OSSERVATE USANDO L’AMMASSO DI PANDORA COME LENTE GRAVITAZIONALE

Nelle galassie piccole c’è l’Uv buona

A reionizzare l'universo, ponendo fine all’età oscura, potrebbero essere state le galassie nane. È quanto suggerisce uno studio, pubblicato la scorsa settimana su Nature, basato sulla prima analisi spettroscopica della luce di otto galassie estremamente deboli, risalenti al primo miliardo di anni di vita dell’universo, osservate grazie a una lente gravitazionale con il James Webb Space Telescope

     04/03/2024

L’ammasso di Pandora (Abell 2744). Crediti: Nasa, Esa, Csa, I. Labbe (Swinburne University of Technology), R. Bezanson (University of Pittsburgh), A. Pagan (Stsci)

L’epoca della reionizzazione è il periodo di transizione che mise fine alla cosiddetta età oscura, l’era in cui nell’universo – permeato di idrogeno neutro – i fotoni, e dunque la luce, non riuscivano a propagarsi. Gli astronomi da decenni cercano di individuare le possibili sorgenti all’origine della reionizzazione: sorgenti capaci di emettere energia sufficiente a eliminare gradualmente la nebbia di idrogeno neutro che rendeva, appunto, l’universo opaco. Ora una risposta potrebbe essere arrivata da uno studio, pubblicato la settimana scorsa su Nature, condotto con il James Webb Space Telescope (Jwst), avvalendosi di una lente gravitazionale.

In particolare, il team internazionale del programma Uncover – programma di osservazioni con Jwst, sia imaging che spettroscopiche, dell’ammasso di galassie Abell 2744 – ha sfruttato il cluster di galassie, detto anche ammasso di Pandora, come lente gravitazionale per indagare sulle sorgenti responsabili dell’epoca della reionizzazione. In questo caso, la lente gravitazionale – deviando e amplificando la luce proveniente dagli oggetti che si trovano dietro all’ammasso – ha permesso agli scienziati di vedere e studiare otto galassie estremamente deboli, al punto che, senza l’effetto lente, sarebbero state difficili da individuare anche per Webb. Otto galassie nane molto lontane, e dunque appartenenti a un’epoca molto antica della storia dell’universo. Il team ha scoperto che queste deboli galassie emettono una quantità di luce ultravioletta enorme: addirittura quattro volte superiore a quanto era stato previsto. Questo significa che la maggior parte dei fotoni che hanno reionizzato l’universo proveniva probabilmente da galassie nane come queste.

«È una scoperta che rivela il ruolo cruciale svolto dalle galassie ultra-deboli nell’evoluzione dell’universo primordiale», dice Iryna Chemerynska dell’Institut d’Astrophysique di Parigi, in Francia, coautrice dello studio. «Queste galassie emettono fotoni ionizzanti che trasformano l’idrogeno neutro in plasma durante la reionizzazione cosmica. Questo sottolinea quanto sia importante comprendere il ruolo delle galassie di piccola massa all’interno della storia dell’universo».

«Queste fornaci cosmiche emettono insieme un’energia più che sufficiente a portare a termine il lavoro», aggiunge il responsabile del team, Hakim Atek, anch’egli dell’Institut d’Astrophysique di Parigi e primo autore dell’articolo. «Nonostante le loro dimensioni ridotte, queste galassie sono prolifiche produttrici di radiazione energetica, e la loro abbondanza durante il periodo da noi considerato è significativa al punto che, complessivamente, potrebbero essere in grado di trasformare l’intero stato dell’universo».

Ma com’è stato possibile giungere a questa conclusione? Gli astrofisici del progetto Uncover hanno combinato dati di imaging da Webb con immagini di Abell 2744 dallo Hubble Space Telescope per selezionare le possibili galassie candidate nell’epoca della reionizzazione. A questo è seguita un’analisi spettroscopica per mezzo di NirSpec, lo spettrografo per il vicino infrarosso di Webb, che ha permesso di rilevare diversi spettri di queste galassie. «L’incredibile sensibilità di NirSpec, combinata con l’amplificazione gravitazionale fornita da Abell 2744», continua Atek, «ci ha permesso di identificare e studiare in dettaglio queste galassie nei primi miliardi di anni dell’universo, nonostante siano oltre cento volte più deboli della nostra Via Lattea».

Questa è la prima volta in cui gli scienziati sono riusciti a stimare in modo affidabile quanto sono comuni le galassie deboli: i risultati confermano che sono il tipo di galassie più abbondante durante l’epoca della reionizzazione. Oltre a ciò, questa è anche la prima volta in cui è stata quantificata la potenza ionizzante di queste galassie, permettendo così agli astronomi di determinare che esse, appunto, producono abbastanza energia per ionizzare l’universo primordiale.

In un prossimo programma di osservazione di Webb, chiamato Glimpse, gli scienziati otterranno delle immagini ancora più sensibili. Utilizzeranno come lente gravitazionale un altro ammasso di galassie, Abell S1063, e questo permetterà di identificare galassie ancora più deboli appartenenti all’era della reionizzazione. Inoltre, questo consentirà agli astronomi di verificare se le galassie nane nello studio attuale sono rappresentative della distribuzione su larga scala delle galassie, permettendoci così di migliorare la nostra conoscenza sull’universo primordiale.

Per saperne di più:

  • Leggi su Nature l’articolo “Most of the photons that reionized the Universe came from dwarf galaxies”, Hakim Atek, Ivo Labbé, Lukas J. Furtak, Iryna Chemerynska, Seiji Fujimoto, David J. Setton, Tim B. Miller, Pascal Oesch, Rachel Bezanson, Sedona H. Price, Pratika Dayal, Adi Zitrin, Vasily Kokorev, John R. Weaver, Gabriel Brammer, Pieter van Dokkum, Christina C. Williams, Sam E. Cutler, Robert Feldmann, Yoshinobu Fudamoto, Jenny E. Greene, Joel Leja, Michael V. Maseda, Adam Muzzin, Richard Pan, Casey Papovich, Erica J. Nelson, Themiya Nanayakkara, Daniel P. Stark, Mauro Stefanon, Katherine A. Suess, Bingjie Wang e Katherine E. Whitaker