APPENA 30 ATTONEWTON, SU UNA PARTICELLA DI 0,43 MILLIGRAMMI

Misurata la gravità in un mondo (quasi) quantistico

Avvalendosi di un sofisticato set-up strumentale che fa uso di sensori meccanici levitati di dimensioni mesoscopiche, gli scienziati sono riusciti a misurare una forza di attrazione gravitazionale molto debole, di appena 30 attonewton, su una minuscola particella di 0,43 milligrammi. Gli autori sostengono che la scoperta potrebbe aprire la strada alla teoria della gravità quantistica. Tutti i dettagli su Science Advances

     04/03/2024

Impressione artistica dell’esperimento. Crediti: University of Southampton

Ancora non è chiaro come la gravità agisca nel piccolo mondo dei quanti e il regno quantico di Hank Pym in Ant-Man & The Wasp, seppure con tutto il suo fascino, non ci viene in aiuto. La gravità si differenzia da tutte le altre forze fondamentali conosciute perché in realtà non è altro che la manifestazione della curvatura dello spaziotempo. Per questo motivo, è restia all’unificazione con la teoria quantistica. L’interazione gravitazionale è fondamentalmente debole e diventa importante solo su scale macroscopiche. Ciò significa che non sappiamo cosa succede alla gravità nel regime microscopico, dove dominano gli effetti quantistici.

Persino Einstein rimase perplesso di fronte alla gravità quantistica e, nella sua teoria della relatività generale, disse che non c’era un esperimento realistico che potesse mostrare una versione quantistica della gravità. Ma ora i fisici dell’Università di Southampton – in collaborazione con scienziati europei, tra cui l’italiano Andrea Vinante dell’Istituto di fotonica e nanotecnologie, Cnr e Fondazione Bruno Kessler – utilizzando una nuova tecnica, hanno rilevato una debole attrazione gravitazionale su una minuscola particella, e sostengono che questa scoperta potrebbe aprire la strada alla teoria della gravità quantistica.

L’esperimento, pubblicato sulla rivista Science Advances, ha utilizzato magneti levitanti per rilevare la gravità su particelle microscopiche, abbastanza piccole da sconfinare nel regno quantistico. L’autore principale della pubblicazione – Tim Fuchs, dell’Università di Southampton – ha dichiarato che i risultati potrebbero aiutare gli esperti a trovare il pezzo di puzzle mancante nel nostro quadro della realtà. «Per un secolo gli scienziati hanno cercato, fallendo, di capire come la gravità e la meccanica quantistica funzionino insieme. Ora che siamo riusciti a misurare con successo segnali gravitazionali sulla massa più piccola mai registrata, siamo un passo più vicini a capire finalmente come funzionano in tandem».

Gli accademici di Southampton hanno condotto l’esperimento con gli scienziati dell’Università di Leiden nei Paesi Bassi e dell’Istituto per la fotonica e le nanotecnologie in Italia, con il finanziamento della Horizon Europe EIC Pathfinder dell’UE (QuCoM). Il loro studio si è avvalso di una sofisticata configurazione che comprende dispositivi superconduttori, noti come trappole, con campi magnetici, rivelatori sensibili e un eccellente isolamento dalle vibrazioni. Così hanno misurato una forza di attrazione molto debole, di appena 30 attonewton (ossia 30 milionesimi di milionesimi di milionesimi di Newton), su una minuscola particella di 0,43 milligrammi, facendola levitare a temperature di congelamento di un centesimo di grado sopra lo zero assoluto, circa meno 273 gradi Celsius.

I risultati dell’esperimento estendono le misure di gravità a forze gravitazionali basse, dell’ordine dell’attonewton appunto, e sottolineano l’importanza dei sensori meccanici levitati di dimensioni mesoscopiche (ossia dimensioni intermedie tra quelle della fisica quantistica e della fisica classica), che offrono la possibilità di indagare la gravità, pur consentendo un controllo quantistico sul loro stato di moto. «La nostra nuova tecnica, che utilizza temperature estremamente fredde e dispositivi per isolare le vibrazioni della particella, si rivelerà probabilmente la via da seguire per misurare la gravità quantistica. Svelare questi misteri ci aiuterà a carpire altri segreti della struttura stessa dell’universo, dalle particelle più piccole alle strutture cosmiche più grandi», conclude Hendrik Ulbricht dell’Università di Southampton.

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