L’ANOMALA ASSENZA DI GALASSIE A SPIRALE È DOVUTA A FUSIONI GALATTICHE

Lo strano caso del Piano supergalattico

La ragione per cui nel Piano supergalattico le galassie a spirale siano sottorappresentate è ancora oggi un mistero. Per Jim Peebles, cosmologo e premio Nobel per la fisica 2019, è una delle cinque domande chiave dell'universo. Un team di ricercatori dell'Università di Helsinki pare ora aver trovato una possibile spiegazione. Tutti i dettagli su Nature Astronomy

     21/11/2023

Immagine che mostra una galassia ellittica (a sinistra) e una galassia a spirale (a destra). Crediti: Nasa, Esa, Csa, Rogier Windhorst (Asu), William Keel (University of Alabama), Stuart Wyithe (University of Melbourne), Jwst Pearls Team, Alyssa Pagan (Stsci)

Il Piano supergalattico è un’enorme struttura appiattita che si estende per quasi un miliardo di anni luce nell’universo locale. Utilizzato come piano di riferimento del sistema di coordinate supergalattiche, al suo interno si trovano centinaia di migliaia di galassie organizzate in superammassi, tra le più grandi strutture dell’universo conosciuto. Fanno parte del Piano supergalattico il superammasso della Chioma, il superammasso dei Pesci-Balena, il superammasso di Shapley e il superammasso locale – l’ammasso di ammassi di galassie a cui appartiene il Gruppo Locale, il raggruppamento di galassie che comprende anche casa nostra: la Via Lattea.

Diversi studi hanno mostrato che questa enorme regione di spazio contiene principalmente galassie ellittiche e poche, anzi pochissime, galassie a spirale. Il motivo di questa scarsa presenza di galassie dalla forma simile a quella della Via Lattea è una domanda che attende ancora una risposta. Risposta che un team di ricercatori dell’Università di Helsinki e dell’Università di Durham pare ora aver trovato.

Nei densi ammassi di galassie che si trovano sul Piano supergalattico, le galassie sperimentano frequenti interazioni e fusioni con altre galassie. Ciò trasforma le galassie a spirale in galassie ellittiche, cioè galassie senza apparente struttura interna o bracci a spirale. Al contrario, lontano dal Piano supergalattico le galassie possono evolversi in un ambiente relativamente tranquillo, dove la loro struttura a spirale è preservata, spiegano i ricercatori nell’articolo, pubblicato ieri su Nature Astronomy, che riporta i risultati della ricerca.

Per giungere a questa conclusione il team di ricercatori ha utilizzato Sibelius, un sofisticato simulatore in grado di ricostruire l’evoluzione delle galassie utilizzando come input le condizioni che rappresentano lo stato iniziale più probabile dell’universo. Una sorta di macchina del tempo capace di spostare le lancette dell’evoluzione da 13.8 miliardi di anni fa fino ai giorni nostri.

«La nostra simulazione rivela i dettagli più intimi della formazione delle galassie, compresa la trasformazione delle galassie a spirali in ellittiche attraverso le fusioni di galassie», dice Carlos Frenk, professore all’Università di Durham e co-autore della pubblicazione. «La simulazione mostra inoltre che l’attuale modello standard dell’universo, il modello fisico basato sull’idea che la maggior parte della massa dell’universo sia costituita da materia oscura fredda, può riprodurre le più grandi strutture dell’universo, compresa la spettacolare struttura del Piano supergalattico, di cui fa parte la Via Lattea».

La distribuzione delle galassie più luminose nell’universo locale ottenuta con l’indagine 2Mass (a sinistra) e con il simulatore Sibelius (a destra). Crediti: Dr Till Sawala

L’anomala distribuzione di galassie nell’universo locale è conosciuta fin dagli anni ’60. L’anomalia è talmente nota che Jim Peebles, cosmologo e premio Nobel per la fisica 2019, invitato nel 2022 a una conferenza presso la Durham University, la menziona come una delle cinque domande chiave dell’universo. A quella conferenza c’era anche Till Sawala, ricercatore all’Università di Helsinki e primo autore del nuovo studio.

«Lo scorso dicembre sono stato invitato per caso al simposio del professor Peebles che si è svolto presso la Durham University, dove ha parlato di questa anomalia nel Piano supergalattico», ricorda Sawala. «E mi sono reso conto che avevamo già completato una simulazione che poteva contenere la risposta alla domanda. La nostra ricerca» conclude Sawala, «dimostra che i meccanismi conosciuti dell’evoluzione galattica funzionano anche in questo ambiente cosmico unico».

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