavoro di vetraio. Non seppe mai, purtroppo, che quella sua scoperta avrebbe rappresentato un passo enorme per l’astronomia (e la chimica): quelle righe spettrali sono considerate la carta di identità degli elementi chimici che emettono, o assorbono, la radiazione. Ancora oggi quelle righe sono chiamate righe di Fraunhofer, in suo onore.

Ma torniamo in India, nel 1868. Manca un anno alla pubblicazione della tavola periodica degli elementi da parte del chimico russo Dmitrij Ivanovič Mendeleev e di elementi chimici se ne conoscono parecchi.

Ritratto fotografico di Jules Janssen (1824-1907). Nell’arco di quarant’anni, Janssen osservò un gran numero di eclissi con gli spettrografi, che permisero di determinare la composizione della corona solare

Siamo a Guntur, vicino alla Baia del Bengala, e con gli occhi al cielo c’è anche un astronomo francese di nome Pierre Jules Janssen, molto tenace e determinato, con un grande spirito d’avventura. C’era un sole che spaccava le pietre e quando sparì, eclissato dalla Luna, Janssen ebbe tutto il tempo per misurare con uno spettrografo le righe di emissione delle protuberanze solari, che emergevano dal bordo nero della Luna perfettamente sovrapposta al Sole. Così misurò le righe C e D di Fraunhofer, corrispondenti all’idrogeno.

Nei giorni successivi si spostò sull’Himalaya e, mascherando la luce blu del Sole, riuscì a ripetere l’osservazione anche senza l’eclissi e a scoprire una riga gialla molto brillante e vicina a quelle del sodio. Per questo motivo, per la vicinanza alle due righe del sodio, pensò fosse una terza riga del sodio. Ma si trattava in realtà dell’elio, uno degli elementi più semplici e abbondanti in natura, allora ancora sconosciuto, di cui è ricca la corona solare.

Forse vi starete chiedendo come sia possibile che un elemento così semplice risultasse all’epoca ancora sconosciuto. Di fatto, sulla Terra è un gas relativamente raro perché riesce a sfuggire, sebbene più pesante dell’idrogeno, all’attrazione gravitazionale. Usando le parole di Massimo Capaccioli, che ha scritto un bellissimo racconto sulla storia della scoperta dell’elio, pubblicato sulla rivista Il nuovo Saggiatore della Società italiana di fisica: «L’elio vanta una struttura perfetta (nel senso latino del termine), sia nel nucleo che nel corredo elettronico, e di conseguenza una spocchiosa riluttanza a mescolarsi con altre sostanze in modo da formare composti pesanti e perciò restii alla fuga. Molto più alla mano, l’idrogeno si combina in diverse molecole (basterà pensare all’acqua e a tutti gli acidi) e così, aggrappato agli elementi pesanti, riesce a salvarsi, almeno in parte. Ecco dunque il motivo per cui, nel 1868, l’elio era ancora sconosciuto».

Pochi mesi dopo la scoperta di Janssen (che tuttavia non aveva realizzato di essere in presenza di un nuovo elemento), la stessa riga brillante venne vista anche da un inglese, Norman Lockyer, oggi famoso anche per aver fondato la rivista Nature. Anche Lockyer arrivò a una conclusione sbagliata, ipotizzando che l’elemento all’origine della riga dovesse corrispondere a una sostanza peculiare al Sole, che decise di chiamare elio (dal greco ἥλιος, hḕlios, “Sole”) .

È così che, grazie a un’eclissi di Sole, venne scoperto il secondo elemento della tavola periodica degli elementi, tanto elegante quanto raro… sulla Terra.

A questo punto vi starete chiedendo cosa c’entra con questa eclissi il Re del Siam.

Re Mongkut (seduto al centro) e la sua comitiva, partiti per osservare l’eclissi solare il 18 agosto 1868. Crediti: Wikimedia Commons

Re Mongkut, noto anche come Rama IV del Siam, era un grande appassionato di astronomia, affascinato dalla precisione dei calcoli occidentali. Nel suo osservatorio astronomico, calcolò correttamente il tempo e il luogo dell’eclissi totale di Sole, che si sarebbe dovuta verificare il 18 agosto del 1868 (anche) in un piccolo villaggio del Siam meridionale, a sud di Hua Hin. E lì andò, in quel giorno, insieme all’intera famiglia reale, ai nobili di corte e a numerosi astronomi francesi inviati dal loro governo: l’eclissi si verificò esattamente come il re aveva previsto, con una fase di totalità della durata di 6 minuti e 47 secondi. Purtroppo quel viaggio gli costò molto caro perché si ammalò di malaria e morì di lì a poco, ma il suo nome rimarrà per sempre legato all’eclissi dell’estate del 1868, che è passata alla storia come eclissi del Re del Siam.

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