OGNI NOSTRO INTERVENTO SULL’AMBIENTE PUÒ AVERE RIPERCUSSIONI IMPREVISTE

Quei catastrofici effetti collaterali

Con il consenso dell’autrice, l’astrofisica Patrizia Caraveo, riprendiamo questa recensione – pubblicata ieri sul Sole24Ore – dell’ultimo libro della scrittrice e giornalista statunitense Elizabeth Kolber, “Sotto un cielo bianco. La natura del futuro”, sui molti e spesso deleteri tentativi messi in atto dall’uomo per modificare l’ecosistema

     29/08/2022

Elizabeth Kolbert, “Sotto un cielo bianco. La natura del futuro”. Neri Pozza, 2021. Traduzione italiana di Raffaella Vitangeli. Pagine: 240. Prezzo: €18,00

Viviamo in un mondo complicato, dove un risultato decisamente positivo può avere anche ripercussioni negative. La qualità dell’aria che respiriamo, per esempio, è decisamente migliorata rispetto a qualche decennio fa. I dati raccolti dai satelliti della Nasa Terra e Aqua mostrano chiaramente che il contenuto di aerosol (cioè del particolato sospeso) è diminuito in modo significativo tra il 2000 ed il 2019. Questo significa che le azioni intraprese dai governi per limitare il rilascio delle polveri prodotte quando si bruciano i combustibili fossili hanno avuto successo. Solo sull’India, che dipende moltissimo dal carbone, la nebbia del particolato è peggiorata. Migliorare la qualità dell’aria è un fattore importantissimo per la salute dei cittadini, dal momento che di inquinamento si muore. Tuttavia, quello che è certamente un risultato positivo può sorprendentemente avere effetti negativi sul clima del pianeta, perché diventa uno dei fattori responsabili del riscaldamento globale.

Sembra un controsenso, ma, purtroppo, non è così. La foschia dovuta alla presenza di aerosol agisce da ombrello parasole, impedendo a una parte della radiazione solare di raggiungere la superficie terrestre riscaldandola. Inoltre, gli esperti ci dicono che l’aerosol altera la struttura delle nubi riducendo le dimensioni delle goccioline e aumentandone il numero. Questo rende le nubi più riflettenti, limitando ulteriormente la quantità di energia che raggiunge il suolo. Morale: l’aria pulita fa bene alla salute ma fa male al clima. Allora, visto che il riscaldamento del nostro pianeta è una vera emergenza globale, c’è chi pensa di intervenire proprio per aumentare la capacità della nostra atmosfera di riflettere la luce del Sole. Si tratterebbe di replicare quello che succede durante un’eruzione vulcanica quando vengono immesse nell’atmosfera tonnellate di gas e polveri che assorbono la luce del Sole facendo abbassare la temperatura del pianeta.

Si chiama geoingegneria e, benché nessuno ne sia entusiasta, viene sempre più studiata per capire se sia una strada perseguibile per abbassare la febbre del pianeta mentre si interviene per ridurre la produzione di gas serra. Tuttavia, per rispettare la regola ferrea del primum non nocere, devono essere chiari eventuali effetti collaterali. Cosa potrebbe succedere se, per abbassare la temperatura del pianeta, noi ci mettessimo a spargere gas e polveri nella nostra atmosfera? Per prima cosa bisognerebbe decidere cosa spargere. Se si volesse prendere esempio dalle eruzioni vulcaniche, bisognerebbe irrorare l’alta atmosfera di goccioline di acido solforico. Occorrerebbe una flotta di aerei capaci di volare ad alta quota che dovrebbero lavorare in continuazione perché le goccioline, una volta liberate tenderebbero a scendere e sarebbe necessario ripetere l’operazione. I composti dello zolfo non sono l’unica possibilità, c’è chi pensa di spargere polveri di diamante. Oltre a riflettere la luce del Sole, questa procedura avrebbe l’effetto di alterare il colore del cielo, rendendolo biancastro anziché azzurro.

Ecco perché Elizabeth Kolbert ha intitolato il suo nuovo libro Sotto un cielo bianco. La geoingegneria è solo l’ultimo degli argomenti trattati dalla Kolbert, che esamina una serie di interventi, fatti con le migliori intenzioni, che si sono rivelati deleteri. La lotta biologica all’erba nei canali intorno a Chicago è stata condotta immettendo carpe cinesi che avrebbero dovuto agire da tagliaerba subacquee ma si sono rivelate dei veri e propri killer per la fauna autoctona, tanto che sono stati necessari interventi costosi e non sempre di successo per cercare di impedire alle tostissime carpe di invadere i grandi laghi ed il Mississippi che attraversa gli Stati Uniti prima di sfociare nel golfo del Messico. Un fiume da sempre soggetto a piene ed esondazioni che è diventato un esempio di lotta senza quartiere tra l’uomo, che lo vuole controllare, e la natura, che reclama i suoi spazi. Sono state costruite centinaia di chilometri di dighe e grandiosi canali per proteggere New Orleans, ma il terreno asciutto è più soggetto alla subsidenza di quello umido, con il risultato che le dighe devono essere continuamente alzate mentre le non esondazioni non possono depositare sedimenti, mettendo a rischio le aree costiere, vero baluardo per controllare l’erosione marina.

Ogni nostro intervento sull’ambiente rischia di avere effetti imprevisti e non positivi, eppure non possiamo non pensarci, specialmente quando ci chiediamo come affrontare drammi globali come il cambiamento climatico. Sappiamo che il problema l’abbiamo creato noi immettendo anidride carbonica nell’atmosfera, quindi, mentre aspettiamo di sviluppare una società a impatto zero, basata sulle energie rinnovabili, dovremmo cercare di diminuire la quantità di anidride carbonica catturandola e sequestrandola nelle profondità della Terra. È un procedimento fattibile ma, per avere un impatto reale, richiederebbe ingentissimi investimenti. Come nel caso della geoingegneria, deve essere considerato una soluzione d’emergenza mentre si interviene per tagliare le emissioni. Non – ripeto, non – deve essere una scusa per continuare a bruciare combustibili fossili nell’illusione che poi l’anidride carbonica che abbiano emessa venga catturata.

Sotto un cielo bianco è un libro che fa riflettere senza prendere posizione a favore di questa o quella soluzione, perché nessuno ha la bacchetta magica. Certamente, l’esperienza dei tanti interventi improvvidi deve essere un monito per un futuro che vorremmo più consapevole.

La pandemia ci ha insegnato quanto sia pervasiva l’azione dell’umanità sull’ambiente. I mesi di lockdown hanno drasticamente ridotto l’emissione di gas serra, dimostrando che intervenire si può, anche in condizioni normali. Il vero problema e che non percepiamo il cambiamento climatico come un’emergenza reale. Durante le devastanti ondate di calore, però, ci rendiamo conto che non c’è vaccinazione contro il riscaldamento globale.